Quando padre Pellegrino si dimise

40° dell'annuncio della rinuncia ad arcivescovo di Torino (1977-1° gennaio-2017)

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Quando padre Pellegrino si dimise

«Penso che sia l'ultima volta in cui ho la gioia di augurarvi “buon anno”. L'età avanzata e le precarie condizioni di salute non mi consentono di sostenere il peso e la responsabilità del governo dell'arcidiocesi. Perciò ho pregato il papa di vo­lermene esonerare».

A sorpresa, nell’omelia alla Messa del 1° gennaio 1977, Michele Pellegrino, cardinale arcivescovo di Torino, annuncia di aver presentato a Paolo VI rinuncia alla diocesi. Commenta il tema della 10ª Giornata per la pace di Capodanno «Se vuoi la pace, difendi la vita» in rapporto alla legge di aborto allora in discussione in Parlamento. Ne aveva già parlato nel Natale 1976 denunciando «l’aborto come di un progetto di legge per la strage degli innocenti. Dopo tante giuste battaglie a difesa dei più deboli e sfruttati si prepara un progetto borghese che consente di godersi gli aspetti piacevoli dell’esistenza, evitando pesi e responsabilità, sul quale convergono alcuni cattolici indipendenti nelle liste del Pci. Se è in gioco la vita non vi possono essere dubbi su come schierarsi». Don Franco Peradotto, vicario episcopale per la famiglia e il laicato, scrive: «Il Senato deve modificare la legge d’aborto».

Questi eventi hanno un grande risalto sul settimanale diocesano «La Voce del Popolo» (VP), diretta da Peradotto. Titola a tutta pagina: «Notizia a sorpresa al termine della Messa per la pace di Capodanno. Dopo l’annuncio delle dimissioni Torino e la diocesi attorno al card. Pellegrino. Le motivazioni: l’età avanzata e le precarie condizioni di salute. Ora le decisioni spettano a Paolo VI» (9 gennaio 1977). Peradotto, colto alla sprovvista, firma l’editoriale «È tempo di fedeltà» da Camaldoli: «La notizia delle dimissioni mi ha raggiunto al Sacro Eremo dove sono per un corso personale di esercizi».

Sulla «Gazzetta del Popolo» Ezio Mauro riferisce che «Pellegrino spiega ai vescovi piemontesi perché ha chiesto al Papa di esonerarlo». Sono numerosi gli interventi di Peradotto: «Se Paolo VI rifiutasse?...» («Gazzetta del Popolo», 4 gennaio 1977); «Ha seguito con diligenza la lezione del Concilio» (Agenzia Asca, gennaio 1977); «Il card. Pellegrino ha applicato a fondo il Vaticano II. Alunno diligente del Concilio» (Settimanali cattolici del Piemonte, gennaio ‘77); «Il dono del servizio» (VP, 30 gennaio); «La lezione lasciata da padre Pellegrino. Uomini e cristiani» («Trecolonne», settembre-ottobre 1977).

Testimonia Giovanni Trovati, allora vicedirettore de «La Stampa»: «Pellegrino mi spiegò: "Un vescovo deve essere sereno e ottimista. L'ammalato di solito è portato al pessimismo". Qualcuno si sorprese perché don Franco rimase in Curia, quando Roma voleva la restaurazione. È rimasto in spirito di servizio e ha lavorato con impegno e devozione».

Le dimissioni, indotte dalla crescente ostilità della Curia Romana e dalla sostanziale sfiducia di Paolo VI, fanno rumore a livello nazionale e locale. Al Consiglio Pastorale il 15 gennaio 1977 e al Presbiterale il 17 gennaio Pellegrino riferisce: «Ho pregato il Papa di volermi esonerare per motivi di età e di salute. Sono in attesa di una risposta che desidero e spero affermativa».

Spunta l’idea di inviare una delegazione a Roma. I maleintenzionati insinuano: «I cattocomunisti vogliono un successore di loro gradimento». Niente affatto. La costituzione dogmatica sulla Chiesa «Lumen gentium» al numero 37 è chiara: «Nella misura della scienza, competenza e prestigio di cui godono, (i laici) hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa».

Torino si illude che Roma segua il Concilio. Peradotto su «La Voce» scrive: «Non è indiscreto offrire consigli. L’intervento presso la Santa Sede è possibile e legittimo secondo le norme vigenti» (16 gennaio 1977); «Come risponderà Roma al “desiderio” della diocesi di essere consultata?».

Per volontà di Pellegrino la delegazione è guidata da don Peradotto in quanto vicario episcopale dei movimenti laicali e in quanto canale di comunicazione tra l’arcivescovo e i Consigli. Della delegazione fanno parte Marco Ghiotti, segretario del Pastorale; don Vincenzo Chiarle e don Antonio Revelli in rappresentanza del clero; padre Gianpiero Casiraghi per i religiosi; suor Elisabetta Flick per le religiose; Maria Luisa Mathis e Aldo Bodrato per i laici. Pellegrino informa il cardinale Sebastiano Baggio, prefetto della Congregazione per i vescovi, e ne riceve l’assenso. Nel palazzo delle Congregazioni in piazza Pio XII 10 a Roma, Baggio il 21 aprile 1977 riceve la delegazione per quasi un’ora di colloquio. 

Su «Avvenire» del 23 aprile 1977 riportai le parole di Peradotto: «Il cardinale Baggio ha apprezzato molto il fatto che la diocesi non si preoccupi tanto di tracciare un “identikit” del futuro vescovo, quanto dei gravi problemi pastorali. Ha espresso anche la speranza che l’uomo che verrà scelto possa portare avanti le linee tracciate in questi anni, le possa intensificare e farle maturare».

Nel maggio 1977 parte la ricerca sulla «Chiesa locale» con le assemblee del laicato e del clero il 16 e la giornata di sensibilizzazione il 29 maggio. Il 1° agosto ’77 alla Consolata padre Pellegrino comunica: «Ballestrero, arcivescovo di Bari, è il nuovo pastore: aiutatelo, seguitelo con fede e con amore operoso». Quei mesi sono la prova del fuoco per la neonata «Radio Proposta» - alla quale si collegano le radio cattoliche «Incontri, Nichelino Comunità, Cento Torri di Chieri, Asti» - che trasmette i grandi eventi diocesani in diretta: l’annuncio di Ballestrero, la visita di una delegazione diocesana a Bari, l’ingresso e i primi impegni di Ballestrero. E poi i funerali delle vittime del terrorismo, le solennità liturgiche, le feste dell’Ausiliatrice e della Consolata, le visite di Giovanni Paolo II a Torino (1980,1988, 1989, 1998) e i pellegrinaggi a Roma.

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