L'abbraccio fraterno nel giorno dell'Epifania nella festa dei popoli

 Al Santo Volto la Santa messa presieduta dall'Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia: e comunità straniere unite nel ricordo dei magi intorno a Gesù

Parole chiave: epifania (7), popoli (5), torino (730), nosiglia (114), comunità (43), missionari (23)
L'abbraccio fraterno nel giorno dell'Epifania nella festa dei popoli

Il clima di festa e di raccoglimento, preghiera e spiritualità intensa ha plasmato, come ogni anno, la festa dei popoli. Un appuntamento che si rinnova e diventa sempre più momento di aggregazione intorno alla Parola e all'Eucaristia nel giorno della festa dell'Epifania. Le comunità hanno animato la liturgia solenne e raccolta, con canti, balli, preghiere. Lo spirito di fraternità che unisce nella gioia e nel dolore le comunità che vivono nella città e si riuniscono nel nome di Gesù il Salvatore, Pastore delle genti. 

Mons. Nosiglia nella sua Omelia ha ricordato come: "La festa dell’Epifania sia la vera festa dei popoli, che trovano il loro punto di incontro e di comunione attorno al Salvatore, divino bambino di Betlemme. I Magi rappresentano, infatti, le diverse nazioni che camminano, guidate dalla luce di Dio, che illumina il loro percorso per unirsi nella pace. Ci ha detto il profeta Isaia: «Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere» (Is 60,1-3). Sì, noi crediamo che Gesù è il salvatore di tutti gli uomini e che in Lui c’è la pienezza della verità e dell’amore, della giustizia e della pace per l’umanità intera. La sua regalità non si esercita con la potenza delle armi o della politica e dell’economia, ma con quella dell’amore e della verità. L’amore di Dio e la verità, che promana da Lui, sorreggono la speranza di un mondo più unito, solidale e pacifico. Questo messaggio i cristiani lo hanno sempre accolto come un servizio all’umanità intera, come via di dialogo ed incontro con tutte le religioni e con ogni uomo di buona volontà. Non è un discorso di parte o di accaparramento o di proselitismo e di conquista, ma di servizio e dunque di amore. È però anche un annuncio di novità assoluta, che non deve aver timore di essere proposto a tutti, nella coscienza che Dio illumina ogni uomo che viene in questo mondo con la luce del suo Verbo e lo spinge ad incontrarlo e a riconoscerlo suo Dio e Signore, come è avvenuto con i Magi".

Un riconoscimento e un invito ad aprire le porte del cuore, nell'anno santo della Misericordia di Dio, ricordando a tutti, prendendo spunto alla Parola di Dio, che agli occhi di Dio non esistono distinzioni tutti gli uomini sono creature e figli suoi. Significativo il passaggio del Pastore della Chiesa di San Massimo quando ha richiamato il fondamento dell'essere di Cristo e la capacità di missionario che oggi hanno i popoli che sono immigrati in Europa per la loro fede vissuta anche in condizioni di sofferenza e persecuzione e oggi fratelli da accogliere senza erigere muri e vivere nell'indifferenza dell'altro: "Guardando tuttavia alle radici cristiane del nostro continente e al fatto che dall’Europa milioni e milioni di persone – per non dire interi popoli – sono emigrati nel mondo intero, di fronte oggi a rifiuti preconcetti e a muri che si alzano minacciosi per impedire l’accoglienza di immigrati, verrebbe da chiedersi se, di fatto, il comandamento dell’amore verso ogni uomo considerato un fratello, fondamento del Vangelo del Signore, sia penetrato e accolto in duemila anni nella vita quotidiana della nostra gente.

Quando Paolo affermava: «Non c’è più Giudeo né Greco, uomo o donna, schiavo o libero, ma siamo tutti uno in Cristo» (cfr. Gal 3,28), era normale vivere in un mondo dove il rifiuto dello straniero, non cittadino romano, era, di fatto, legge di vita, in quanto il diverso era considerato privo di ogni diritto ed emarginato o addirittura reso schiavo. Il cristianesimo da subito si è posto in alternativa alla cultura dominante su questo punto, superandola con la legge dell’amore". 

Una liturgia dunque densa di significati e di prospettive. Bisogna in fondo riapartire da questo senso di fraternità e con-divisione, ha puntualizzato mons. Nosiglia, e partecipare tutti ad un momento di crescita spirituale per costruire una società più giusta e pacificata. Dopo la messa i ringraziamenti di padre Rovelli, missionario della Consolata, ai cappellani delle comunità e a tutti coloro che hanno reso possibile anche quest'anno la celebrazione e la festa e infine il pranzo conviviale e un pomeriggio vissuto in amicizia e allegria nel salone del Santo Volto. 

Sul sito della Diocesi di Torino il testo integrale dell'omelia

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