Unione Europea: la Germania e la politica del possibile

Il governo della Merkel e la crisi tedesca

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Unione Europea: la Germania e la politica del possibile

E’ passato poco tempo da quando gli europei si dividevano tra quelli che la Germania l’ammiravano e quelli che la temevano, ma, tutti insieme, stregati da una Paese che era stato capace di ricostruirsi rapidamente da una guerra che l’aveva messa in ginocchio e da sanzioni che l’avevano punita severamente per le sue responsabilità.

Torno’ a sorprendere ancora all’indomani della caduta del Muro di Berlino quando riusci’ a condurre in porto una unificazione certamente non facile, anche se le fu di aiuto la solidarietà dell’Unione Europea. Un’ultima sorpresa la riservo’ ancora recentemente Angela Merkel aprendo le porte del Paese a importanti flussi migratori provenienti in particolare dalla Siria in guerra. E forse fu proprio quella decisione a procurare all’Europa un’altra sorpresa, quella delineatasi già a settembre con un risultato elettorale che puniva la generosità della Cancelliera e annunciava giorni difficili per la formazione del nuovo governo.

Sono passati oltre due mesi da quel giorno e la formazione del governo resta in alto mare, nonostante l’abilità che Angela Merkel aveva dimostrato in dodici anni di regno nel governare e  tenere a rispettosa distanza i suoi alleati, al punto di espellere i liberali dal Parlamento nella precedente legislatura e di fiaccare come non mai i socialdemocratici di Martin Schulz, usciti malconci dalle ultime elezioni con il peggiore risultato del dopo-guerra, inducendoli a decidere precipitosamente, la sera stessa del voto, di passare  all’opposizione.

La conseguenza é stata per la Merkel quella di dover comporre una maggioranza di troppi colori diversi, nel tentativo disperato di mettere d’accordo i due partiti conservatori, che l’avevano sostenuta già con qualche riserva, i Verdi che la incalzavano alla sua sinistra e i liberali, scatenati alla sua destra e poco disponibili a compromessi sul fisco, l’accoglienza dei migranti, la fuoruscita dal nucleare e il rilancio del processo di integrazione europea,  temi che stavano invece a cuore ai Verdi.

Troppe le distanze tra la Merkel e i liberali che, alla fine, hanno rotto la trattativa contribuendo all’apertura di una crisi inedita, una sorpresa che preoccupa non solo la Germania, ma anche l’Europa e, in particolare, la Francia di Emmanuel Macron che molto contava su Angela Merkel per rilanciare il progetto europeo.

Ma proprio questo bisogno di “più Europa”, insieme con altre considerazioni di politica interna, ha portato al tavolo della trattativa il Partito socialdemocratico (SPD) e potrà consentire alla Merkel di tornare a formare un governo o di “Grande coalizione” con il Partito di Martin Schulz o con un suo sostegno esterno nel caso che l’intesa dovesse limitarsi ai Verdi, pur di evitare traumatiche e inutili elezioni anticipate.

Ci vorrà probabilmente ancora tempo per avere un governo a Berlino: i socialdemocratici dovranno rivedere le loro strategie e potranno farlo nel loro congresso ai primi giorni di dicembre. C’é da aspettarsi che siano tentati di alzare il prezzo per consentire la formazione del governo, ma sanno anche che non ricaverebbero molto da nuove elezioni che rischierebbero di dare fiato all’estrema destra uscita con un rotondo 13% nel voto di settembre.

Dall’Italia, anch’essa alla vigilia di difficili elezioni politiche, molti guardano alla Germania come a un fenomeno diffuso in Europa, dove “grandi coalizioni” sembrano essere la strada obbligata per arginare movimenti nazional-populisti che, proprio da queste alleanze, sembrano pero’ ricavare spunti per progredire nel consenso degli elettori. Qualcuno comincia a pensare che le nostre stanche democrazie, prive di partiti forti con progetti credibili, finiscano preda di movimenti di protesta senza capacità di proposta e tuttavia in grado di mobilitare un elettorato deluso, non solo dei “politici” ma della “politica”, quell’antica “arte del possibile” con il suo non sempre esaltante corteo di compromessi che, da sempre, alimenta le nostre democrazie.       

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