Rosatellum, tornano le coalizioni

Una riforma contrastata ma assolutamente necessaria

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Rosatellum, tornano  le coalizioni

Tre voti di fiducia, con tutto il carico di polemiche che ne sono seguite, e poi il voto finale. Al momento della conta si è ricompattata la maggioranza che appoggiava il testo sin dall'inizio: Pd, Ap, Lega e Forza Italia: 375 deputati a favore, 215 contro. Una cinquantina i franchi tiratori. Questo il veloce iter alla Camera della nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum.

Adesso la palla passa al Senato, dove esaurite le sedute sulla legge di bilancio, le votazioni potrebbero concludersi entro fine mese. Se tutto andrà secondo le previsioni, ai primi di novembre, più o meno a ridosso delle elezioni siciliane, la nuova legge elettorale sarà pronta all'uso e avremo finalmente armonizzato le modalità di elezione di Camera e Senato, dopo che l'intervento della Corte costituzionale, sul Porcellum prima e sull'Italicum poi, aveva dato origine a due diversi modelli col rischio di maggioranze disomogenee tra i due rami del Parlamento, entrambi chiamati a dare la fiducia al governo. In pratica, un fortissimo rischio di instabilità politica, difficilmente componibile. 

Il Rosatellum è un misto di proporzionale e maggioritario. Un modello somigliante al Mattarellum, la cui quota maggioritaria era però del 75 per cento dei seggi, mentre adesso scende al 36. Due terzi dei seggi, 386 alla Camera e 193 al Senato, sono attribuiti con metodo proporzionale in piccole circoscrizioni che eleggono dai due ai quattro parlamentari. Il restante terzo, 225 alla Camera e 109 al Senato, sono assegnati in collegi uninominali, dove vince chi riceve un voto in più degli avversari. Nel riparto dei seggi nel proporzionale vi è una soglia di sbarramento del 3 per cento per i partiti e del 10 per le coalizioni. Prevista una sola scheda, senza  l'opzione della scelta disgiunta: un primo voto al candidato del collegio e un secondo, nel proporzionale, ad una lista diversa.

Questo il dato, per così dire, tecnico del Rosatellum. Proviamo adesso ad osservarne le caratteristiche riguardo ai due requisiti che permettono di valutare una legge elettorale: rappresentatività e governabilità. Il primo attiene alla sua capacità nel fornire un'adeguata rappresentanza a tutte le forze politiche presenti nel Paese, dando loro un numero di seggi più o meno correlato ai voti ricevuti. Il secondo alla sua idoneità nel far emergere maggioranze parlamentari numericamente stabili, in grado di governare per l'intera legislatura.

Come tutti i modelli su base proporzionale, il Rosatellum offre una buona fotografia del voto del corpo elettorale, fatta salva la soglia del 3 per cento necessariamente da superare per essere presenti in Parlamento. Viceversa pare fornire minori garanzie sull'altro fronte, quello della facilità nel comporre una maggioranza di governo, dato che la quota di collegi uninominali non è sufficiente (come accadeva con il vecchio Mattarellum) a bilanciare l'effetto dispersivo fisiologicamente determinato dal proporzionale. Poco probabile quindi che si sappia, la sera stessa dei risultati, da chi sarà governato il Paese, come accade in Francia e in Gran Bretagna, entrambe improntate a sistemi totalmente maggioritari basati su collegi uninominali.

I collegi, ove vince chi prende un voto in più degli avversari, obbligheranno i singoli partiti ad accordarsi con altre formazioni. Tornano in auge le coalizioni che l'Italicum, con il premio concesso alla lista, aveva  gettato nel dimenticatoio. Un ritorno tutto sommato ben gradito dagli attori politici, poiché tutta la nostra storia democratica è stata contrassegnata da governi di coalizione, tra forze diverse impegnate a realizzare un programma comune. Del resto, questo in fondo rappresenta un po' il succo della politica stessa che è confronto, dialogo, capacità di interloquire con gli avversari. Cose che la cosiddetta Seconda repubblica, basata sul maggioritario, o meglio su un'interpretazione ‘muscolare’ di tale sistema, ci aveva largamente disabituati, in un clima di perenne  delegittimazione della coalizione avversa.

In un contesto tripolare con tre blocchi politici di dimensioni quasi uguali, è assai probabile un risultato che obbligherà a cercare un accordo tra schieramenti diversi. Alla luce di questa situazione, si spiegano anche le diverse reazioni politiche davanti all'approvazione della nuova legge elettorale da parte della Camera. Favorevoli come è ovvio Forza Italia e Lega che nei collegi, assieme a Fratelli d'Italia (che pure è contraria al Rosatellum), potranno presentare candidature comuni, sperando di risultare il blocco maggioritario rispetto al centro-sinistra e al Movimento 5 Stelle. Questi ultimi avendo deciso a priori di non coalizzarsi con altre formazioni, sono assolutamente contrari ai collegi uninominali che obbligano a cercare accordi politici. Incerte invece le prospettive del centro-sinistra che, se unito, può rivelarsi pienamente competitivo, mentre presentandosi diviso sarebbe alquanto penalizzato. Per il Pd è vitale costruire una coalizione, cosa che allo stato attuale, dopo il deteriorarsi dei rapporti con il Movimento democratico e progressista di Bersani, risulta assai problematica. Anzi, il fatto che Mdp affermi di volersi presentare da solo in tutti i collegi accresce le probabilità di sconfitta del centro-sinistra. A meno che, come forse sperano Renzi e i suoi, nei collegi non venga premiato il voto utile per battere le destre, e il Pd sia votato dagli elettori di sinistra perché ritenuto più capace di superare gli avversari. Staremo dunque a vedere, sempre che nelle votazioni al Senato tutto fili liscio e non vi sia qualche altro colpo di scena.

Qualora approvato in via definitiva, il Rosatellum sarebbe la quarta legge elettorale in venticinque anni, dopo il Mattarellum, il Porcellum e l'Italicum, quest'ultimo in verità bocciato dalla Consulta senza mai esser passato al vaglio di un'elezione. Se si pensa che il proporzionale puro era durato ben quarantacinque anni, dal 1948 al 1993, emerge in piena evidenza la volubilità dei leader della cosiddetta Seconda repubblica in materia elettorale. Qualcosa che da l'idea di una politica basata sul breve termine, sul vantaggio da conseguire nell'immediato, e non certo sulla volontà di fondare regole condivise, di ampio respiro, destinate a durare nel tempo. 

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