Una Chiesa sinodale che ascolta e cammina con tutti

Il contributo finale dell'Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia alla Assemblea Diocesana del 9 giugno 

Una Chiesa sinodale che ascolta e cammina con tutti
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È con profonda gioia che ho vissuto con voi questa assemblea ricchissima di indicazioni e proposte concrete di cui dovremo farci carico nei prossimi mesi. Ringrazio tutti perché il materiale che avete prodotto mi agevola molto per la Lettera Pastorale che scriverò durante l’estate. Oggi non  tiro dunque conclusioni ma desidero condividere con voi alcune riflessioni.

Abbiamo realizzato una esperienza di Chiesa sinodale che avvalendosi della partecipazione attiva di molti giovani, cristiani e non, adulti, anziani, famiglie, sacerdoti, diaconi,consacrati e laici, parrocchie e movimenti ecclesiali, ha vissuto quel cammino insieme fatto di ascolto, dialogo e interscambio di esperienze concrete prima ancora che di proposte e programmazioni. Il clima di amicizia e di coinvolgimento che si è determinato tra noi tutti resta un modello da portare nelle nostre unità pastorali e territori.

Una Chiesa in uscita .La nostra Chiesa ponendo i giovani al centro della sua riflessione è stata proiettata al di fuori di se stessa, in un mondo a volte sconosciuto, ma reale e quotidiano.Un mondo che ci preoccupa come educatori e pastori e per certi aspetti ci appare estraneo, lontano dal cliché della tradizione. Ma invece questo mondo è anche una sfida alle nostre abitudini e alle stanchezze, e può diventare un volano di rinnovamento e di profezia per l’intera Chiesa di Torino. E’ dalle provocazioni  e proposte dei giovani anche se alternative al si è sempre fatto così.. che dobbiamo ripartire senza troppi se e ma e facendo in modo che anche le cose antiche siano parte integrante di questo nuovo che avanza mediante loro.

Una Chiesa umile e discepola-missionaria. Ce lo siamo detti tante volte, ormai: abbiamo bisogno di superare le programmazioni astratte e una organizzazione esterna macchinosa e pesante da portare avanti. Oggi la Chiesa dà spazio ai giovani non per rifarsi la pelle e il volto non con un maquillage virtuale così da apparire bella e moderna, ma perché nei giovani trova la scommessa piu’ impegnativa,ma anche piu’ entusiasmante della sua missione.A voi giovani non riserva paternalismo e accondiscenza per ottenere il plauso ma ripropone al loro cuore e alla loro vita il segno che San Giovanni Paolo Secondo ha voluto al centro delle Giornate mondiali dei giovani: la croce di Cristo come fondamento e fonte prima di vita piena e riuscita e di speranza certa di vittoria sul peccato e su tutte le “morti” che anche i giovani portano dentro il cuore.  

Ecco alcuni di questi atteggiamenti e le vie esemplari che il Signore ci chiede di accogliere e fare nostri, giovani e adulti, educatori e nuove generazioni.

1.Ascoltare e interloquire con i giovani come Gesù ci insegna nell’incontro con il giovane ricco. Come ci ricorda il Vangelo di Marco questo giovane ha una grande sete di felicità come tutti i suoi coetanei e chiede a Gesù che cosa deve fare per averla per sempre. Gesù ascolta e dà inizio a un dialogo sereno e positivo in cui il ragazzo rivela se stesso e la sua vita onesta e buona (osserva i Comandamenti, come viene detto). Gesù perciò lo loda e lo ama con uno sguardo carico di affetto e gioia. A questo punto ecco la novità della fede che viene richiesta come scelta al giovane: «Se vuoi essere veramente felice va e vendi tutto e dallo ai poveri… poi vieni e seguimi». Due vie non facili ma collegate tra loro. Vendere i beni significa staccare il cuore da ciò che sembra indispensabile per ottenere la felicità; e seguire Gesù significa mettere al primo posto il Bene che è lui sopra ogni altra cosa. Il giovane non ha il coraggio di andare fino in fondo e si ritira triste.A voi giovani amici vorrei ribadire questo:  dubitate e non fidatevi di chi vi dà sempre ragione e vi propone traguardi mediocri ed esperienze affascinanti ma prive di umanità vera. Sono cose che lasciano vuoto il cuore anche se si presentano belle,scintillanti,alla moda.Lungo le vie facili si diventa sempre meno liberi e autonomi e sempre più succubi e teleguidati dall’esterno. Per questo vi dico con tutta sincerità: non tarpatevi le ali e se il Signore vi suscita nel cuore il desiderio di seguirlo su vie impegnative come quella del servizio gratuito,del sacerdozio,della vita consacrata  o del matrimonio non rimandatele nel tempo e non escludetele dal prenderle in considerazione per  vostro progetto di vita ma rifletteteci bene sopra e fatevi magari aiutare dal vostro confessore o guida spirituale,per valutare serenamente il da farsi e poi seguite il vostro cuore, qualsiasi strada vi indichi, senza timore, ma con gioia e serenità di spirito.

