I Rom a tavola con papa Francesco

Durante la prossima visita apostolica di papa Francesco a Torino, il prossimo 21 giugno, a pranzo con lui è stata invitata anche una famiglia Rom. Carla Osella, torinese, da oltre 40 anni impegnata nell'accoglienza dei nomadi, fondatrice e presidente dell'Aizo (Associazione italiana zingari oggi) parla del difficile (ma possibile) cammino di integrazione con una popolazione considerata «scarto» della nostra società    

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I Rom a tavola con papa Francesco

Non si stupisce più di tanto Carla Osella per la recrudescenza – amplificata da certi media – dell’insofferenza diffusa nei confronti dei Rom. Le parole del leader della Lega Matteo Salvini («I campi rom? Vanno rasi al suolo») hanno rinfocolato «uno dei temi classici da campagna elettorale delle solite forze politiche». «Soprattutto noi cristiani, prima di condannare – commenta Osella, presidente e fondatrice dell’Aizo, l’Associazione italiana zingari oggi che ha sede a Torino – non dimentichiamoci che sulla Croce accanto a Gesù sono stati crocifissi due ladri e che uno dei due, pentitosi, è stato portato con il Signore in Paradiso il giorno stesso».

Dagli anni ’70 Carla Osella vive accanto ai nomadi cercando strade di integrazione anche con la comunità ecclesiale. Religiosa dell’Istituto delle figlie di sant’Angela Merici, sociologa, più volte minacciata per la sua opera accanto ai Rom, non ha mai nascosto le difficoltà del cammino accanto alle popolazioni nomadi ma è certa «che solo con la conoscenza reciproca si vince la discriminazione. Il razzismo non è un’opinione, è un reato perseguibile dalla legge – prosegue -  per questo a seguito delle parole pronunciate da Salvini come associazione stiamo pensando di costituirci parte civile per cercare di arginare la deriva di intolleranza che sta incendiando gli animi proprio nei giorni in cui si celebra la giornata internazionale dei rom e sinti». Conoscere prima di giudicare: anche questo è l’obiettivo della Giornata celebrata l’8 aprile scorso, come ha anche sottolineato papa Francesco. Durante la sua visita a Torino, il 21 giugno prossimo, il Papa ha invitato a pranzo con lui, oltre ai ragazzi detenuti del carcere minorile torinese «Ferrante Aporti», a una rappresentanza di immigrati e senza fissa dimora, anche una famiglia Rom. Detenuti, profughi, clochard e Rom, perché categorie considerate anche a Torino «scarti» della società ma a cui la Chiesa da sempre offre un’attenzione particolare. Tanto che mons. Cesare Nosiglia nel 2012 ha dedicato ai Rom una lettera pastorale sulla scorta delle numerose visite ai campi nomadi organizzati con il sostegno dell’Aizo (nella foto con Carla Osella al campo torinese dell'Arrivore). «Oggi con tutta l’intolleranza contro i Rom – continua Osella - pare strano venga dedicata una giornata internazionale a loro. Tutto è nato alcuni decenni fa per ricordare il primo Congresso Mondiale dei Rom che si tenne l’8 aprile del 1971 a Londra dove è nata la Romani Union, l’Associazione mondiale dei Rom. Un convegno importante: i partecipanti decisero che un primo passo per essere riconosciuti era avere una bandiera che rappresentasse i Rom come ogni nazione, anche se sono un popolo senza territorio».

La bandiera Rom ben esprime le caratteristiche di un popolo che molti definiscono «figli del vento»: la parte azzurra rappresenta il cielo e quella verde i prati. Al centro una ruota rossa a sedici raggi come nella bandiera indiana: «ricorda la patria d’origine di questo popolo – continua Osella - L’inno ‘Gelem Gelem’ (‘Andiamo andiamo’) è stato scritto dopo l’ultima guerra da Zarko Jovanovic: in ‘romanse’, la lingua Rom, racconta di un popolo che viveva felice finchè la legione nera (i nazisti) lo ha decimato, un modo per ricordare lo sterminio di 500 mila rom e sinti nei lager».

Una bandiera, un inno per dire al mondo che la nazione Rom esiste. «Grazie al Congresso di Londra, il 29 marzo 1993 una delegazione guidata dal presidente Rajko Djuric, si recò al quartier generale dell’Onu per richiedere di essere riconosciuta come organizzazione non governativa presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite». Da allora l’8 aprile si richiama l’attenzione su un popolo che più di altri è tenuto ai margini. Questa giornata e l’attenzione che da sempre richiama papa Francesco per questa gente dovrebbe aiutare – soprattutto la comunità ecclesiale - a guardare con occhio di simpatia i Rom, in modo da alleggerire la coltre di indifferenza e discriminazione che ammanta questo popolo. In Italia la situazione dei Rom è problematica: per molti di loro l’assenza di documenti persiste sebbene siano presenti sul territorio italiano dagli anni ’70. Inoltre le condizioni di vita sono peggiorate per l’arrivo in massa di famiglie Rom provenienti dalla Romania. Una vita di emarginazione trascorsa nei campi sosta, situati spesso ai margini delle città e in condizioni di forte degrado aggravato da un tasso di disoccupazione altissimo. Ma non tutto è negativo: in Italia e a Torino ci sono Rom che, grazie agli interventi di integrazione, hanno ricevuto un’istruzione e hanno deciso di rimboccarsi le maniche aprendo una piccola attività, un negozio,   un’azienda artigiana. Altri invece sono diventati mediatori culturali o agricoltori: 50 famiglie che abbiamo seguito e a cui è stato affidato un appezzamento di terreno hanno lasciato i campi grazie alle attività agricole».

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