Parla la Chiesa sudamericana: «la nostra missione è a fianco dei poveri»

Intervista a mons. Adelio Pasqualotto, Vescovo del Vicariato del Napo in Ecuador

Parole chiave: ecuador (6), chiesa (665), america (16), lotta alla povertà (1), missione (38)
Parla la Chiesa sudamericana: «la nostra missione è a fianco dei poveri»

Mons. Adelio Pasqualotto è in Italia per la prossima visita ad limina dei vescovi ecuadoriani: lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi nel santuario di Nostra Signora della Salute a Torino, durante le feste patronali, dove ha presieduto la tradizionale processione per le vie di Borgo Vittoria e ordinato diacono, Marco D’Amaro, un giovane religioso giuseppino del Murialdo. 

Classe 1950, originario della provincia di Vicenza, dall’inizio del 2015 è stato scelto da papa Francesco Vescovo del vicariato apostolico del Napo, nell’Ecuador amazzonico, dal 1922 affidato dalla Santa Sede alle cure pastorali della congregazione dei Giuseppini del Murialdo. Nel 1966 è entrato nel noviziato della congregazione fondata dal santo sociale torinese, che allora aveva sede nel Torinese, a Vigone, e ordinato sacerdote nel 1978. Dal 1991 è stato inviato missionario nelle opere giuseppine messicane tra cui Città del Messico, dove è stato parroco per un decennio, fino a diventare vicario della Provincia. Poi, nel 2013 il trasferimento nel Vicariato del Napo, che prende il nome da un’affluente del Rio delle Amazzoni, nell’Ecuador centrale, un territorio vasto come la Lombardia che si estende dalle Ande alla foresta equatoriale, con 140 mila abitanti, 20 parrocchie sparse in villaggi indigeni alcuni remoti, meno di 30 sacerdoti, la maggior parte missionari giuseppini, di cui 11 ecuadoriani. 

«La missione del Napo», dice il Vescovo, «è impegnata soprattutto nell’educazione scolastica, con numerose scuole ‘Fisco misional’ (il personale insegnante è pagato dalla Stato che affida ai Murialdini l’ospitalità e l’educazione degli alunni che provengono da tutti i villaggi del Vicariato), frequentate da 21 mila alunni dall’infanzia alle superiori.  Per questo il Vicariato ha ricevuto dal Presidente della Repubblica la medaglia d’oro per il prezioso lavoro educativo svolto dalla congregazione dal 1922 in questa zona impervia del Paese, dove lo Stato praticamente ci ha affidato l’istruzione della gente».

Mons. Pasqualotto, in questi giorni, dopo la crisi in Venezuela, si torna a parlare dei problemi dell’America Latina grazie alla visita del Papa in Colombia. Lei ha una lunga esperienza in quel continente, 21 anni in Messico in zone di periferia dove operano i giuseppini del Murialdo e poi 5 anni in Ecuador, da due anni Vescovo. Qual è lo spirito con cui lei vive il suo ministero di missionario tra i più poveri?  

Lo spirito è quello giuseppino del sentirsi inviati: c’è una congregazione alle spalle che ti manda, c’è un carisma che ti accompagna che è quello murialdino del «ne perdantur» perché i giovani più poveri «non si perdano». Nel mio motto episcopale ho scelto la frase del Murialdo «Dio mi ama, che gioia»: ed è con questo spirito che ho deciso (non senza fatica) di rispondere «sì» all’invito del Papa a fare il vescovo nel  Napo. Mi sono detto: «Se il Signore mi invita all’episcopato è una nuova chiamata e allora lo devo fare con gioia, come dice il Murialdo che ho scelto di imitare entrando nella congregazione di San Giuseppe. E così cerco, ci provo, a vivere il mio servizio episcopale con questo stile di speranza e consolazione per la mia gente che vive in condizioni di povertà. Proprio in questi giorni mentre sono in Italia e si parla molto delle alluvioni negli Stati Uniti, a Tena, nel capoluogo della provincia del Napo, sede del nostro Vicariato, c’è stata  un’esondazione:  24 ore di pioggia torrenziale, morto annegato un nostro giovane disabile, tanti danni, 800 famiglie dei villaggi attorno alla cattedrale rimaste senza casa e molte altre sfollate di un’altra nostra parrocchia, dichiarato per un mese lo stato di emergenza. Tre giorni fa è venuto il Presidente della Repubblica: oltre alla perdita di coltivazioni e case pare che si sia mosso anche il ponte che collega le due sponde dei fiumi in città. Un disastro, anche se in un territorio dove la natura è predominante siamo abituati alle inondazioni, ai terremoti, come quello che ha devastato il Paese lo scorso anno. Sono in contatto con i miei preti, bisogna stare vicino alla gente, perché non perda la speranza e la fede in Dio Provvidenza. 

Nei giorni scorsi in Colombia, il Papa parlando ai Vescovi del Celam (Consiglio episcopale latino americano) ha detto che il popolo dell’America Latina è un popolo meticcio, che mette insieme tante culture e tanti carismi dei missionari che nei secoli hanno portato il Vangelo tra i popoli. Quali sono, secondo la sua esperienza, le sfide delle Chiese latino-americane?

