Dal 17 agosto? Continua la nostra sfida educativa

Domenica 16 agosto al Colle don Bosco si chiudono le celebrazioni del 200° anniversario dalla nascita del Santo dei giovani: alla vigilia della chiusura del Bicentenario, abbiamo incontrato a don Enrico Stasi, ispettore salesiano del Piemonte, della Valle d'Aosta e della Lituania per tracciare un bilancio di un anno davvero speciale 

Dal 17 agosto? Continua la nostra sfida educativa

Don Stasi, siamo giunti al termine delle celebrazioni del Bicentenario: in questi giorni tra Torino e il Colle don Bosco migliaia di pellegrini si sono ritrovati per due iniziative dedicate ai pilastri della spiritualità salesiana: la Madonna, con il VII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice e i giovani con il raduno del Movimento giovanile salesiano. Come si è preparata la Famiglia salesiana torinese a concludere un anno davvero speciale che ha avuto la nostra diocesi come meta di migliaia di pellegrini?

Ci siamo preparati con grande gioia e con molta laboriosità, virtù tipica della nostra terra. La gioia di essere ancora una volta come nei mesi scorsi «la casa che accoglie» tanti pellegrini e giovani provenienti da tutto il mondo. Una casa che vuol far respirare lo spirito di famiglia e l'allegria tipica dello spirito di don Bosco. La laboriosità di chi desidera che tutto sia pronto e in ordine, perché entrambi gli eventi, hanno coinvolto migliaia di persone per più giorni a Torino e al Colle don Bosco.

Papa Francesco, in visita a  Torino il 21 giugno scorso, ha dedicato alla famiglia salesiana nella Basilica di Maria Ausiliatrice un discorso a braccio di 40 minuti in cui ha manifestato la sua riconoscenza al santo dei giovani tanto che in molti hanno commentato che papa Bergoglio sarebbe diverso se non avesse incontrato il santo don Bosco. Cosa rimane alla famiglia salesiana di quell’incontro così cordiale?

Rimane innanzitutto la  familiarità di quell'incontro. Abbiamo sentito papa Francesco «dei nostri». Negli anni che ha conosciuto i salesiani, sin dai tempi che frequentava la scuola, ne ha imparato lo spirito e ci ha donato una lettura originale, così come lui sa fare. Una lettura che ci riporta a un don Bosco che aveva nel cuore tre amori,  i tre amori bianchi: l'Eucarestia, la Madonna e il Papa. A un don Bosco che punta decisamente sull'educazione integrale dei giovani: dalla loro affettività, alla loro intelligenza e alla manualità.  A un don Bosco che diceva che  «il meglio è nemico del bene» e che il bene va fatto subito e con grande concretezza.

Il 24 giugno scorso, proprio ricordando la visita alla tomba di don Bosco nel Bicentenario, papa Francesco ha inviato al vostro Rettor Maggiore, don  Ángel Fernández Artime, una lettera con cui sottolinea che i «salesiani possono dare ancora molto» alla Chiesa e al mondo. Come si tradurrà questo mandato?

Si tradurrà con il mettere in atto l'invito che il Papa ci fa ad «uscire» operando scelte coraggiose, a ritornare a stare con i giovani vivendo non solo per loro, ma con loro,  coinvolgendo il loro  protagonismo e la loro voglia di mettersi in gioco e di fare ,  e in questo modo facendo intravvedere loro la luce e la gioia del Vangelo.

Più volte il Rettor Maggiore ha sottolineato, riprendendo le parole del Papa, che le nuove frontiere dei salesiani sono i giovani più poveri del pianeta ma anche lo scambio fecondo con le chiese del sud del mondo, «fresche» perché più giovani e non ancora secolarizzate come il mondo occidentale. In questa prospettiva quali sono le sfide dei salesiani per il futuro?

Le sfida più importante è quella che da sempre anima noi salesiani: cioè la sfida educativa, oggi più che mai attuale e centrale. Una sfida che oggi incontra un mondo che è diverso da quello dell'800 ma che ci provoca e non ci lascia tranquilli: giovani che spesso provengono da percorsi famigliari difficili e spesso sono lasciati soli e abbandonati a se stessi, giovani che non lavorano né studiano, giovani che sono di altre culture, razze e religioni.

Ma sono giovani, e per questo vanno amati, accompagnati ed educati.

Don Enrico lei è stato eletto Ispettore proprio alla vigilia del Bicentenario. Come salesiano e come responsabile dell’Ispettoria a cui tutto il mondo salesiano fa riferimento come ha vissuto questo anno e come ripartirete dal 17 agosto, all’indomani dalla chiusura delle celebrazioni per i 200 anni dalla nascita di don Bosco?  

 Ho vissuto un anno intensissimo dove si sono succeduti eventi, incontri, e relazioni. Dove alle gioie, tante, si sono alternate anche spine e sofferenze. C'è un sogno di don Bosco molto caro alla tradizione salesiana che è il «Sogno del Pergolato di rose», dove si narra che la  strada che don Bosco intraprende e chiede ai primi giovani che desiderano   seguirlo, è cosparsa di rose e camminando ci si accorge  che le rose nascondono le spine. Questa è la realtà di chi vuole educare i giovani e portali a Cristo. Era vero ai tempi di don Bosco ed è vero oggi. Dal 17 agosto ripartiremo con tanta speranza perché in questo Bicentenario abbiamo riscoperto l'attualità di don Bosco e del suo carisma e  l'amore e la venerazione che la gente e i giovani nutrono nei suoi confronti. Don Bosco è veramente un santo popolare e la sua parola e il suo esempio risuonano ancora nella Chiesa e nel mondo.

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