Aleppo, prove di ripartenza. I cristiani locali impegnati nella ricostruzione non solo delle case ma sopratutto delle persone

A sei mesi dalla fine dei combattimenti e a pochi giorni dall'annuncio della sua liberazione dallo Stato Islamico, Aleppo, città martire siriana ridotta in gran parte in macerie, prova a ripartire

AFP PHOTO / JOSEPH EID

A sei mesi dalla fine dei combattimenti e a pochi giorni dall'annuncio della sua liberazione dallo Stato Islamico, Aleppo, città martire siriana ridotta in gran parte in macerie, prova a ripartire. Davanti alla popolazione tante sfide, innanzitutto quella della ricostruzione materiale e morale. L'opera delle comunità cristiane locali nella testimonianza dell'arcivescovo greco-cattolico, mons. Jean-Clement Jeanbart

I combattimenti veri e propri sono cessati poco più di sei mesi fa ma la notizia della sua liberazione è arrivata solo lo scorso 6 luglio, a ridosso di quella di un’altra città martire, quella irachena di Mosul. L’annuncio della liberazione di Aleppo, in Siria, è giunto dal ministero degli Esteri russo che ha comunicato di averla liberata “totalmente” dai miliziani dello Stato Islamico. In città, intanto, la popolazione cerca di riprendere la vita normale ma le sfide da affrontare sono tante. La ricostruzione, innanzitutto. Oggi tra gli abitanti di Aleppo si stima che “il 70% delle famiglie sia senza tetto e senza rifugio”. La città è semidistrutta, da ricostruire non sono solo le case, ma anche strade, scuole, ospedali. Va garantita l’erogazione di acqua e di energia elettrica, oggi fornita solo per poche ore al giorno. Poi il lavoro. Aleppo era il cuore economico della Siria poiché forniva il 60% della produzione industriale del Paese prima del conflitto. Un tempo ospitava 4 milioni di abitanti, oggi 1,4 milioni. Molte fabbriche e botteghe sono state chiuse o andate distrutte e, con esse, tanti posti di lavoro.

“Voglia di vivere”. “Nonostante ciò, ad Aleppo la gente ha voglia di vivere e cerca di ripartire” dice al Sir l’arcivescovo greco-cattolico della città, monsignor Jean-Clement Jeanbart. “Le comunità cristiane locali sono presenti e attive per sostenere gli sforzi di chi continua ad amare questa città martire”. Nei giorni scorsi, per esempio, la parrocchia latina di san Francesco, nel quartiere di Azizieh, ha lanciato un centro estivo della durata di due mesi cui partecipano 860 tra bambini e ragazzi. Perché tra le sfide più grandi per Aleppo vi è, anche, “la ricostruzione della persona, corpo, mente e spirito e del suo senso di appartenenza alla comunità”.

Molto attiva è anche la comunità greco-cattolica con una serie di iniziative che, dopo la fine dei combattimenti, stanno riprendendo vigore. Come il Centro di formazione professionale. Bambini di Aleppo che giocano “I nostri allievi – dice mons. Jeanbart – sono in continuo aumento. Questo ci dona la speranza concreta che i giovani possano trovare presto, già nei prossimi mesi e forse settimane, degli impieghi nell’ambito della ricostruzione”. Stesso discorso per il Centro medico che, spiega il presule, “offre con regolarità visite mediche gratuite, per dodici specializzazioni, tra cui anche cure dentali, a centinaia di pazienti”. Altro servizio è il Centro commerciale solidale. “Lo abbiamo inaugurato solo pochi mesi fa – rivela mons. Jeanbart -. A ogni famiglia bisognosa viene dato un voucher per acquistare a prezzi di favore prodotti alimentari e non. Nel centro hanno trovato occupazione una dozzina di persone”. Ma è soprattutto nel campo scolastico che arrivano le notizie migliori.

 

“Agli esami di fine anno i nostri istituti hanno conseguito ottimi risultati – dichiara l’arcivescovo – e nella scuola Amal, tre dei nostri alunni si sono classificati tra i primi sei maturati della città di Aleppo. La guerra non deve impedirci di migliorare la qualità della nostra istruzione”. Per dare seguito a queste parole sono stati organizzati per il periodo estivo corsi di educazione civica e di lingue, frequentati da oltre 120 studenti. Altre centinaia di giovani stanno partecipando ai campi estivi organizzati in montagna.

“Aleppo ti aspetta”. Ma sono due i progetti cui l’arcivescovo tiene in particolare anche perché, afferma, sono quelli che cercano di rispondere concretamente, da un lato, al desiderio di chi vuole restare ad Aleppo, dall’altro, di chi intende farvi ritorno, dopo essere andato via come sfollato per la guerra.     “Costruire per restare”: è il primo di questi programmi sociali. I numeri sono importanti. “Fino ad oggi – spiega mons. Jeanbart – abbiamo restaurato oltre 500 abitazioni colpite dalle bombe e intrapreso la ristrutturazione dei luoghi di culto meno colpiti, dando lavoro a un centinaio di persone, tra ingegneri e operai. Abbiamo assegnato 98 prestiti a fondo perduto ad altrettanti padri di famiglia per rilanciare le loro attività economiche. È stato istituito, inoltre, un Centro socio-culturale per la promozione della donna che sarà inaugurato nelle prossime settimane. Anche così rilanciamo la fiducia e la speranza nel futuro della popolazione”.

 “Aleppo ti aspetta”: è invece il secondo progetto. Ma vuole essere anche un appello a tutti i fedeli per invitarli a fare ritorno nelle loro abitazioni abbandonate. “Le richieste giunte sono un buon numero ma intendiamo continuare a sensibilizzare i nostri fedeli e, per questo, abbiamo messo a punto un programma denominato ‘Ritorno’. Si tratta di un’iniziativa che si pone come obiettivo di frenare l’esodo dei cristiani dalla Siria, una vera tragedia per la nostra Chiesa”.

Ad Aleppo, prima della guerra (2011), vivevano 185mila cristiani, oggi stime delle Chiese locali parlano di poco meno della metà. “Ci rivolgiamo soprattutto a quei nuclei familiari che non hanno i mezzi per rientrare a casa”. A chi deciderà di rientrare verrà pagato il viaggio di ritorno ad Aleppo casa e offerto un aiuto per vivere dignitosamente in attesa di un lavoro. Oltre a questo, il progetto ‘Ritorno’ prevede anche un sostegno temporaneo (1 o 2 anni) per pagare l’affitto di una nuova casa nel caso in cui la famiglia che torna avesse venduto la propria al momento di lasciare la Siria. In poche settimane sono oltre 20 i nuclei che hanno fatto ritorno e mons. Jeanbart auspica che “questi siano un segno di speranza per chi verrà dopo”.

Fonte: Sir
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