Cristiani rapiti in Siria. Il rapporto 2014-2015 Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani

La situazione tragica delle comunità cristiane in Siria, un rapporto che unisce i dati e le azioni di denuncia e aiuto di fondazioni e associazioni 

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Cristiani rapiti in Siria. Il rapporto 2014-2015 Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani

Cristiani sempre vittime dei criminali terroristi che militano sotto le nere bandiere del sedicente Cliffato. Almeno 150 cristiani assiri sono stati rapiti in Siria dall’Isis a Tell Tamr vicino ad Hasaka, capoluogo dell'omonima regione nord-orientale al confine con la Turchia e con l’Iraq, un’area nella quale è in corso un'offensiva dei peshmerga curdi dell'Ypg, sostenuti dai raid aerei della coalizione internazionale a guida statunitense. Bassam Ishak, presidente del Consiglio nazionale siriaco, fornisce le cifre: «Abbiamo verificato che sono almeno 150 le persone rapite». I sequestri sono avvenuti nei villaggi di Tel Shemiram e Tel Hermez, vicino alla città di Tel Tamer, teatro di combattimenti tra lo Stato islamico e le milizie curde Ypg, che il mese scorso hanno cacciato i jihadisti dalla città di Kobane.

Uno dei parenti dei sequestrati dice che l’Isis ha iniziato a uccidere alcuni ostaggi. Lo afferma Abdel Abdel, ingegnere agricolo fuggito cinque mesi fa, con la moglie e i due figli, e riparato a Beirut, rimasto in contatto con i parenti: «Hanno ucciso a colpi di arma da fuoco due delle persone rapite a Tal Hurmuz, tra cui un mio cugino di 65 anni». Abdel racconta che i jihadisti sono entrati a Tal Hurmuz e hanno sequestrato cinque persone.

Un'altra testimonianza arriva dall’archimandrita Emanuel Youkhana, del Christian Aid Program Nohadra-Iraq, citato dall'associazione «Aiuto alla Chiesa che soffre»: parla di «decine di famiglie» prelevate dalle abitazioni, di chiese saccheggiate e date alle fiamme, e di un ragazzo di 17 anni ucciso. Non è chiaro il movente dei sequestri collettivi. Secondo Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hasakah-Nisibi, i rapitori potrebbero chiedere il pagamento di riscatti o uno scambio di prigionieri con i loro nemici curdi, considerati dalla parte dei cristiani.

Le Chiese che nell’ottobre 2010 hanno partecipato al Sinodo speciale «La Chiesa cattolica in Medio Oriente» sono in maggioranza arabe o arabizzate, con tradizioni culturali, teologiche e liturgiche differenti: Chiesa Latina; Chiese cattoliche di cinque tradizioni: Alessandrina (Copta ed Etiopica); Antiochena (Siro-Malankarese, Maronita, Sira); Armena; Caldea o Siro-Orientale (Caldea e Siro-Malabarese); Bizantina o Costantinopolitana (tra cui la Greco-Melchita).

In Medio Oriente i cristiani rischiano un vero e proprio genocidio e «la situazione  continua a peggiorare vistosamente, senza che ci siano interventi concreti degli organismi internazionali». In Medio Oriente si muore per la propria fede e le proprie convinzioni religiose. Lo denuncia Amnesty International, la più antica organizzazione di difesa dei diritti umani, calpestati e misconosciuti ovunque. In 35 Paesi gruppi armati - il Califfato in Iraq-Siria, Boko Haram in Nigeria e Al Shabab in Somalia - hanno commesso inenarrabili crimini; in 18 Paesi sono stati perpetrati crimini di guerra; 62 governi hanno messo in carcere prigionieri di coscienza; in 131 Paesi vi sono stati maltrattamenti e torture; in 119 è stata limitata la libertà di espressione; in 93 si sono svolti processi iniqui.

Una panoramica dell'orrore e delle violazioni dei diritti umani in 160 Paesi. Il Rapporto annuale 2014-2015, un volume di 550 pagine edito da Castelvecchi, mette in evidenza la «vergognosa e inefficace risposta della comunità internazionale agli attacchi dei gruppi armati e alla repressione degli Stati», con milioni di persone vittime nella violenza e altre milioni di persone in fuga da guerre e carestia, da fame e violenza. Oltre 4 milioni di persone fuggite dalla Siria nei Paesi limitrofi. Un monito è rivolto all’Italia e all’Europa: si impegnino maggiormente per salvare vite umane nel Mediterraneo (3400 morti nel 2014), dopo la chiusura dell'operazione «Mare nostrum» e le promesse mancate.

Il 2014 si caratterizza – dice il rapporto - «per il numero di atrocità commesse dai gruppi armati, che utilizzano tattiche barbariche ma allo stesso tempo sanno usare bene i social media», afferma Antonio Marchesi, presidente di Amnesty international Italia, che sollecita le organizzazioni mondiali «ad agire con urgenza di fronte alla mutata natura dei conflitti e a proteggere i civili. C'è il timore che tra due anni la situazione possa peggiorare. Tra i rischi maggiori l'estensione di gruppi come Boko Haram, Isis e Al Shabab oltre i confini nazionali e il peggioramento della situazione dei rifugiati. Temiamo che la necessità di mantenere sicuro il mondo possa essere usata come pretesto per togliere libertà personali, creando un ambiente repressivo nel quale l'estremismo può crescere. Non vorremmo di nuovo soluzioni come i carceri di Guantanamo o di Abu Ghraib. Siamo di fronte a un clamoroso fallimento».

Amnesty descrive anche le violazioni degli Stati: torture e sparizioni forzate in Afghanistan; violenza da parte delle forze di sicurezza in Nigeria; pena di morte e legge sulla blasfemia in Pakistan; torture in Russia e Asia centrale; legislazione antiterrorismo usata per criminalizzare il diritto alla libertà d'espressione in Turchia. Amnesty chiede ai cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu di «rinunciare al diritto di veto nei casi di genocidio o altre atrocità di massa», alla comunità internazionale di «non rispondere al terrore dei gruppi armati con misure controproducenti» e ai Paesi ricchi di «fornire aiuti a chi fugge perché è inaccettabile fare finta di niente e volgersi dall'altra parte».

Amnesty è «fortemente delusa dalle mancate promesse del governo Renzi, che ha deciso di chiudere l'operazione "Mare nostrum", con la conseguenza di nuove, tragiche, morti in mare». L’Italia poi mostra una «generale indifferenza» in fatto di tutela dei diritti umani, perché non è stata in grado di tutelare i gruppi più vulnerabili, come rom, migranti, detenuti, le donne vittime di violenza. Nonostante il 75% delle persone salvate dall'operazione «Mare nostrum» fossero richiedenti asilo in fuga da guerre e violenze per cercare protezione, «l'Europa si è lavata le mani e ha offerto l'inutile “Operazione Triton”, che ha il mandato di pattugliare le zone costiere e non di salvare vite umane».

In Italia si assiste, inoltre, a un continuo uso di un linguaggio di incitazione all'odio e al razzismo da parte di alcuni politici, come la Lega, i Fratelli d’Italia e il Movimento Cinque Stelle. Così spesso c’è un uso sproporzionato della forza durante le manifestazioni, molti reati che rimangono impuniti, processi prescritti o cancellati, procedimenti insabbiati «perché – dice Amnesty - c'è un muro di omertà che protegge le forze dell'ordine: è come se esistesse un lato oscuro nell'apparato statale».

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