2-Sperimentare con i giovani concrete esperienze di vita quotidiana che li interessano e coinvolgono da protagonisti.

Come adulti ed educatori non possiamo restare chiusi in una dimensione intellettualistica della progettualità pastorale, mentre la mentalità e le modalità di vita proprie dei giovani di oggi esigono di sperimentare, di far maturare dall’esperienza diretta le domande e gli stimoli  per il mio essere e dunque anche per il mio sapere.Traduco: prima la formazione e poi l’azione o prima l’agire e poi la formazione? Certamente ci vogliono tutti e due, ma si tratta di fare una scelta oggi decisiva per il mondo giovanile che è quella del promuovere anzitutto l’agire, da cui si possono trarre poi aperture a quella necessaria formazione che permetta di fare bene e per tutti.I giovani vogliono rendersi utili con l’azione ed è dunque da queste esperienze concrete che si può partire per incontrare Colui che ha fatto del suo agire un dono gratuito di sé per il bene di tutti. Non dimentichiamo poi che sulla frontiera dell’agire i giovani si possono ritrovare insieme per una alleanza, che va oltre il cerchio ristretto della parrocchia e può raggruppare associazioni e realtà laiche presenti sul territorio e attive nel campo del servizio, della cultura o dello sport e tempo libero, come della musica …

3. Non considerare mai un giovane, definitivamente perduto ma sempre in grado di risorgere a nuova vita e a un suo domani migliore. Gesù dà sempre credito ai giovani, non li ritiene mai inermi, indifferenti, sfiduciati, critici…Pensiamo alla figlia di Giairo che tutti considerano ormai morta. Gesù non si arrende e decide di rianimarla dal suo sonno. Quanti giovani vengono considerati dormienti se non morti a se stessi, alla famiglia e alla società… o giudicati irricuperabili, spiaggiati? E questo non vale solo per gli educatori, ma per i giovani stessi che diventano giovani da divano, direbbe Papa Francesco, o giovani pensionati lasciandosi andare all’insignificanza della propria vita. Gesù risveglia nella ragazza la gioia di riprendersi  la vita.Oggi l’impotenza, la delusione, la sfiducia stringe il cuore di tanti giovani che sono lasciati soli a combattere per procurarsi un lavoro o uno sbocco affettivo sereno e positivo per il loro futuro. Gesù dice loro : non lasciatevi rubare la speranza,’ tutto può cambiare perché ciò che sembra impossibile agli uomini non è impossibile a Dio.Anche gli educatori  per primi devono mostrare ai giovani che credono in loro e nella potente amicizia con Gesu’: egli dice al padre della ragazza:tua figlia non è morta, “non temere, continua ad avere fede”. E’ dunque anche per la sua fede che la ragazza riprende a vivere.

4-Dare fiducia alla intraprendenza e creatività dei giovani.

Nell’episodio della chiamata dei primi discepoli di Giovanni Battista (Gv 1, 35-43) vediamo che Andrea e Giovanni, ricevuto l’input dal loro Maestro diventano subito protagonisti di scelte fatte per loro iniziativa. Cristiani non si nasce,si diventa con la decisione di conoscere e stare con Gesù Cristo. L’educazione non è la trasmissione di una eredità impacchettata e tutta già decisa in partenza, ma un cammino che sa di conquista incessante da parte di ciascuno. Deve rimanere dunque il gusto del rischio proprio delle scelte importanti che si gestiscono con fatica e impegno. Il bisogno creativo proprio dei giovani va dunque assecondato e non svalutato perché giunge persino a trasformare le difficoltà e la precarietà, in opportunità, cosa che riesce difficile da capire per gli adulti abituati a compiere passi misurati,scelte stabili e poco inclini al considerare un valore, il provvisorio.

