Bagnasco: La famiglia è “la Carta costituzionale della Chiesa”

La prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, all'Assemblea invernale

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Bagnasco: La famiglia è “la Carta costituzionale della Chiesa”

«Non solo crediamo che la famiglia è “la Carta costituzionale della Chiesa”, ma anche sogniamo un “Paese a dimensione familiare”, dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia». Lo dice il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella prolusione al Consiglio permanente Cei riunito a Roma nella sessione invernale del 25-27 gennaio 2016. Chiede che «mai venga meno l’identità propria e unica» dell’istituto familiare. Un intervento pochi giorni prima delle votazioni sul disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e prima del «Family Day» di sabato 30 gennaio al Circo Massimo di Roma. L’arcivescovo di Genova, che una settimana fa aveva appoggiato la manifestazione, appare preoccupato che l’episcopato sia trascinato nelle polemiche e nella mischia politica: «Ogni nostra parola, come sempre, vuole essere rispettosa dei ruoli».

Cita più volte Papa Francesco: «La famiglia è la Carta costituzionale della Chiesa» (catechesi all’udienza generale, 7 ottobre 2015); «Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione» (discorso alla Rota Romana, 22 gennaio 2016); «I bambini hanno diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico» (discorso al «Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna»17 novembre 2014).  

Un discorso molto articolato, quello di Bagnasco. Analizzando «l’eredità spirituale del convegno nazionale di Firenze» (9-13 novembre 2015 «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo») constata «L’attenzione alla famiglia, perché le sia conferita la centralità che le spetta sia nella Chiesa e sia nella società. Mai dobbiamo dimenticare l’identità propria della famiglia e la sua importanza per la stabilità e lo sviluppo economico del paese, nonché l’imprescindibile ruolo che riveste per l’educazione delle nuove generazioni». Parlando dell’Anno Santo della misericordia auspica che «sia una fonte perenne di conversione, rinnovamento e crescita in ogni attività ecclesiale e nella missione evangelizzatrice».

Un intero paragrafo è dedicato a «Lo scrigno della famiglia» che è da rilanciare perché «tesoro inesauribile e patrimonio universale»; va «tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti»: in sostanza bisogna «aiutare,  la nascita dei figli» come avviene in altri Paesi europei, tra i quali primeggia la laicissima Francia. L’indice di natalità è «un segnale decisivo per valutare lo stato di un Paese, e dovrebbe essere da tutti meglio considerato»: quello dell’Italia è bassissimo. Aggiunge Bagnasco: «Nel sentire comune della gente sempre più vengono a galla l’amore e la convinzione per cui la famiglia, come prevede la nostra Costituzione, è il fondamento e il centro del tessuto sociale, un punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore, dove uscire da sé per incontrare l’altro nella bellezza della complementarietà e della responsabilità di nuove vite da generare, amare e crescere».

Poiché l’articolo 39 della Costituzione sancisce: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», Bagnasco auspica che «mai venga meno l’identità propria e unica di questo istituto che, in quanto soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato». Non è la famiglia per la società e per lo Stato, ma la società e lo Stato sono «per la famiglia».

Parla di «acceso dibattito» di queste settimane e rammenta che «i Padri costituenti ci hanno consegnato un tesoro preciso, che tutti dobbiamo apprezzare e custodire come il patrimonio più caro e prezioso, coscienti che “non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”». In questo scrigno «vi è una punta di diamante: i figli. Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto a ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità». Hanno bisogno di respirare crescendo «con un papà e una mamma». A chi sui media parla e scrive di «divisioni e contrapposizioni all’interno dell’episcopato» risponde che i vescovi sognano «un Paese a dimensione di famiglia», dove «il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia». In sostanza non si può legiferare su certi diritti senza che vi siano equiparazioni di fatto. Giustizia è «vivere nella verità, riconoscendo le differenti situazioni per quello che sono».

Solo un accenno al Family Day senza mai nominarlo: «I credenti hanno il dovere e il diritto di partecipare al bene comune con serenità di cuore e spirito costruttivo, come ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II» nella «Gaudium et spes» (numero 43). Inviti precisi alla «serenità di cuore» e allo «spirito costruttivo»: è questo lo stile che la Cei si aspetta dalla manifestazione del 30 gennaio.

Di fronte alle «voci autorevoli circa la ripresa complessiva dell’economia», Bagnasco insiste da sempre: «Siamo quotidianamente testimoni che, nelle parrocchie e comunità, le ricadute sul piano concreto non si notano ancora». Parla di «umiliazione di giovani che bussano invano alla porta del lavoro e non riescono a farsi una famiglia»; cita gli adulti disoccupati che «da anni resistono grazie a lavori occasionali o alla provvidenza dei nonni»; parla di aumento della povertà e del disagio; rammenta gli ultimi dati Istat: «Oltre quattro milioni di persone nel nostro Paese vivono in condizione di povertà assoluta». E aggiunge: l’ultimo rilevamento della Caritas nel 2014, parla di «circa un milione e duecentomila persone aiutate dai Centri di ascolto delle comunità cristiane» e di «sei milioni e trecentomila pasti erogati dalle 353 mense della Caritas, a cui bisogna aggiungerne almeno altrettanti assicurati da parrocchie, istituti religiosi, associazioni varie». Tutto questo indicano «chiaramente l’esistenza di un vero e proprio disagio alimentare». 

Infine il presidente dice che l’emergenza migranti e rifugiati in fuga da guerre, violenze, povertà e disastri ambientali, «non deve provocare l’assuefazione nell’opinione pubblica mondiale»; sulle tracce di Papa Francesco, chiede di non «rassegnarsi a una cultura dell’indifferenza» perché c’è «una singolare differenza di reazione emotiva e politica rispetto a morti e vittime, quasi che la loro dignità dipendesse da classi o caste diverse a seconda dei Paesi di provenienza!». Europa e Onu «devono farsi carico della responsabilità di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni». 

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