Viaggio nel cuore dell'Albania, Nosiglia: "La fede è rifiorita in famiglia"

L'Arcivescovo a capo della delegazione della Cep (i vescovi del Piemonte) si è impegnato ad aiutare e sostenere la Chiesa di Albania sia sul piano degli operatori pastorali che su quello delle risorse

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Viaggio nel cuore dell'Albania, Nosiglia: "La fede è rifiorita in famiglia"

Un viaggio fraterno alla scoperta della Chiesa albanese. Una  delegazione di vescovi della Conferenza episcopale piemontese (Marco Arnolfo Vercelli; Marco Brunetti, Alba, Piero Delbosco, Cuneo-Fossano; Guido Gallese, Alessandria; Giuseppe Guerrini, Saluzzo, Gabriele Mana, Biella;  Luciano Pacomio, Mondovì; Francesco Guido Ravinale, Asti; e gli emeriti: Giuseppe Anfossi, Luigi Bettazzi, Giuseppe Cavallotto e Guido Fiandino, guidata dal presidente e arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, è partita per una trasferta di quattro giorni con l’obiettivo di conoscere meglio la realtà albanese. Ad accogliere e accompagnare i vescovi piemontesi c’è il francescano monsignor Angelo Massafra, presidente della Conferenza episcopale albanese e vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa.

Intenso il programma sotto l’aspetto pastorale e culturale. A Scutari si è affrontata la grande sofferenza di 45 anni di persecuzioni del Regime comunista di Hoxha nei confronti del cristianesimo e delle altre religioni in Albania. Nella prima giornata, si è svolta la visita al museo diocesano della cattedrale e al cimitero cattolico, luogo delle fucilazioni, con la testimonianza di uno dei sopravvissuti; quindi tappa al monastero delle Clarisse e al Memoriale del Martirio. Il secondo giorno, invece, si è svolto un viaggio verso il nord del Paese fino a Tirana dove la delegazione ha incontrato il nunzio apostolico e visitato il centro per disabili dove è stato ospitato Papa Francesco. Di ritorno dal viaggio in Albania l’Arcivescovo ci ha raccontato come l’esperienza di fede e vita abbia lasciato in lui e nella delegazioni segnali forti di speranza per il popolo albanese e anche per le nostre chiese piemontesi.

Come nasce e si sviluppa questa iniziativa pastorale della Cep?

Ogni anno facciamo iniziative di questo genere, nel senso che andiamo ad incontrare una Chiesa sorella o in Italia oppure anche all’estero. Quest’anno siamo andati in Albania e in passato siamo andati in Sicilia, in Sardegna e in Cecoslovacchia.Parliamo quindi di una tradizione che avviene tutti gli anni intorno al mese di Luglio.

Foto Scutari

Quali sono stati i momenti più significativi della visita?

Abbiamo potuto incontrare una chiesa viva che è in crescita ma ancora sofferente, per via della persecuzione del regime comunista, che in questi ultimi 45 anni ha tentato di distruggere qualsiasi tipo di religione. Noi siamo stati in particolare nella Diocesi di Scutari nel territorio delle Diocesi del nord del paese. In queste zone i cristiani sono più generosi rispetto al centro e al sud e vantano una tradizione secolare radicata nella storia sin dal IV sec. e quindi hanno saputo resistere ad una persecuzione violenta.  Tutto ciò grazie anche e soprattutto all’apporto dei frati minori, che sono ritenuti da secoli un punto di riferimento fondamentale.  Il Vescovo Massafra ci ha accompagnato a conoscere dal vivo i tanti segni di morte e di martirio che la Chiesa ha subito. Loro puntano molto sul mantenimento della memoria di questi 45 anni di sofferenza e resistenza alla persecuzione che alla fine hanno portato alla rinascita dopo la caduta del regime alla fine degli anni Novanta. Una notizia importante è che il 5 Novembre saranno beatificati 38 martiri tra cui tanti frati, un vescovo e una suora in testimonianza della loro fede in Gesù Cristo e nella Chiesa. Ci sono state anche tante persone comuni che sono state uccise perché non volevano abbandonare in nessun modo la fede. Il regime costringeva le persone che professavano fedi religiose ad autocondannarsi come nemiche della patria. Tutte le strutture religiose sono state distrutte e trasformate in palestre, prigioni e in centri culturali. Perfino i nomi religiosi sono stati cancellati in favore di nomi neutrali. Era addirittura vietato fare segni religiosi anche da parte dei bambini. Dopo questi 45 anni è rifiorita l’esperienza cristiana a piccoli passi e questa ripresa è ancora in pieno corso oggi. Questa rinascita l’abbiamo notata all’Università Cattolica di Tirana, nei fratelli ortodossi e più in generale abbiamo visto una rifioritura di istituti europei. Vorrei citare due casi: il prima riguarda il Monastero delle Clarisse, che esisteva già prima della dittatura comunista ed era stato ridotto a prigione e oggi è tornato ad essere Monastero; mentre un altro segno è Casa Betania, visitata a Maggio da Papa Francesco, dove un’associazione di Verona accoglie i minori abbandonati, orfani privi di famiglie o con famiglie molto povere. Le difficoltà ad ogni modo non mancano, tra un tessuto da ricostruire e la mancanza di risorse per un azione pastorale adeguata. Ciò è frutto di un capitalismo e un consumismo sfrenato tipico dell’occidente.  Insomma è una Chiesa in rapida espansione ma che ha bisogno di tutti gli aiuti possibili, anche e soprattutto provenienti dal nostro paese.

Qual è il rapporto con il mondo ortodosso e le altre religioni?

C’è un buon clima di dialogo e di sostegno reciproco tra le religioni. Non esiste nessun tipo di fondamentalismo.  

Una considerazione finale in merito al viaggio?

Nessuna ideologia per quanto potente e suadente può distruggere la fede, nonostante questi 45 anni di persecuzione la famiglia ha permesso di mantenere la tradizione religiosa. Forse è per questo che nelle culture dell’occidente tentano di scardinare questa realtà. Le famiglie cristiane albanesi ci donano un messaggio di speranza, alternativo alle culture dominanti. In questi luoghi non c’era più nulla, ma è rimasta solo la famiglia come baluardo della fede, che ha mantenuto viva questa fiamma.

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