5. Infine Gesù indica agli adulti e anziani e ai giovani la via per incontrarsi e accogliersi vicendevolmente sia in famiglia che nella comunità. Nella parabola del Padre misericordioso vediamo il rapporto dialettico dei due figli con il padre proprio di tante famiglie anche oggi, e che rappresenta bene il clima che si respira nella cultura del nostro tempo. È questo un obiettivo decisivo del nostro impegno comune di superare la separatezza delle generazioni prodotta dalla cultura individualistica del nostro tempo, soprattutto sul piano della trasmissione della fede in famiglia e nella comunità.Non possiamo comunque esautorare  la  famiglia considerandola fuori dalla pastorale giovanile quando è e resta l’esperienza piu’ intensa di umanità che si possa  offrire a un giovane. Valorizziamo  e sosteniamo dunque ogni famiglia a ritrovare il senso del suo essere “Chiesa domestica” grembo che genera e nutre giorno per giorno la crescita umana e cristiana dei suoi membri e in primo luogo proprio delle nuove generazioni.Nella comunità educante la famiglia è da considerare il valore aggiunto  di cui non si deve e si può fare a meno.

Aggiungo ora alcune scelte che alla luce di questa assemblea reputo siano da intraprendere con coraggio e in ogni parrocchia e Unità pastorale. Sono orientamenti che espliciterò nella Lettera pastorale.

1-La comunità educante.

Le nostre parrocchie e realtà ecclesiali sono comunità educanti alla vita e alla fede dei giovani? E ancora: le parrocchie e realtà ecclesiali di uno stesso territorio camminano insieme su scelte, obiettivi e decisioni comuni frutto di dialogo e incontro tra tutte le componenti.Oggi la consapevolezza di far parte tutti dello stesso corpo come direbbe Paolo è molto scarsa, per cui non ci si impegna a vivere momenti comunitari di preghiera (Vedi anche Eucaristia domenicale) o di fraternità insieme. Tra genitori, sacerdoti, animatori dei ragazzi e catechisti e insegnanti di religione nella scuola, esistono pochi momenti di incontro pur avendo gli stessi soggetti di riferimento; analogamente tra animatori dei diversi Oratori  della Unità pastorale, o tra responsabili di associazioni e movimenti sia tra loro che con le parrocchie.Tutto ciò indica che occorre ricuperare il positivo valore della comunità educante,unico vero soggetto su cui puntare per ogni forma di educazione alla fede e alla vita dei giovani. È un obiettivo questo assolutamente indispensabile se vogliamo produrre frutti stabili e duraturi nella evangelizzazione ed educazione delle nuove generazioni.

2-Una cabina di regia di Unità pastorale (per le grandi parrocchie anche per se stesse), composta da giovani e giovani adulti che orienti i percorsi degli adolescenti, la formazione degli animatori, le iniziative e attività parrocchiali rivolte ai ragazzi e giovani sia estive che durante l’anno. La cabina di regia non è un organismo di governo o di organizzazione, ma di servizio per coordinare, valorizzare e promuovere l’azione pastorale della comunità educante e dunque è espressione di questa  e strettamente collegata ad essa.Tale cabina di regia avrà anche un raccordo stretto anche con la Consulta Diocesana dei giovani e con l’Ufficio di pastorale giovanile e dell’Università.

3- La centralità dell’Oratorio.Oggi diventa sempre più necessario che l’Oratorio sia uno spazio aperto a tutti i ragazzi e giovani del territorio, al di là delle differenze di cui sono portatori: penso a chi soffre di disabilità, povertà e malattia, a chi appartiene a famiglie di altre confessioni cristiane o religioni, a chi è abituato a incontrarsi sulla strada o nei supermercati.

L’oratorio è per tutti. Si tratta di poter offrire percorsi anche di prima evangelizzazione, di inclusione sociale, interculturale e anche interreligiosa. E questo senza disattendere o stemperare l’identità e lo specifico cristiano che lo caratterizza.

La comunità cristiana che è responsabile dell’Oratorio promuoverà vocazioni educative basate sulla gratuità, per animarlo e gestirlo. Questo significa che non ritengo né opportuno, né educativo retribuire gli animatori perché il valore del servizio è una scuola di vita e di vita cristiana fondamentale per i giovani. Non escludo che in certe situazioni di difficoltà da parte della comunità, si possa assumere un operatore qualificato, ma in tale caso deve essere ad tempus in quanto il suo compito è quello di formatore degli animatori in modo che attorno a lui e dopo di lui la comunità ne possa usufruire; la Diocesi deve farsi garante della sua preparazione  sia sul piano della fede che del servizio richiesto.

