Il cardinale Maurilio Fossati e il Perlasca di San Salvario

Organizzavamo la fuga degli ebrei. Piera Zanaboni raccontò l'azione del libraio dell'Arcivescovo 

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Il cardinale Maurilio Fossati e il Perlasca di San Salvario

C’è una storia “segreta” nella vita del cardinal Maurilio Fossati che nel fruscio ottocentesco della Chiesa, degli steccati, delle divisioni, è una grande strada di misericordia, di accoglienza, di generosità oltre ogni confine. Una storia non senza rischi, anzi.

Una vicenda che si dipana negli anni delle leggi razziali, con discrezione e forza, con umiltà e concretezza, con coraggio e carisma. Io ne sono testimone unico avendola raccolta per i miei scritti e per la Rai, nella casa della figlia, in un giorno nebbioso, in corso Massimo d’Azeglio. E’ una vera e genuina testimonianza dell’impegno della Chiesa di Torino, accanto agli ebrei. Eccola.

 Ogni giorno Attilio Zanaboni apriva la sua libreria in corso Vittorio Emanuele a Torino (che ora non c’è più ma che per un secolo ha testimoniato la nobiltà della cultura, anzi dell’accoglienza diffusa quasi a ridosso della Sinagoga). L’ha fatto per una vita. Pochi sanno che, negli anni dell’occupazione nazista e delle leggi razziali, dietro quelle vetrine colme di romanzi, di trattati, di sogni  sono passati i documenti contraffatti che hanno permesso a centinaia di ebrei di scappare evitando deportazione e morte.

 Dunque, 1938, comincia la persecuzione degli ebrei. Il libraio non ha dubbi: qualcosa farà per aiutarli. Glielo dice il cuore, glielo dice la dignità.

  Da tempo stampa le “lettere pastorali” e gli scritti del cardinale Maurilio Fossati. Ha quindi un filo diretto con la curia di via Arcivescovado. Lo adopera. Alla porta del vescovo bussano in molti per chiedere aiuto: un passaggio sicuro per la Svizzera, un nascondiglio nei seminari o nelle case della diocesi sparse per Torino e le località della provincia. Il cardinale parla con il rabbino, il professor Disegni. Non è facile mettere a punto un sistema che non insospettisca i ferrei controllori nazifascisti e passi inosservato alle tante spie.

Il piano c’è. Parte la “fase 2”. Entra in scena Piera Zanaboni, la figlia. Così, una volta o due la settimana il padre la chiama e le dice: “Dovresti andare dal cardinale e consegnarle questa busta”. Lei esegue, assolutamente ignara.

Raggiunge la segreteria del vescovo, parla con il segretario monsignor Barale che la coordina, ma la busta la consegna esclusivamente nelle mani di monsignor Fossati. Deve pronunciare una frase che è la parola d’ordine: “Ci sono le bozze da correggere.”. “Grazie – è la risposta – torni tra tre giorni”.

Barale, nel 2015, è stato dichiarato «Giusto di Israele» dalla comunità ebraica, per l’instancabile impegno che profuse sui incarico del cardinale Fossati nel salvare e proteggere innumerevoli famiglie di ebrei perseguitati a Torino e in provincia. Non c’è traccia di questo, sgradevolmente, nelle polemiche riferite la scorsa settimana da un quotidiano cittadino attorno a documenti che metterebbero in dubbio l’azione del Cardinale e della Curia torinese in quegli anni terribili.

Ma torniamo alla vicenda del tipografo Zanaboni. La figlia Piera esegue il compito di trasportare i documenti prodotti in Curia. Ritira la busta nella quale sacerdoti e suore che aiutano gli ebrei hanno inserito documenti ben contraffatti da abili amanuensi”.

 Tornata in corso Vittorio, la giovane (aveva vent’anni), aspetta. Aspetta che suo padre avvisi il rabbino. La sinagoga è proprio dietro la libreria, in via San Pio V. Basta un bigliettino lasciato cadere oltre la cancellata. E’ quello il segnale che il pacco di passaporti sta arrivando.

 Piera si presenta all’ingresso della comunità ebraica. . La riceve il professor Disegni che però la fa uscire da un’altra porta su una strada sul retro.

 Solo allora Piera capisce. Capisce e continua la sua attività di staffetta nella Torino presidiata dalle camionette dei nazifascisti, ma soprattutto esposta ai sospetti di tanti delatori.

 “Non importa – ha raccontato – sapevo di fare una cosa rischiosa ma necessaria, vera, indispensabile”. E va avanti così per anni: una due volte la settimana, sotto lo sguardo discreto ma vigile del padre. Porta le “bozze” che riprende trasformate in lasciapassare.

  Centinaia gli ebrei che grazie a questo “corridoio” hanno potuto evitare con le famiglie i rastrellamenti e le deportazioni nei campi di concentramento.

Attilio Zanaboni, un uomo normale che ha fatto una scelta eccezionale, rischiosa, controcorrente. La sua è la storia di un uomo “giusto”condivisa con un uomo di Dio. Una storia dimenticata finchè la figlia Piera ha deciso nel 2002 di raccontarla. A me.

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