L’America Latina ha tante sfumature: io cerco di animare la mia chiesa perché sia in movimento. Per questo, come ci invita il Papa, dobbiamo formare i preti, i laici, gli educatori e la riposta è buona. Stiamo formando un laicato responsabile che accetta le proposte formative. Nel mio vicariato, ad esempio, abbiamo catechisti bilingui perché in molti villaggi si parla il quechua e c’è bisogno di chi sappia tradurre per far comprendere il messaggio evangelico. Nel Napo l’86% della popolazione è indigena e la nostra radio, la «Voz del Napo» (spesso l’unico mezzo di comunicazione ed ora che ha il segnale in Internet ci permette di mantenere i contatti con i nostri emigranti in Europa o negli Stati Uniti), trasmette in spagnolo e quechua. Molti degli ascoltatori sono giovani: nelle zone dove arriva il segnale le comunità si riuniscono all’alba e la giornata comincia con la preghiere e la benedizione nelle due lingue, ci sono programmi di formazione e informazione sul magistero della Chiesa, sulla pastorale delle diocesi ecuadoriane e del resto del continente. Così anche nei villaggi più sperduti, in montagna o nella foresta, ci sentiamo inseriti nella Chiesa latino-americana. Purtroppo noi giuseppini siamo sempre più anziani e il clero locale è ancora esiguo: per questo sto chiedendo ai miei confratelli vescovi di prestarmi qualche prete fidei donum: per ora posso dire con grande gioia che nelle 20 parrocchie del Vicariato anche quelle raggiungibili solo in canoa o in strade sterrate  c’è un sacerdote stabile e questo per la gente è una grande consolazione.

«Il Papa venuto da lontano», dal vostro Continente, sta rivitalizzando la Chiesa, la nostra occidentale piegata dal consumismo e dalla secolarizzazione ma anche quella latino-americana, come si è visto in questi giorni in Colombia, e che ha bisogno di essere riconciliata.

L’America Latina in questi 500 anni ha ricevuto tanto dall’Occidente in termini di evangelizzazione e adesso è il momento in cui dobbiamo restituire ciò che abbiamo ricevuto e il Papa, con la sua vitalità rinnovatrice sta dando un grande contributo alla rievangelizzazione del Vecchio Continente, ma anche alla riconciliazione del Continente latino-americano. Io credo profondamente che la Colombia abbia  bisogno di pace e di riconciliazione ma la strada da percorrere è ancora lunga. Le notizie che vengono diffuse riferiscono del governo colombiano impegnato nell’opera di pacificazione con le Farc ma questo gruppo di guerriglieri non è compatto, ci sono varie fazioni e quindi il processo di normalizzazione è all’inizio. Per questo la visita del Papa è stata provvidenziale non solo per l’impatto che la sua persona ha sulla nostra gente, ma anche sull’influenza che ha sull’opinione pubblica e sulla politica. È stato così anche per la visita di Francesco in Ecuador e in Bolivia due anni fa, le ricadute positive le stiamo vivendo ancora oggi. Il Papa ci ha stimolato come vescovi a formare un laicato che sia all’altezza dei tempi, non solo professionisti ma anche cristiani autentici per ricuperare e convertire il mondo delle autorità, dove dilaga la corruzione. Governi e amministratori inquinati che fanno perdere alla popolazione la fiducia nelle autorità. E qui noi come Chiesa possiamo fare molto.  

La situazione del Venezuela è l’esempio di come in molti Paesi dell’America Latina il problema del malgoverno e della corruzione a cui lei accenna sia sfociato in una guerra civile…

Ciò che sta accadendo in Venezuela è una pagina di storia che ci tormenta come vescovi e come comunità cristiana: le autorità si sono spinte troppo oltre e i venezuelani sono arrivati al limite della sopportazione e della pazienza. Nonostante le tante proposte di soluzione e di mediazione, giunte anche dal Vaticano, la classe dirigente non ha ancora maturato un’idea efficace per riconciliare il Paese aprendo spazi alla democrazia: sono riforme ovvie ma che non si mettono in atto. Noi come vescovi nell’ultima assemblea di aprile abbiamo mandato un messaggio di solidarietà ai confratelli venezuelani e abbiamo promosso anche delle raccolte di fondi tra la nostra gente che, pur povera, si è mobilitata per dare un segno di vicinanza nei confronti dei fratelli venezuelani che stanno peggio di noi. Finora in Ecuador sono fuggiti circa 3 mila venezuelani scampati alle violenze: sono per la maggior parte intellettuali, professionisti. Parlando con loro mi hanno riferito che già da un anno la situazione era degenerata, ma non se ne parlava ed ora che la democrazia è stata calpestata l’unica cosa che a loro importa è «siamo vivi, ricostruiremo il Paese». Come vescovi faremo di tutto per favorire lo sviluppo della democrazia, come ha invitato anche il Papa in Colombia ricevendo i vescovi venezuelani: dobbiamo pregare molto ed essere uniti per garantire l’appoggio a questa nostra Chiesa sorella in un momento di grande sofferenza.

Tutti i diritti riservati

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo