Liberi dietro le sbarre? Si può...

Alla Casa della Divina Provvidenza di Torino, alla presentazione del libro-intervista di Marina Lomunno al cappellano del carcere minorile torinese don Domenico Ricca, hanno partecipato straordinariamente due suore di clausura del monastero cottolenghino San Giuseppe  

Liberi dietro le sbarre? Si può...

San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Giovanni Bosco: la casa che accoglie e il cortile che educa. Al centro i giovani: quelli più fragili per la malattia o per la mancanza di una famiglia, di affetti, di opportunità, per errori commessi, sofferenze vissute e procurate.

Questo il filo rosso che ha caratterizzato la presentazione al Cottolengo, sabato 16 aprile del volume «Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti» (editrice Elledici), curato da Marina Lomunno, redattrice de La Voce del Popolo. Una presentazione del libro-intervista al salesiano don Domenico Ricca, dal 1979 cappellano del Ferrante, segnata da una partecipazione eccezionale: quella di due delle monache di clausura del Monastero San Giuseppe in rappresentanza delle 11 consorelle che hanno contribuito all’ultimo capitolo del volume scrivendo ai ragazzi cosa significa per loro, che hanno scelto di vivere dietro le grate, la libertà. Per poco più di due ore suor Lara e suor Cristina sono state autorizzate al lasciare la clausura per ascoltare la storia dell’esperienza di don Ricca al Ferrante raccontata nel libro e per spiegare il significato del loro intervento nel volume. All’incontro sono intervenuti anche l’autrice, il direttore generale dell’Elledici don Pietro Mellano, la cottolenghina suor Giuliana Galli che ha anche portato il saluto della madre generale suor Elda Pezzuto; presente anche il padre generale della Piccola Casa, don Lino Piano. Ma è stata la partecipazione delle religiose contemplative che più ha richiamato l’importanza nell’anno del Giubileo della Misericordia di offrire un segno concreto di speranza a chi, come i ragazzi del carcere minorile torinese Ferrante Aporti, guarda al futuro con fatica, rabbia o rassegnazione. Se i proventi dei diritti d’autore sono devoluti in borse di studio e lavoro per il reinserimento dei ragazzi del Ferrante, le presentazioni del libro sono infatti anche occasioni per sensibilizzare sui temi del disagio minorile e dell’educazione, su quell’appello a impegnarsi verso i piccoli più in difficoltà che con il Giubileo il Papa ha voluto rilanciare e che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha raccolto aprendo, oltre a quella della Cattedrale, due Porte Sante proprio al Cottolengo e al Ferrante Aporti.

«Per me oggi – racconta emozionata suor Cristina – è un giorno speciale e lo è stato anche rispondere alle domande per i ragazzi. Il nostro monastero è nato da una esperienza di conversione di alcune ragazze e ha quindi da sempre un’attenzione per le fatiche dei giovani: ecco scrivere a loro, pensare di aiutarli attraverso il libro è un modo per completare il nostro impegno di preghiera, è stato dare un volto...». «Per me – ha commentato don Ricca – essere qui è una occasione per ringraziare le suore di quel pezzo di libro che ci hanno regalato»  e cita il messaggio che la decana del monastero suor Maria del Sacro Cuore, 96 anni, ha dato ai suoi ragazzi: «Li prendo per mano uno per uno come fratellini per portarli a Gesù, portarli a Dio, a Colui che ci ha creato. Siamo tutti figli di Dio, cari a Dio che dice a ciascuno di noi ‘tu sei prezioso ai miei occhi’. Dio guarda al positivo, l’occhio di Dio è sempre sul positivo». Positivo che abita il cuore di ciascuno così come il carcere che può essere esperienza interiore di tanti, esperienza di fatica, di assenza di libertà come ha ricordato suor Lara: «Ai ragazzi del Ferrante direi che per uscire dalle sbarre bisogna guardarsi dentro». Uno sguardo che è responsabilità di tutti perché come ha ricordato l’autrice «tutti potremmo essere i genitori di questi giovani, tutti possiamo fare qualcosa per loro». Tutti, anche i lettori, coinvolti in quel circolo virtuoso di bene che come ha sottolineato don Mellano, nello spirito dell’editrice e secondo il carisma salesiano, il libro vuole alimentare. Ed è la stessa testimonianza di don Ricca come emerge pagina dopo pagina a ribadirlo: la scelta del Ferrante è stata per lui un’opportunità, la risposta a un «se ti va», a un’occasione che come tante poi non si ripresentano ed è questo uno dei messaggi  che i giovani devono capire, anche nelle situazioni più difficili bisogna decidersi e ripartire.   

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