L’Oratorio poi deve aprirsi non soltanto ai fanciulli e ragazzi con i loro animatori, ma anche ai giovani, specialmente a quelli senza una specifica appartenenza, che potranno trovare in esso un luogo di incontro, di serena condivisione, di momenti significativi animati da diversi linguaggi e proposte, da uno «stare insieme» informale, ma qualificato, senza la preoccupazione di riunioni o incontri organizzati. Tale Oratorio dovrà restare aperto sulla strada, offrendo momenti da vivere in piazza o nei luoghi laici di incontro, attraverso esperienze di collaborazione con altre componenti sociali o religiose del territorio.

 

4- Il raccordo tra pastorale di territorio e di ambiente e di ambito. Non sono due vie parallele ma complementari e convergenti che esigono però delle priorità che non possono essere disattese. La pastorale del territorio ha una importanza fondamentale e ad essa devono poi di fatto riferirsi e confluire quella degli ambienti perché è nel territorio che opera la comunità cristiana primaria che è la famiglia, la parrocchia e anche qualsiasi altra realtà ecclesiale di riferimento (sia associativo che di movimento o di Istituto religioso…). È nel territorio che si celebrano l’Eucaristia e gli altri sacramenti e si sperimenta la vita comune con le altre componenti ecclesiali e civili. La pastorale degli ambienti è di tipo missionario e serve ad annunciare la fede in Cristo con la parola e la testimonianza. Anche gli ambiti di vita che riguardano se stessi e le diverse esperienze umane, sono incentrate in Cristo Uomo nuovo. I giovani sostenuti dalla pastorale di ambiente, sono chiamati dunque ad abitare da cristiani e cittadini i luoghi laici che li coinvolgono e le concrete esperienze che attengono al loro vissuto in tutti i suoi aspetti umani, corporali, spirituali, personali e comunitari.Non secondario e da considerare attentamente è anche il mondo dei media che rappresenta oggi un “ambiente” abitato dai giovani e va dunque gestito con sapienza ed equilibrio sul piano educativo. La pastorale di ambiente tuttavia è di per sè provvisoria e ha un certo tempo limitato di impatto sulla esistenza della persona.Potremo  dunque dire che la pastorale di territorio è punto di partenza e di arrivo anche di quella di ambiente, che aggancia il giovane a partire dai suoi concreti interessi e contesti laici in cui studia, lavora, passa il tempo libero e si incontra con tanti altri giovani, ma poi lo conduce a inserirsi in un territorio specifico dove il suo cammino diventa partecipe di una comunità piu’ allargata,che fa esperienza della fede in Cristo e in cui è chiamato a inserirsi attivamente.

Gli ambiti - ambienti privilegiati in cui operare. Il lavoro e i poveri.

4.1 La promozione in ogni Unità pastorale(o più UP collegate sullo stesso territorio) di un Centro di orientamento e accompagnamento al lavoro in stretto raccordo con L’Ufficio di pastorale del lavoro e la Equipe centrale dell’Agorà diocesana.

Il problema del lavoro è decisivo per il futuro dei giovani e merita dunque il più ampio e concreto impegno della comunità cristiana e civile. Su questa frontiera oggi molto precaria, occorre che eccella l’azione della Chiesa sia per promuovere sinergie di squadra sul territorio tra tutte le componenti coinvolte sul piano scolastico, economico e sociale, sia per avviare iniziative e passi concreti a favore del raccordo tra i giovani e le imprese.In questo impegno confluisce anche il capillare lavoro svolto con l’Agorà del sociale che in questi anni ha coinvolto tutti i livelli della nostra presenza di Chiesa sul territorio attorno ai temi della formazione,lavoro e Welfare.

4.2 La scelta dei poveri.( intesi in senso ampio del termine ). Ricordo quanto ha detto, cari amici, con chiarezza il Papa a Piazza Vittorio. «Qui siete tanti universitari ma guardatevi dal credere che l’università sia soltanto studiare con le testa; essere universitario significa anche uscire e uscire nel servizio con i poveri soprattutto». Questo che vale per gli universitari vale per ogni altro giovane, lavoratore, disoccupato, animatore..Oggi nella nostra Chiesa c’è estremo bisogno di voi giovani per rinnovare e rivitalizzare l’impegno di carità e giustizia che già in modo intenso viene espletato da tanti volontari adulti e anziani..  La forza ,il fascino della figura di un giovane come Pier Giorgio Frassati va cercata  e ricordata proprio nella sua fedeltà al servizio ai poveri.Non tiratevi indietro dunque,cari giovani, non nascondetevi e non isolatevi ma collaborate attivamente sul territorio a smascherare le ingiustizie di cui soffrono tante persone; e ad accompagnare con amicizia sulla via della ripresa di vita e di futuro i più bisognosi d’aiuto.

 

5  La formazione dei formatori e il gruppo “giovani”: vita di fede e servizio di fede”. È fondamentale superare quella prassi per cui si indentifica il gruppo giovani con il gruppo animatori. Quasi a sottolineare che se un giovane viene in parrocchia non ha altre scelte se non quella di fare l’animatore dell’oratorio o di gruppi di adolescenti.Giustamente si è parlato di formatori dei formatori, sottolineando che comunque ogni educatore o animatore deve avere cura della propria vita di fede, per essere poi capace di servire la fede dei ragazzi.Una fede ecclesiale,vissuta nella comunità e sperimentata nella comunione reciproca e nel servizio.Si impara a diventare cristiani nell’incontro sistematico con la Parola di Dio,l’Eucaristia e la preghiera,la carità e promuovendo una vita concreta di fede vissuta nel quotidiano della propria esistenza,personale e sociale e perfino politica, così da testimoniarla con gioia a tutti come ci insegna la Dottrina sociale della Chiesa.

6- C’è  infine un aspetto che desidero richiamare alla vostra attenzione: la necessità di intensificare, in ogni nostra realtà parrocchiale o associativa e di movimento, la bellezza e la gioia di essere Chiesa locale con la sua tradizione e la sua storia e la sua realtà di cui siamo chiamati a fari carico con responsabilità.La mancanza del senso ecclesiale, del sentirci partecipi della Diocesi è un vuoto che purtroppo constato in tante realtà non solo giovanili che operano anche molto bene,ma sono chiuse dentro il cerchio ristretto di riferimento o parrocchiale o di gruppo.Per cui  chiedo che la necessaria e auspicata progettualità sulla pastorale giovanile,della parrocchia o meglio ancora della Unità pastorale,tenga in conto il proprio stretto raccordo con la Diocesi, perché al di fuori di questo stretto legame,non c’è vera e piena esperienza di Chiesa, ma si rischia di fare tante belle iniziative battendo l’aria - direbbe Paolo - e correndo invano. Aiutiamoci tutti a vivere con gioia il nostro incontrarci e camminare insieme come Chiesa, sotto la guida del Vescovo e secondo gli orientamenti che saranno offerti a tutti dopo questa assemblea.

Cari amici,

a questo punto faccio mie le parole dell’Apostolo Giovanni nella sua prima Lettera( cfr.2,12 ss): ho parlato a voi giovani perché avete vinto il Maligno; vi ho dato atto che avete conosciuto Gesù e il Padre e che siete forti e la parola di Dio dimora in voi. A voi educatori e genitori ripeto l’invito dell’Apostolo Paolo ai Colossesi ( cfr. 3,21): non esasperate i vostri ragazzi con impegni alti e pressanti perché non si scoraggino,ma mostrate con amorevolezza e bontà la via del bene e della sequela del Signore, non solo con gli insegnamenti, ma con la vostra testimonianza di vita. L’ora presente con tutte le difficoltà e le cose positive che porta con sé, è la nostra ora e siamo chiamati ad accoglierla e a viverla intensamente e con gioia. Adesso, non domani dobbiamo dare risposte forti e belle ai sogni e alle attese che portiamo nel cuore e che si avvereranno se avremo fede in Gesù e sapremo scommettere la nostra vita sul suo Vangelo di amore. Perché è solo e sempre l’Amore che fa vivere. Da questa assemblea trarremo gli orientamenti pastorali dei prossimi anni. Ma cerchiamo da subito di promuovere nelle nostre comunità iniziative di approfondimento dei temi trattati con lo stesso metodo sinodale e dialogico tra le generazioni e vocazioni diverse, per arricchirci gli uni gli altri nel comune esercizio del discernimento dei problemi e delle potenzialità del nostro territorio e del conseguente impegno concreto.

Fonte: Comunicato stampa
Pubblico dominio

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