«E la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi»

L'omelia dell'Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, alla messa del giorno di Natale, 25 dicembre 2014, ore 10.30 in Cattedrale 

Parole chiave: messa della domenica (1), natale (44), nosiglia (114), cattedrale (6)
Foto Masone- L'Arcivescovo alla Messa di Natale alle ore 21 del 24 dicembre al Sermig

La Parola è il Verbo di Dio che Giovanni ci presenta nel suo Prologo (cfr. Gv 1,1ss.). Egli era la vita, egli era la luce degli uomini. Questa vita e questa luce inaccessibile si sono fatte carne, si sono rese dunque visibili nell’uomo Gesù di Nazareth. C’è in quest’espressione un messaggio decisivo per noi tutti, per la Chiesa e per l’umanità. Dio ci insegna la via per farci veramente uomini, per vivere da uomini veri, reali, concreti e non aver paura di assumere fino in fondo la nostra umanità con tutte le sue carenze e risorse, perché è la stessa che ha assunto lui incarnandosi.

Tutti i discorsi un po’ astratti o virtuali, che in questo nostro tempo si rovesciano su di noi, un insieme di parole vuote spesso, vengono spazzati via da questo annuncio. Per farsi uomini e vivere veramente da uomini, occorre passare dalla parola al vissuto di ogni giorno, dal discorso  all’operatività, dalle idee ai fatti, dai buoni propositi all’impegno concreto. Qui sta il cuore del messaggio cristiano. Dio non si è rivelato solo con parole orali o scritte, proclamate da un profeta di turno che dice di parlare in suo nome. Dio è passato dalle parole alla Parola fatta carne nella persona del Figlio suo unigenito.

Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio Unigenito che è nel seno del Padre ce lo ha rivelato con la  sua persona reale. Egli nasce veramente nella carne mortale e sofferente dell’uomo, si fa carne nel  grembo di una donna, deve essere accudito e accolto come ogni bambino, vive in una famiglia povera che fatica giorno dopo giorno a mantenersi, lavora come ogni uomo, soffre e muore. Dio ci insegna, dunque, cosa significa farsi uomini: vivere il quotidiano con realismo e responsabilità e trarre dalle concrete esperienze di vita motivo di gioia e di sofferenza, di vita e di morte, di delusione e di speranza. Niente di ciò che è umano il Figlio di Dio ha disprezzato o rifiutato. Solo il peccato gli è stato estraneo, ma non ha esitato anche a farsi carico del peccato di tutti per liberare l’uomo da questa schiavitù che lo riduce a cosa e lo priva della sua vera umanità.
Dunque, il Natale ci dà questo annuncio: l’umanità del Figlio di Dio è la via mediante la quale  egli ci ha salvato, per cui chi lo accoglie e lo segue si fa egli pure più umano e capace di vivere al meglio la propria realtà di vita, di sofferenza, di speranza, di amore e di relazione con gli altri.

Penso alla vita di famiglia in particolare, l’esperienza più umana e profonda che una persona possa fare e che può apparire oggi, purtroppo, quella più debole, ma che in realtà è la più forte di risorse positive per se stessa, il suo futuro ma anche per la Chiesa e la società. Lì, avviene il mistero di due che diventano una sola carne e lì ogni persona può trovare il suo spazio per vivere  profondamente l’amore e il dolore, la gioia e la sofferenza. Lì, Dio si incarna continuamente: nell’amore degli sposi, nel rapporto con i figli, nell’impegno di accogliersi e aiutarsi solidalmente.

Sono convinto che la famiglia salverà il mondo, questo mondo virtuale e fatto di parole vuote, di promesse non mantenute, di speranze deluse. Ripartire dalla famiglia: questa è la via che Dio ha scelto per farsi carne, per farsi uno di noi. Questa può essere anche oggi la via per ridare ad ogni uomo la speranza certa di vincere il male e di costruire un mondo di pace. È questo un annuncio che sento forte risuonare dentro di me in questo Natale e che ho ricordato nella mia Lettera alle famiglie.

