Parrocchie, il riassetto

Nella due giorni del clero annunciato dal Vicario generale il riassetto della diocesi di Torino, con le nuove prospettive per le Unità pastorali. Si tratta del frutto di un anno di consultazioni del Consiglio presbiterale tra i parroci.

Parole chiave: clero (5), unità pastorali (1), consiglio presbiterale (1), parrocchie (19), diocesi (138)
I sacerdoti alla due giorni del clero il 1° ottobre

È stato un importante lavoro quello svolto dal Consiglio presbiterale nello scorso anno pastorale e ripreso dal consiglio episcopale circa il ripensamento del territorio diocesano nella sua ridistribuzione di parrocchie e di Unità pastorali. In questo nuovo anno il presbiterale continuerà il cammino considerando nuove strategie pastorali (scelte e priorità) e i soggetti del futuro riassetto: preti e diaconi, religiosi e religiose, operatori pastorali laici (in particolare quelli preparati dallo SFOP a livello diocesano). Intanto, però, nell'Assemblea annuale del Clero è stato presentato il quadro d'insieme del lavoro che ci attende: una condivisione di criteri per ripensare sul vasto territorio della nostra Diocesi la rete delle parrocchie e delle unità pastorali e un dibattito acceso sui modi di attuarla.

L'inevitabile processo di trasformazione dovrà svolgersi con gradualità, con sostenibilità, con flessibilità, escludendo la soluzione unica da applicare indiscriminatamente in tutta la Diocesi. Accanto ad alcuni criteri generali sono stati individuati e proposti differenti attenzioni per la Città di Torino (e prima cintura) e il territorio dei paesi e di provincia. Si tratta di stabilire se salvaguardare più o meno tutte le parrocchie, oppure individuare aree pastorali (costituite da una o più unità pastorali) con centri religiosi differenziati, con una formazione centralizzata e alcuni importanti servizi di base, insieme ad altri «centri religiosi» più ristretti collegati tra di loro in rete. Ma quali sono condizioni per l’esistenza di una parrocchia? Alcuni criteri sono stati individuati: cura dell'Eucaristia domenicale, sufficiente presenza di una comunità educante con regolari proposte formative, adeguata attenzione alla carità operosa sul territorio, sufficiente numero di abitanti. L'eventuale «soppressione» - o meglio accorpamento - di parrocchie deve essere subordinata a valutazione molto prudente (caso per caso), per evitare di ferire la legittima sensibilità ecclesiale delle persone e la storia di secoli, e comunque le chiese non più parrocchiali rimarranno centri religiosi vivi. È sensato, ci si è chiesto, introdurre un'équipe totalmente nuova alla guida pastorale di tali nuove aree? Alcuni interrogativi che andranno sciolti con una linea condivisa.

Altre questioni riguardano le unità pastorali. Nel presbiterale sono emerse tre linee. Le Unità pastorali costituiscono un utile punto di partenza, se si raggiungono un progetto e un metodo pastorale condiviso da preti, diaconi, religiosi e laici. Le unità pastorali costituiscono un passaggio intermedio rispetto al traguardo del riassetto e molto dipenderà dalla realizzazione di progetti adeguati alla configurazione sociale e religiosa del territorio. La riforma del rapporto tra parrocchie e territorio non può essere sviluppata a partire dall’attuale rigido assetto delle unità pastorali. Intanto è comunque necessario che, almeno a livello degli incontri del clero, più unità pastorali lavorino insieme (come già avviene, ad esempio, nella visita annuale dell'Arcivescovo). Quale di queste linee è da promuovere?

Le parrocchie rimangono, tuttavia, l'ossatura dell'attuale missione della Chiesa, sistemi aperti e «corpi sociali porosi» con infiniti accessi di entrata e di uscita (appartenenza debole), ma con «buone pratiche» di grande valore esemplare. Occorre anche stabilire un rapporto sereno e costruttivo tra parrocchie e mondo associazionistico e riconoscere «nella diocesi e nel suo vescovo il riferimento fondamentale» per tutti (Lettera pastorale 2014, L'amore più grande, n.27). In rapporto alla formazione (varie forme di catechesi, formazione operatori pastorali ecc.), associazioni e movimenti devono inserirsi nel progetto diocesano e, se inseriti in parrocchia, stabilire uno stretto raccordo con gli itinerari parrocchiali di appartenenza, con la garanzia di un'adeguata formazione degli animatori dei loro gruppi secondo le linee diocesane; mentre, se agiscono in particolari ambienti di vita, possono seguire propri orientamenti anche diversi dagli orientamenti diocesani (L'amore più grande, p. 42 e n. 27).

Occorrerà anche affrontare in modo sistematico - a livello diocesano - il fardello del patrimonio immobiliare e la sostenibilità economica delle parrocchie in base agli obiettivi pastorali. L’eccessivo carico amministrativo e burocratico incombente sui parroci titolari di più parrocchie dovrà essere ricondotto a una semplificazione di natura contabile e amministrativa attraverso il servizio della sezione amministrativa della Curia. Quali procedure e criteri il Clero si sente di suggerire all'Ufficio Amministrativo?

Negli anni 1960-1970 a Torino si costruivano nuove chiese parrocchiali, oggi si osserva un movimento inverso. Com'è possibile diminuire il numero delle parrocchie nell’area metropolitana? Qualcuno ha suggerito che ciò è possibile a patto di mantenere sul territorio figure di riferimento (diaconi, religiosi, laici) per la realizzazione di progetti comuni con momenti di aggregazione e legami fraterni fra i vari centri religiosi (ex parrocchie). Con quali criteri Individuare i luoghi/chiese in cui rimarrà la messa domenicale e gli altri luoghi in cui sarà svolta la preparazione ai sacramenti, l'oratorio e il servizio della carità - i cosiddetti centri di aggregazione pastorale - da cui si confluirà nel centro principale per la messa domenicale?

Il tessuto metropolitano risente meno del problema delle appartenenze territoriali e dei campanilismi, mentre occorre tenere maggiormente in conto le dinamiche umane e sociali delle persone, i loro stili di vita e il rapporto che esse hanno con il tempo e lo spazio. Per questo motivo, in città va ripensato il modello delle unità pastorali: secondo quali modifiche? Riflessione particolare merita la situazione del centro storico di Torino, il cui patrimonio artistico non può certo essere ceduto, ma comporta oneri gestionali non indifferenti: come valorizzarlo anche in ambito pastorale? Sarà anche importante tener conto della qualificata presenza in Torino e in tutta la Diocesi dei molteplici carismi dei Religiosi e delle Religiose che rappresentano importanti pilastri e risorse per riorganizzare la proposta pastorale.

Per il territorio variegato della Provincia ci sono alcuni elementi propri: la maggiore distanza kilometrica tra i vari centri religiosi, l'età media più elevata del clero, la maggiore fedeltà di questi ambienti ai legami affettivi verso le parrocchie (soprattutto se coincidono con il paese) con la loro storia e il (ancora) forte attaccamento alle tradizioni. In provincia, come regolarsi circa la riduzione del numero di parrocchie? È stato consigliato di non sopprimerle troppo facilmente, bensì di aiutarle a camminare insieme, verificandone l'effettiva vitalità come vita di fede. Come educare le persone a non pretendere che l’esistenza di ogni parrocchia sia legata alla presenza di un prete “in loco”?

È opportuno che all’interno dei singoli territori si individuino dei «capoluoghi» (o centri religiosi maggiori) intorno ai quali organizzare l’esistenza di centri religiosi «minori»? Si aprono varie possibilità. Il primo discernimento effettivo da compiere consiste nella lettura la più possibile oggettiva dei diversi territori, in modo da individuare i capoluoghi o i centri da mettere «in rete». Questo è esattamente il lavoro che le UP faranno in quest'anno nella visita breve con il Vescovo: fornirgli suggerimenti per i bisogni del loro territorio. Il consiglio presbiterale ha già suggerito alcune specificazioni assunte dal consiglio episcopale: nei piccoli centri evitare di passare l'idea che Eucarestia e Liturgia della Parola si equivalgano, individuare centri di aggregazione pastorale sul criterio della sostenibilità economica, presentare subito obiettivi chiari e condivisibili per far partecipare il popolo a un passaggio difficile, valorizzare i Santuari (numerosi e notevoli) in una linea complementare alle parrocchie.

Alcuni spunti e interrogativi riformulati dal consiglio episcopale in vista non solo della discussione nell'assemblea del clero appena conclusa, ma anche in vista dell'incontro sul territorio con l'Arcivescovo, il quale si metterà ulteriormente in ascolto di quanto preti, diaconi, religiosi e religiose, operatori laici vorranno dire circa le loro comunità e unità pastorali.

Mons. Valter DANNA

Vicario Generale

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