I giovani oggi tra fede e ateismo

L'ultima ricerca sulla generazione del 2000: indifferenza, spiritualità e rifiuto di Dio

Parole chiave: giovani (205), fede (42), ateismo (1), indifferenza (8), spiritualità (14)
I giovani oggi tra fede e ateismo

Mancano poche settimane alla XXXI Giornata Mondiale della Gioventù in cui migliaia di giovani da tutto il mondo convergeranno a Cracovia, nella terra di San Giovanni Paolo II  che ne fu il promotore. Milioni negli anni i giovani che di quegli incontri serbano un ricordo positivo: per molti una tappa di conversione, per altri una riscoperta della fede, per altri ancora una esperienza di amicizia e relazione in un contesto di fede oggi ormai lontano. Ne abbiamo parlato con il sociologo Franco Garelli che per il Mulino ha curato «Piccoli atei crescono. È  Davvero una generazione senza Dio?»: una nuova ricerca, pubblicata nei giorni scorsi, che affronta proprio il rapporto che oggi i giovani stabiliscono con la religione.

«Innanzitutto – spiega Garelli – rispetto alla Giornata Mondiale della Gioventù bisogna dire che riguarda una porzione ristretta di giovani, uno spicchio della popolazione giovanile già inserito negli ambienti ecclesiali, grazie alle famiglie o a percorsi associativi che li hanno educati, che ritroverà in questa occasione un momento di fermento, un confronto internazionale positivo: sarà come la ciliegina sulla torta che sicuramente sortirà effetti benefici». Oltre ai giovani che si recheranno a Cracovia però ci saranno anche quanti  verranno raggiunti dalla risonanza mediatica dell’appuntamento, una risonanza legata in particolare alla figura di Papa Francesco… «Su questo aspetto – spiega - bisogna dire che oggi i giovani sono sottoposti davvero a moltissimi messaggi, così o si tratta di esperienze che vivono in prima persona o difficilmente ne resteranno condizionati. Questo Papa attrae molto i giovani che non appartengono agli ambienti ecclesiali: vedono in lui il volto di una Chiesa in ricerca, più madre che giudice, e per coloro che hanno messo la dimensione di fede in ‘stand by’ il suo carisma può rappresentare uno stimolo a riattivarsi». Ed è proprio il popolo dei giovani atei, agnostici o indifferenti alla religione che l’indagine di Garelli ha fotografato evidenziandone le caratteristiche e i cambiamenti rispetto al passato.

COPERTINA LIBRO GARELLI

«Abbiamo interpellato – spiega - quasi millecinquecento ragazzi rappresentativi delle varie aree del paese e una delle cose più rilevanti che è emersa è che in Italia i giovani che si dichiarano non credenti sono poco meno del 30% che è una percentuale ancora inferiore a quella di altri stati europei, ma è più alta rispetto al passato. Si assiste dunque a un incremento di atei e agnostici che però non lo sono ‘per nascita’ ma lo diventano, anche se nella loro storia hanno vissuto esperienze positive in parrocchia, in movimenti, in famiglia. Non hanno alla base una socializzazione negativa o un confronto problematico su certi temi, sembra piuttosto che non avvertano più la necessità del trascendente». 

Non mancano dunque anche tra gli atei i ricordi positivi che forse incidono su un altro interessante aspetto messo in luce dall’indagine: il pluralismo nel modo di porsi rispetto alla fede. «Avere idee diverse rispetto alla fede – prosegue – non è ritenuto problematico, il credere o meno non è un elemento in base al quale un giovane viene discriminato, stigmatizzato: siamo di fronte a una generazione post-ideologica. Fa riflettere ad esempio il fatto che molti giovani che si dichiarano non credenti ritengano plausibile credere in Dio anche nella società contemporanea, negando quindi l'assunto che la modernità avanzata sia la tomba della religione e al tempo stesso  molti dei credenti sono consapevoli di quanto sia plausibile non credere di fronte alle difficoltà che si incontrano».

Rispetto e pluralismo verso la scelta individuale, ma risulta incisiva invece la critica alla Chiesa per come viene filtrata dai media. «Il dato interessante  - prosegue – è che c’è attenzione: le risposte alle domande ‘cosa accetti o cosa rifiuti della religione’ sono state prese seriamente in considerazione anche da chi si dichiara non credente. Molti citano come esperienze positive gli oratori, sacerdoti ‘famosi’ come don Ciotti o don Gallo, ma anche il prete conosciuto in parrocchia, mentre la pedofilia, la ricchezza sono individuate come il male, ma più per conoscenza che li sovrasta che per esperienza diretta. E questa è una ambivalenza interessante, conta il positivo sperimentato ma allo stesso tempo pesa il negativo dell’opinione pubblica».

E la famiglia? Dalla ricerca resta un elemento chiave per la trasmissione della fede: in chi si dichiara credente infatti ha avuto un peso determinante «bisogna far attenzione – conclude – non è la famiglia che manda i ragazzi all’oratorio, all'estate ragazzi, è la famiglia che li accompagna che condivide l’esperienza religiosa. Oggi i giovani hanno tanti punti di riferimento, anche se non sono ancorati da grandi prospettive durature, sono comunque la generazione degli Erasmus, delle start up, sono una generazione alla ricerca e che ha bisogno dell’esperienza più che della teoria».

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