Avete mai pensato che l’attitudine che origina la famiglia è la stessa che ci rende credenti, ci fa fare esperienza di fede? In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi. Credere è anzitutto lasciarsi amare, lasciarsi raggiungere da un dono, lo Spirito Santo, Dio che abita in noi. Ecco perché credere è fare Natale, percepire che al cuore della nostra esistenza, delle nostre relazioni, della nostra famiglia, nasce ciò che è generato dallo Spirito. La Chiesa riconosce in ogni famiglia il luogo santo, come la grotta di Betlemme in cui prende carne la parola di Dio, il suo amore nei cuori e nei volti di coloro che poveramente, ma con verità, si accolgono, sposa e sposo, padre e madre, figlio e figlia, sorella e fratello.

«A quanti lo accolgono – ci ha detto Giovanni (cfr. Gv 1,12-13) – ha dato il potere di diventare figli di Dio: essi non sono nati dal sangue e dalla carne, ma sono stati generati direttamente da Dio e sono dunque suoi figli». La Chiesa guarda alla famiglia umana come modello del suo farsi famiglia di Dio sulla terra. Nella comunità cristiana ogni famiglia può trovare la sponda necessaria per vivere la sua esistenza di unità e mostrare al mondo di essere segno del suo amore per tutti. In questo santo giorno di Natale, vorrei poter raggiungere ogni famiglia della diocesi per annunciare la gioia della nascita di un figlio, di un suo figlio, il figlio di Dio che vuole essere accolto in ogni casa. Vorrei potermi avvicinare a tutte quelle famiglie dove l’amore si sta spegnendo ed è già finito e le ferite segnano la vita; a quelle povere e disagiate o gravate da situazioni di mancanza di lavoro o di casa, di malattia e sofferenza. A tutte e a ciascuna giunga il mio augurio unito alla preghiera. Non cessate di credere in questo Dio che si fa vostro figlio e in lui ponete la vostra speranza di un domani migliore e più sereno.

Vorrei rivolgermi anche alle famiglie di tanti immigrati, cristiani o di altre religioni, presenti nel nostro territorio per dire loro di non temere di partecipare alla nostra gioia del Natale. Gesù Cristo nasce per tutti, non esclude nessuno e chi lo accoglie sa che deve accogliere e rispettare tutti, soprattutto chi è diverso da sé, donando amicizia e costruendo insieme la pace in una serena convivenza, dialogo e incontro.

La grande famiglia degli uomini è attraversata oggi da immani tragedie causate dal peccato, dall’egoismo e dal fanatismo anche religioso che alberga nel cuore dell’uomo e nella storia del mondo. Passano davanti a noi in questo momento le immagini terribili di tante stragi di bambini e gente innocente, di tragedie nel nostro mare, di devastazioni e violenze, di terrorismo e guerre spesso dimenticate. Chi ci potrà liberare da quest’ombra di morte e dal timore che essa si estenda su tutta la terra? Un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio che viene chiamato Salvatore. Sì, credo fermamente che lui, questo bambino divino, può salvare l’umanità e lo farà perché per questo è nato e ha lottato e sofferto. Oggi vogliamo non solo sperare che ciò sia possibile, ma vogliamo credere che la sua salvezza è già in atto e si sta realizzando in noi come nelle nostre famiglie e nel mondo. Oggi è il giorno in cui niente deve farci paura, perché il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Egli illumina ogni uomo che viene in questo mondo, gli rivela la sua altissima dignità di figlio di Dio, gli dona la vita eterna.

Rinasca, dunque, in noi la speranza e nessuno si tiri indietro dalle proprie responsabilità, pagando anche di persona, pur di costruire un mondo più a misura di Dio e dunque anche più a misura d’uomo, passando dalle belle parole di augurio ai fatti concreti, facendosi veramente carne come ha fatto il Figlio di Dio, per abitare le fatiche di ogni persona povera, sola o emarginata, di ogni famiglia, di ogni popolo oppresso. Allora sarà Natale non solo oggi ma anche domani; lo sarà ogni giorno e ogni volta che, forti della fede nel Figlio di Dio che vive con noi, sapremo vincere il male con il bene e sapremo assumere fino in fondo il nostro impegno per edificare, con il prezzo di piccoli ma significativi gesti quotidiani di amore e di accoglienza, di rispetto e di altruismo, un mondo di giustizia e di pace per tutti.

Vita Chiesa

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