Chiesa e umanità

Dopo Firenze 205 riflessioni sulle sfida della comunità cristiana dei prossimi anni

Chiesa e umanità

Chi si attendeva da Firenze delle indicazioni precise sul cammino della Chiesa italiana per i prossimi anni è rimasto, probabilmente, deluso. Né si può sensatamente immaginare che nel prossimo futuro ci sia possibilità di elaborare tracce «chiare e distinte» che aiutino le comunità cristiane a fare scelte nette e condivise. E questo non perché il V Convegno ecclesiale abbia fallito lo scopo o si sia concentrato su aspetti periferici della vita ecclesiale italiana. Il tema scelto, quello del nuovo umanesimo in Cristo, allude al contrario ad un mutamento radicale che sta toccando la nostra cultura e con il quale le comunità cristiane si trovano e si troveranno inesorabilmente a dover fare i conti.

Si tratta del fatto che oggi è l'umano stesso ad essere sfidato e ad essere messo alla prova: da uno sviluppo tecno-scientifico che può trasformare il nostro modo tradizionale di essere uomini; dall'influsso che la finanza ha avuto e sta avendo sulle nostre vite; dalle disuguaglianze sociali sempre più evidenti e crescenti. Rispetto a sfide di questo genere, la Chiesa non può sognare di avere ricette facili e immediate. E non basta certo una settimana di riflessione comune a elaborarle!

L'esperienza di Firenze è stata, però, oltre modo significativa per quel che della vita della Chiesa vi si è espresso. Si è fatta ancora una volta l'esperienza di un papa che invita la Chiesa italiana ad uscire, senza paura, da certi modi stantii di abitare il mondo, ormai chiaramente inefficaci: ritornando ad essere una Chiesa all'altezza dei sentimenti di Gesù, di umiltà, di disinteresse e di gioia. Una Chiesa dove si ritorni a prendere speranza dal fatto di «camminare insieme», dove si viva un'esperienza di fraternità così intensa da permettere ai cristiani di dialogare francamente con chiunque, perché si sa scorgere sempre nel volto dell'altro il volto del fratello.

Occorre, infatti, sempre ricordare – ha detto Francesco – «che il fratello conta più delle posizioni che giudichiamo lontane dalle nostre pur autentiche certezze. È fratello». E questo invito, così franco, arioso e docile al soffio dello Spirito, ha trovato una grande corrispondenza nella parte più ampia dei delegati: come se il papa sapesse dar voce a quel che molti cristiani spontaneamente avvertono, sentono, desiderano.

Non sono stati casuali, in tal senso, gli intensi e ripetuti applausi che hanno scandito il discorso di Francesco. Così come non è certamente dovuto al caso il fatto che, in conclusione, uno degli applausi più prolungati e appassionati sia stato fatto alla memoria del cardinale Martini, con cui il dire e l'operare di Francesco è chiaramente in sintonia. Proprio per questo, da Firenze, si è ripartiti con una domanda, più che con una risposta: saprà la Chiesa italiana, anche nelle sue strutture, ridisegnarsi a partire da questo invito e desiderio di fraternità? Sarà capace di ritornare alla freschezza del Vangelo, di rimettersi ai piedi di Gesù umile, disinteressato, portatore della gioia?

Perché una cosa è certa: soltanto questo e niente altro, saprà dare alla Chiesa italiana, in questo tempo di crisi dell'umano, la possibilità di essere ancora «maestra di umanità». Il resto, come ha detto il papa, può essere teologia fatalmente ridotta ad ideologia. 

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