Pensioni: il governo apre su giovani e donne

Trattative – il pacchetto di misure che sarà inserito nella legge di bilancio divide i sindacati

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Pensioni: il governo apre su giovani e donne

Il confronto tra il governo e i sindacati sulle pensioni è giunto a conclusione. È stata trovata un'intesa che prevede l'esenzione di quindici attività lavorative gravose dall'aumento automatico delle soglie pensionistiche e la revisione del meccanismo che adegua l'età pensionabile al calcolo della speranza di vita. Un pacchetto da 300 milioni di euro che sarà inserito nella Legge di bilancio in discussione in queste settimane in Parlamento. Un accordo, ha sottolineato il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni che, «pur mantenendo intatto il principio dell'adeguamento dell'età pensionabile alle aspettative di vita, punta ad attenuarne l'impatto compatibilmente con le risorse disponibili».

Vediamo allora più da vicino cosa è stato deciso. Tre gli aspetti toccati dall'accordo: allargamento della platea delle categorie che possono accedere al pensionamento anticipato, in quanto sottoposte a lavori gravosi; ridefinizione del calcolo delle aspettative di vita in relazione all’età pensionabile; conferma in via strutturale dell’Ape sociale, ossia del sostegno pubblico per il prepensionamento dei lavoratori precoci.

La platea delle quindici attività gravose va ad aggiungersi a quella dei lavori  usuranti, a suo tempo definiti dal governo e quindi già attualmente esclusi dallo scatto automatico verso i 67 anni. I lavori usuranti già consolidati sono nove e riguardano lavorazioni pericolose (lavori in galleria, ad alte temperature, in cassoni di aria compressa, del vetro cavo, in spazi ristretti e attività di rimozione di amianto), ad elevata ripetitività (lavori in catena o in serie) e ad alto rischio dal punto di visto della concentrazione (conducenti di mezzi di trasporto collettivo, superiori a nove posti). Le attività gravose individuate dalla nuova intesa governo-sindacati riguardano invece una nuova serie di mestieri considerati particolarmente pesanti e faticosi. L'elenco comprende: addetti alla concia delle pelli, ai servizi di pulizia, facchini, camionisti, macchinisti dei treni, conduttori di gru, muratori, netturbini, marittimi, pescatori, braccianti, siderurgici, infermieri ed ostetriche,  maestre d'asilo. I lavoratori di queste categorie, se hanno svolto per almeno sette anni negli ultimi dieci l'attività usurante, potranno andare in pensione prima dei 67 anni e con 30 anni di contributi anziché 36.

Il secondo punto concerne la revisione degli automatismi legati all’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita, prevedendo un calcolo effettuato sulla media e non più, come era sinora, sui picchi, e contemplando anche la possibilità che, qualora la vita media tornasse a declinare, si possa anticipare l’età di accesso alla pensione. Il nuovo metodo di calcolo, su base biennale, sarà applicato a partire dal 2021 e non, come chiedevano i sindacati, dal 2019.

Al terzo punto dell'intesa c'è la creazione di uno specifico fondo per rendere stabile la cosiddetta Ape social. Questo strumento, introdotto con la Legge di bilancio dell'anno scorso, consistente in un anticipo pensionistico sostenuto dallo Stato per lavoratori precoci o che hanno perso il lavoro, con almeno 63 anni di età, nasce infatti in via sperimentale. Adesso si prevede la sua estensione alle donne con figli, concedendo la possibilità di anticipare il pensionamento con uno sconto di 6 mesi per figlio fino ad un massimo di 2 anni, e la sua trasformazione in dispositivo strutturale e permanente, cosicché anche in futuro, in presenza dei requisiti necessari si potrà accedere al prepensionamento. 

Differenziato il giudizio dei sindacati. Soddisfatta la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan per la quale, in condizioni difficili e di risorse scarse, «è stato portato a casa, già in questa Legge di bilancio, un risultato importante per i lavoratori, introducendo delle deroghe alla riforma pensionistica Fornero-Monti che trattava in modo uniforme tutte le attività lavorative, indipendentemente dalla loro gravosità». Dello stesso tenore la posizione della Uil, il cui segretario generale, Carmelo Barbagallo che ritiene positivo l'esito della vertenza, essendosi ottenuto il massimo possibile in condizioni di stringenti vincoli di bilancio. Di tutt'altro avviso la Cgil dove Susanna Camusso parla di proposte insufficienti, poco adeguate alle necessità dei lavoratori, ed annuncia una manifestazione di protesta per il 2 dicembre. 

Difficile pensare però che il governo possa concedere altro. Troppo grande il rischio di indebolire gli equilibri di bilancio appena raggiunti. Detto questo, va comunque registrato il grande impegno profuso in prima persona dal presidente del Consiglio nel confronto con i sindacati. Sono davvero lontani, e certo non si possono rimpiangere, i tempi in cui il suo predecessore a Palazzo Chigi, Matteo Renzi considerava le trattative con le parti sociali dei riti buoni solo a frenare la sua azione politica. Questo ritorno alla concertazione rappresenta, dal punto di vista del metodo, il miglior viatico per un proficuo rapporto tra il governo e i diversi corpi intermedi, in grado di fare bene al Paese, permettendo di conseguire risultati, altrimenti insperati sul piano economico e sociale.

Sul fronte politico, esprime soddisfazione il Pd che da tempo spingeva per l'introduzione di maggiori dosi di flessibilità in uscita, che tenesse conto delle caratteristiche delle diverse attività lavorative attenuando il requisito dell'età pensionabile per alcune categorie.  Critico invece, nel centro-destra, il giudizio dell'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Per i lavori usuranti», precisa in un'intervista ad «Avvenire», «si è compiuta un'opera accurata, adesso si sta definendo una categoria non meglio identificata di lavori ‘gravosi’ senza la minima base scientifica. Si rischia di accentuare divisioni sociali e diseguaglianze».

Si poteva fare di più come chiede la Cgil? Ampliando magari ulteriormente la platea delle categorie interessate? Il fatto è che qualsiasi obiettivo va commisurato alle risorse a disposizione e l'attuale situazione di bilancio non permette nuove estensioni del perimetro. È peraltro chiaro che quando si parla di previdenza si scontano gli anni di pensionamenti facili, con agevolazioni concesse a determinate categorie più per motivi legati alla ricerca del consenso politico che per obiettive ragioni di gravosità lavorativa. Resta poi il fatto, ed è questo il vero grande problema dell'Italia di oggi, che ci troviamo in una fase di forte denatalità, per cui nei prossimi decenni il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati sarà destinato a ridursi. La crisi delle nascite e l’invecchiamento della popolazione sono la prima causa degli squilibri del sistema previdenziale.

Certo, bisognerebbe creare nuova e maggiore occupazione, specie giovanile. Va peraltro rilevato che i giovani si trovano penalizzati dalla presenza al lavoro, per tempi più lunghi, di persone che accedono più tardi alla pensione. In realtà molti di questi problemi scomparirebbero se si tornasse ad una crescita robusta e duratura, ma il fardello del debito continua a sottrarre risorse ai possibili investimenti produttivi. Come si vede, la salvaguardia dell'equilibrio dei conti pubblici è un dato imprescindibile, non tanto perché ce lo chiede l'Europa, ma in quanto è la sola strada realmente sensata per risanare le nostre finanze ed avviare un virtuoso percorso verso lo sviluppo.

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