Metti una sera a cena in carcere...

Inaugurato Liberamensa, il ristorante gestito dalla cooperativa Ecosol che opera all'interno del carcere delle Vallette: 16 detenuti cucinano e servono ai tavoli, menù degustazione a 30 euro il venerdì e il sabato sera dalle 20 prenotando al n° 345.8784980

Parole chiave: vallette (3), ristorante (1), carcere (21), chiesa (665), lavoro (167), detenuti (8), torino (730)
Metti una sera a cena in carcere...

«Per me è importante essere stato scelto come cameriere perché vivo questa opportunità  come una prova generale per quando lavorerò fuori dal carcere: questo è un ristorante vero, siamo sul mercato e dobbiamo dare il massimo». Roberto è uno dei detenuti della Casa Circondariale «Lorusso e Cutugno» in organico nel ristorante «Liberamensa», inaugurato nei giorni scorsi all’interno del penitenziario torinese delle Vallette, in via  Adelaide Aglietta 35, e aperto al pubblico tutti i venerdì e i sabato sera. Un’iniziativa che ha come obiettivo avvicinare il carcere alla città e favorire i progetti di inserimento lavorativo dei reclusi offrendo ai torinesi l’esperienza di  una cena «dietro le sbarre». Con Roberto a «Liberamensa»  sono impegnati, sia nella preparazione dei piatti che nel servizio ai tavoli,  16 detenuti, italiani e stranieri, occupati nella cooperativa sociale Ecosol che opera da anni all’interno dell’Istituto di pena con progetti di formazione professionale nelle carceri del Piemonte. Il locale, con 50 coperti e a cui si può accedere tra le 20 e le 20.30 previa prenotazione (al 345.8784980) ed esibizione di un documento all’ingresso del carcere, è il secondo aperto  in Italia dopo quello all’interno del carcere di Bollate – come ci ha spiegato  Luigi Pagano, provveditore regionale delle carceri di Piemonte, Liguria e Lombardia intervenuto all’inaugurazione: «La nostra speranza è che sull’esempio di Torino e Milano questo modello possa essere replicato in altri istituti d’Italia perché il tempo della detenzione possa diventare un’occasione per rimotivarsi e acquisire competenze».

I numerosi intervenuti hanno potuto assaggiare in anteprima alcune specialità preparate al momento dai detenuti addetti nell’attrezzata cucina e che si potranno assaporare nel menù degustazione (costo 30 euro bevande escluse) e che varierà di settimana in settimana.

«Abbiamo posto molta attenzione alla scelta delle materie prime: pane, pasta fresca, verdure, zafferano, erbe aromatiche ed altri ingredienti  che verranno serviti  - ha specificato Piero Parente, presidente di Ecosol, aderende a Confcooperative - provengono da laboratori interni all’Istituto di pena e da prodotti di economia carceraria come il pane e i dolci della panetteria ‘Farina del nel sacco’ di via Massena o collegati a percorsi di legalità. Ci auguriamo che con il passaparola i torinesi vincano le riserve a gustare una cena in carcere e permettano al nostro ristorante si essere competitivo e soprattutto un luogo accogliente e dove si mangia bene».   

 Il progetto, fortemente voluto dal direttore della Casa Circondariale Domenico Minervini è stato realizzato grazie al contributo della Compagnia di San Paolo e dallo studio degli architetti  Andrea Marcante e Adelaide Testa che, oltre a donare il progetto architettonico, hanno coinvolto numerosi sponsor per la ristrutturazione dei locali all’interno del penitenziario, cercando di valorizzare alcune caratteristiche del luogo: le finestre del ristorante, per esempio, hanno mantenuto  le sbarre ma sono «addolcite» da vetri cattedrale colorati. «L’idea di aprire al pubblico un ristorante dentro il carcere in cui lavorano i detenuti parte dalla convinzione che gli Istituti di pena sono parte della città  - sottolinea Monica Cristina Gallo, garante del Comune di Torino per i detenuti - solo così chi sconta la propria pena  - grazie anche alle opportunità formative e professionali – può pensare al reinserimento. I torinesi che verranno a cena qui troveranno un ambiente curato e cibo competitivo con la ristorazione di ‘fuori’ ma solo il fatto di stare dietro le sbarre li avvicinerà al mondo carcerario. Auspichiamo che questo esercizio possa diventare anche luogo in cui i congiunti in visita ai parenti reclusi possano mangiare insieme sperimentando i ‘colloqui gastronomici’ come accade in altre carcere d’Europa».

Per ora come ha spiegato il direttore Minervini, «Liberamensa» viene aperto al pubblico due sere la settimana - e si è già registrato il tutto esaurito - mentre negli altri giorni è accessibile solo al personale carcerario e agli agenti. «La speranza è che questa esperienza pilota venga estesa ad altri detenuti: al momento sono 230, su 1300 residenti,  i reclusi che al ‘Lorusso e Cotugno’ lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria: ma il problema  è dare qualità professionale al loro lavoro perché diventi una reale prospettiva di occupazione una volta ‘fuori’».

Il direttore aggiunge che il ristorante è una scommessa che ha bisogno del sostegno dei torinesi per poter rimanere sul mercato: «I luoghi della detenzione hanno bisogno di uscire dal degrado in cui versano sia per i detenuti che per chi ci lavora, nel nostro carcere mille dipendenti. Il carcere deve diventare un posto dove si vive dignitosamente, dove anche i locali sono dignitosi come questo ristorante pur non dimenticando che diamo in un istituto di pena. La riqualificazione delle strutture carcerarie richiede molti investimenti ma è necessaria perché il tempo della pena non acuisca disagio ed emarginazione.  Per questo ci auguriamo  che questo progetto possa essere contagioso».

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo