Colombia, il viaggio più difficile

Il primo viaggio del nuovo anno pastorale per papa Bergoglio

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Colombia, il viaggio più difficile

«Facciamo il primo passo» è il motto del viaggio di Papa Francesco in Colombia il 6-10 settembre 2017. Un chiaro invito a tutti i colombiani a fare il primo passo per costruire la pace con l’aiuto del Papa «missionario di riconciliazione». Dopo la catastrofica emergenza durata mezzo secolo dell’atroce guerra civile e i faticosi accordi di pace, il Paese latinoamericano sta affrontando la colossale emergenza umanitaria di migliaia di profughi che scappano dalla dittatura di Nicolás Maduro Moros nel confinante Venezuela.  

PROGRAMMA DEL 20° VIAGGIO INTERNAZIONALE – A ognuna delle quattro tappe del viaggio è affidato un tema. Mercoledì 6 il Papa arriva a Bogotá («Artigiani di pace») e visita il presidente Juan Manuel Santos; in Cattedrale incontra il comitato direttivo del Celam. Il 7 a Villavicencio sotto le Ande («Promotori della vita») Messa e beatificazione di due martiri: mons. Jesús Emilio Jaramillo vescovo di Arauca e il sacerdote Pedro María Ramírez Ramos. Poi l’incontro di preghiera per la riconciliazione con testimonianze degli ex guerriglieri e delle vittime. Il 9 a Medellin («Riconciliazione con Dio, con i colombiani, con la natura») Messa all’aeroporto; visita al «Hogar San José», casa di accoglienza per bambini; incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi. Domenica 10 a Cartagena («Dignità della persona e diritti umani») dove per quarant’anni è vissuto San Pietro Claver (1581-1654), missionario gesuita spagnolo che dedicò la vita a difendere le vittime della degradante tratta degli schiavi.

PACE DOPO 52 ANNI DI GUERRA CIVILE - A Cartagena de Indias un anno fa, il 27 settembre 2016, è stato firmato l’accordo tra governo e guerriglieri delle Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia-Ejército del Pueblo, Forze armate rivoluzionarie della Colombia-Esercito del popolo (Farc-Ep). La firma apposta dal presidente Juan Manuel Santos e da Rodrigo Londoño, il comandante «Timochenko». Tragiche le cifre della guerriglia: più di 220 mila morti, 45 mila scomparsi nel nulla, 7 milioni di sfollati senza casa, migliaia di bambini soldato, sequestri, estorsioni e il devastante narcotraffico. L’accordo si basa su 6 punti: giustizia per le vittime; accesso alla terra per i contadini; partecipazione politica degli ex guerriglieri; lotta al traffico di droga; disarmo degli ex ribelli; attuazione e monitoraggio dell'intesa. Alla firma era presente il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato perché ai negoziati la Santa Sede diede un contributo decisivo, come determinante fu la mediazione cubana durata quattro anni a l’Avana.

RISARCIRE LE VITTIME E REINTEGRARE GLI EX GUERRIGLIERI - La duplice sfida è indennizzare in qualche modo il popolo e reintegrare nella vita civile migliaia di miliziani, a cominciare dai bambini-soldato dei quali si occupano in particolare i Salesiani. Il presidente Juan Manuel Santos – al quale è stato attribuito il Premio Nobel per la pace – ripete spesso: «L'unico premio al quale aspiriamo è quello della pace con giustizia sociale, senza paramilitarismo, senza rappresaglie e senza menzogne». I guerriglieri inizialmente avevano motivazioni ideologiche e politiche (marxiste) e poi sono diventati solo dei terroristi ai quali il primitivo accordo assegnava consistenti benefici: 10 seggi nel Congresso, 31 stazioni radio, una rete televisiva. La gente ha bocciato con un referendum l’intesa, poi revisionata e approvata definitivamente.

LE ARMI CONSEGNATE AI DELEGATI DELL’ONU - Nei primi mesi del 2017 gli ultimi membri del più longevo gruppo di guerriglieri latinoamericani hanno compiuto a ritroso il cammino che dal 1964 li aveva spinti nella giungla e hanno smobilitato: entro il 30 giugno dovevano consegnare le armi, leggere e pesanti, ai delegati Onu. La Chiesa aiuta soprattutto le vittime e le famiglie. Le Farc si finanziavano con il narcotraffico e i sequestri di mariti e figli e poi chiedevano riscatti esorbitanti. Le famiglie pagavano e spesso ricevevano dei cadaveri. In questa situazione è evidente che servono verità e riparazione, perdono e riconciliazione.

I DISPERATI CHE FUGGONO DALLA DITTATURA DI MADURO – Quella dei profughi dal Venezuela è un’emergenza con numeri che fanno impallidire l’urgenza europea e italiana. Da Cúcuta, città al confine tra Colombia e Venezuela, ogni giorno transitano in fuga 50 mila venezuelani, soprattutto giovani e donne e possono portare solo una valigia. La Chiesa, attraverso la Caritas e la Pastorale sociale, è fortemente impegnata nell’accoglienza. Ma si crea un inevitabile conflitto: i colombiani cominciano a licenziare i connazionali per assumere i venezuelani perché li pagano la metà.

MONFERRINO L’APOSTOLO DEI LEBBROSI COLOMBIANI – A Cúcuta il 1° febbraio 1923 è morto un eroico piemontese, amico e apostolo dei lebbrosi colombiani. Don Luigi Variara, nato il 15 gennaio 1875 a Viarigi, provincia di Asti e diocesi di Casale Monferrato, sacerdote e missionario salesiano scelse di vivere tra i lebbrosi ad Agua de Dios e vi portò la gioia. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 14 aprile 2002, insieme al cooperatore salesiano Artemide Zatti e alla figlia di Maria Ausiliatrice, Maria Romero Meneses. Molto vivace è l’episcopato latinoamericano: le 22 Conferenze di 35 Paesi da Rio de Janeiro nel 1955 chiesero a Pio XII la fondazione di un Consiglio episcopale latinoamericano (Celam).  Sessant’anni fa Papa Pacelli con l’enciclica «Fidei donum» (21 aprile 1957) impresse una forte spinta all’evangelizzazione in America Latina e Africa con la straordinaria esperienza dei sacerdoti missionari «fidei donum». La II Conferenza Celam fu inaugurata da Paolo VI a Medellìn nell’agosto 1968 dopo l’enciclica «Populorum progressio» (26 marzo 1967). La III e la IV furono inaugurate da Giovanni Paolo II a Puebla de Los Angeles (Messico) nel gennaio 1979 e a Santo Domingo (Repubblica Dominicana) nell’ottobre 1992. La V da Benedetto XVI ad Aparecida in Brasile nel maggio 2007.

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