Famiglie in prestito

Presentato un libro di storie torinesi di affidamento: protagonisti gli operatori che si occupano di trovare una famiglia che accolga temporaneamente i minori in difficoltà, 700 a Torino nel 2015. Durante l'incontro è stato lanciato un sos: la riforma del Tribunale della famiglia in discussione alla Camera minaccia di cancellare la giustizia minorile: il 6 maggio un convegno a Torino  

Famiglie in prestito

«Dovete spostarla da lì. Sappiamo che i genitori vogliono rapirla, c’è un piano. Non può più stare nella famiglia affidataria un giorno di più. Dobbiamo trovare una comunità subito». «Possibile che mi abbiate lasciato in una famiglia simile per tutti questi anni? Hanno già un sacco di problemi quei due, persino con i loro figli e i loro cani…Altro che famiglia affidataria! Possibile che tu e l’assistente sociale non me ne abbiate trovata una migliore?».

Sono «le storie di affido» di Giorgia e di Mauro, ragazzini che per motivi diversi hanno bisogno per un periodo di una «famiglia in prestito» perché la loro non ce la fa: sono grida di dolore ma anche squarci di speranza raccolte in un volumetto pubblicato dal Comune di Torino e curato da Mattia Garofalo della Scuola Holden. È stato presentato giovedì 20 aprile scorso alla presenza tra gli altri del vicesindaco Elide Tisi, del presidente del Tribunale per i Minorenni, Stefano Scovazzo, del procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta, Anna Maria Baldelli e dei direttori generali delle Asl cittadine. Le hanno scritte educatori, psicologi, giudici minorili, assistenti sociali e volontari che in modi diversi affiancano e sostengono i bambini e le famiglie affidatarie torinesi: «La responsabilità delle aspettative» il titolo dell’opuscolo, il secondo di un progetto (lo scorso anno le voci narranti erano le famiglie) che – con il sostegno dell’Educatorio della Provvidenza e della Fondazione Crt, mira a diffondere la cultura dell’accoglienza.

Ne sanno qualcosa alla Casa dell’affido di Torino istituita dal Comune nel 1976 ben prima della legge n° 184 del 1983, che ha normato l'affidamento e l'adozione a livello nazionale. La Casa, oltre ad seguire gli affidamenti di minori nelle famiglie, si occupa di trovare famiglie affidatarie anche per mamme e bambini a rischio o nuclei che temporaneamente hanno bisogno di sostegno. E molte di loro con i loro figli affidatari erano presenti giovedì scorso nella sede della Scuola Holden in piazza Borgo Dora dove, con l’aiuto dell’attrice Caterina Vertova, hanno animato alcune scene tratte dall’album «Storie di affido a fumetti» disegnate con l’aiuto di vignettisti professionisti da un gruppo di ragazzi che hanno vissuto l’esperienza dell’affido. 

A Torino, nel 2015, sono stati più di 700 i minori affidati e oltre duecento le famiglie coinvolte - è stato sottolineato dal vicesindaco - Per i più piccoli il Progetto Neonati (accoglienza bambini 0-2 anni con situazione di incertezza familiare, in attesa della definizione del loro progetto di vita da parte del Tribunale dei Minorenni) e il Progetto Cicogna (neonati non riconosciuti inseriti in famiglie ponte per il passaggio alla famiglia adottiva) con una trentina di affidamenti lo scorso anno. Ci sono poi gli affidi a parenti, affidi a rischio giuridico e gli affidi mamma-bambino. Una rete di solidarietà che fa’ della nostra città pioniera nel sensibilizzare alla «genitorialità sociale»: accogliere un bambino temporaneamente in famiglia sapendo che tra tre mesi o tra tre anni se ne andrà è un gesto di servizio alla società civile, un dovere di cittadinanza: tutti potremmo avere bisogno prima o poi di una stampella per sopravvivere. L’affidamento è esattamente questo, un rifugio in attesa che la tempesta passi. 

Per questo è importante che se ne parli perché, a differenza dell’adozione che è un impegno a diventare genitori per tutta la vita e per questo la legge richiede requisiti ben precisi, genitore affidatario possono diventarlo tutte le famiglie, le coppie e le singole persone che si sentono disponibili a vivere un’esperienza di genitorialità sociale e che hanno nella propria vita e nella propria casa lo spazio per accogliere temporaneamente un’altra persona.

Un istituto che funziona quello dell’affidamento e che permette ai ragazzi in difficoltà per situazioni famigliari lacerate o per disabilità di non finire in comunità ma di essere accolti in una famiglia supplente finché è necessario. «Perché – come ha sottolineato il procuratore Anna Maria Baldelli – il ricongiungimento con la famiglia d’origine per quanto problematica deve rimanere il nostro obiettivo primario e l’affidamento nella maggior parte dei casi è la soluzione meno traumatica». Per questo motivo - ha ribadito il Procuratore - è importante che  il progetto di riforma della Giustizia minorile in discussione alla Camera - che prevede l’accorpamento di Tribunali e Procure minorili alla giustizia ordinaria – venga fermato. «La giustizia minorile – a cui attiene anche la gestione di centinaia di migliaia di bambini in difficoltà o abbandonati per i quali si svolgono procedimenti civili, pratiche di adozione, tutela, affidamento, revoca della potestà genitoriale, affidi in caso di separazione o divorzio – è un ordinamento totalmente diverso dalla giustizia ordinaria, a partire dalla competenze dei giudici che se ne occupano».

 Giustizia minorile: un convegno

E proprio su questi temi «Giustizia minorile a rischio? Idee a confronto sul progetto di riforma della giustizia civile» il  6 maggio dalle 15 presso la Sala lauree blu – Campus Luigi Einaudi in Lungo Dora Siena 100/A. Ai lavori, presieduti da Laura Scomparin, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, intervengono tra gli altri, Stefano Scovazzo, presidente del Tribunale per i minorenni di Piemonte e Valle D’Aosta e Camillo Losana presidente emerito e Anna Maria Baldelli, procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Piemonte e Valle D’Aosta  

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