Carcere: bambini figli di detenuti, una realtà concreta da tutelare

È stato rinnovato martedì 6 settembre il  protocollo che riconosce la continuità del legame affettivo con il genitore in carcere. Firmato per la prima volta nel 2014, il protocollo è un documento che si occupa della presenza del bambino in carcere e del rapporto con il genitore detenuto

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Carcere: bambini figli di detenuti, una realtà concreta da tutelare

La “Carta dei figli di genitori detenuti” è stata sottoscritta dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dal garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, Filomena Albano, e dalla presidente dell’associazione "Bambinisenzasbarre", Lia Sacerdote.  Così facendo, ne hanno garantito il rinnovo per altri due anni.

Il protocollo prevede: la tutela dell’interesse superiore del minore, a cui deve essere garantito il mantenimento del rapporto con il genitore detenuto, in un legame affettivo continuativo, riconoscendo a quest’ultimo il diritto/dovere di esercitare il proprio ruolo genitoriale; la promozione di interventi e provvedimenti normativi che regolino questa relazione, contribuendo alla rimozione di discriminazioni e pregiudizi attraverso la creazione di un processo di integrazione socio-culturale; l’agevolazione e il sostegno dei minori nei rapporti con il genitore detenuto. Il nuovo protocollo ritiene necessaria l’offerta di percorsi di sostegno alla genitorialità sia alle madri sia ai padri sottoposti a restrizione della libertà personale. Vi è stato inoltre un incremento considerevole degli spazi dedicati ai bambini: sale d’attesa, sale per i colloqui e ludoteche.

I bambini in Italia che ‘frequentano’ il carcere avendo un genitore recluso sono tra gli 80mila e i 100mila, bisogna perciò tutelarli e non considerarli come visitatori ‘invisibili’. Per questo motivo, per esempio, è stata prevista anche la possibilità per i figli di avere accanto il papà o la mamma nei momenti più significativi, come compleanni, il primo giorno di scuola, diplomi, recite, celebrazioni religiose.

Negli ultimi due anni, precisa Lia Sacerdote, la presidente di “Bambinisenzasbarre”, “sono stati concessi dai magistrati dei permessi, ma finora è stato un aspetto marginale. Il ministero della Giustizia ha promosso gli Stati generali dell’esecuzione penale, conclusi ad aprile 2016: il nostro protocollo è stato recepito come un documento base”. La questione, sottolinea, “non è un problema di buoni sentimenti. I figli dei detenuti sono sottoposti a un’emarginazione sociale solo proprio per essere figli di persone in carcere. La visibilità e la forza di una carta dà loro un riconoscimento non solo in quanto vittime, ma anche in quanto soggetti”.

Ma c’è ancora molta strada da percorrere per migliorare la situazione. Sicuramente questa Carta è un esempio positivo, come dice la vice presidente di Children of Prisoners Europe Viviane Schekter, poiché sancisce il diritto dei bambini ad andare in carcere dai genitori detenuti.L’Italia in questo caso rompe gli schemi, rivelandosi all’avanguardia e in prima linea per la difesa e tutela dei diritti dei bambini.

Fonte: Sir
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