Pubblico impiego, quale futuro per il settore

Intervista a Daniela Volpato, segretario generale aggiunto Funzione Pubblica Cisl

Parole chiave: funzione pubblica (1), sindacato (9), lavoro (167)
Pubblico impiego, quale futuro per il settore

E’ la numero due nazionale della Federazione della Funzione Pubblica della Cisl, il sindacato del pubblico impiego e dei pubblici servizi che rappresenta poco meno di 350.000 persone. Daniela Volpato, segretario generale aggiunto, coordinatrice della contrattazione di tutti i comparti del settore per Cisl, è oggi commissario della FP Cisl Piemonte dopo esserlo stata anche per la FP di Torino e del Canavese (che da alcune settimana, conclusa la fase commissariale, è guidata dal nuovo segretario generale, l’avv. Santina Pantano). Una donna proveniente dal Veneto che ha saputo conquistarsi con competenza e determinazione una grande stima con cui non solo ha assunto un ruolo nazionale ma ha anche rilanciato con forza la presenza e la capacità d’azione della federazione piemontese. Il 4 maggio ha guidato, insieme ai rappresentanti degli altri sindacati del settore pubblico, il corteo dello sciopero generale che ha percorso le vie del centro di Torino per chiedere il rinnovo del contratto fermo da anni.

Perché lo sciopero, il corteo, il comizio? Perché la richiesta del rinnovo contrattuale?

Perché facciamo parte del Paese reale e protestare per chiedere investimenti, qualità e dignità per i servizi ai cittadini, per i lavoratori e le lavoratrici è segno di civiltà. Non siamo di parte ma siamo una parte di questa civiltà che si impegna, è convinta, ci crede. E’ la civiltà del nostro paese: Papa Francesco durante il V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze ha ricordato che “la società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella politica, quella dei media...” quella del mondo del lavoro, di cui i lavoratori del pubblico impiego e dei pubblici servizi sono una parte significativa che immersa nella società dei bisogni e dei servizi ha necessità di rinnovamento – e il nuovo contratto è strumento per costruirlo – per la qualità, per l’appropriatezza, per la professionalità, per la competenza e non per le gerarchie di ieri e di oggi, per le persone e non per gli interessi di qualcuno nel pubblico e qualcun altro nel privato. Basta un dato per comprendere l’importanza delle richieste, delle proposte, della sollecitazione all’ascolto che facciamo alla politica: rappresentiamo ben 500 professioni che svolgono donne e uomini che operano per promuovere percorsi innovativi nella società e nei processi produttivi a beneficio di tutti. La nostra è una proposta che parte dal basso, dalle nostre amministrazioni, dai posti di lavoro, dalle nostre esperienze, dalla nostra quotidianità per far comprendere che servono i contratti per disegnare nuovi modelli organizzativi, per coltivare e valorizzare le competenze, per valutare e premiare il lavoro, per portare a tutti i vantaggi del nostro impegno. La Cisl su questo punto è molto attenta, mi permetto di dire che mantiene viva la sua originalità di sindacato che mette al centro non un’ideologia ma la persona nella sua integralità, ben rappresentato dalle parole di Giulio Pastore che fu artefice dalla sua nascita: “Bisogna saper essere guide autentiche e tali si è nella misura in cui non ci si rende estranei ai problemi concreti che assillano i lavoratori. Non si tratta di andare incontro ai lavoratori, bensì di vivere in mezzo ad essi.”.

Quali richieste come lavoratori, uomini e donne, di questa comunità dei servizi?

Basta sputare sulla pubblica amministrazione! Ci serve un’agenda comune: un’agenda di governo per il paese non per il governo e i suoi proclami. Un’agenda per un governo che cambi modello per il pubblico. Servono politiche per il personale per fare le riforme! Serve un modello pubblico che creda nelle persone, nelle loro abilità professionali, nelle opportunità di lavorare meglio, nella motivazione che esiste ma da far crescere nella diversità di profilo e di esperienze. Vogliamo rispetto e considerazione, per le abilità, per i talenti. Rispetto e attenzione ai processi che aiutano a far aumentare la motivazione. La chiarezza degli obbiettivi non può stare nei vincoli, nelle procedure, nelle pagelle che non tengono conto dei lavoratori e dei cittadini che fruiscono dei servizi. Ci piace e ci basta la motivazione che abbiamo dentro e non l’incentivo del bastone e della carota, come afferma l’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri: il bastone il Governo lo usi per i ladri e i corrotti, la carota si chiama rispetto! In sintesi chiediamo dunque: incentivi alla produttività, stesse regole per pubblico e privato, modelli contrattuali innovativi, confronti regionali e locali, partecipazione e nuovi modelli  di produttività e formazione.

Sulla produttività e sull’innovazione occorre fare una precisa sottolineatura: quando si parla di produttività nel pubblico si pensa alle norme, nel privato agli strumenti e agli incentivi. Quando si parla di innovazione nel pubblico si pensa alle riforme, nel privato a organizzazione, processi, prodotti, professionalità, partecipazione. Siamo di fronte ad uno strabismo che paralizza gli uffici, congela l’arretratezza, mortifica le competenze, alimenta solo gli appetiti di chi fa affari, di chi specula sull’inefficienza, di chi prospera sui dividendi economici ed elettorali facendo scivolare la qualità dei servizi e l’importanza dei lavoratori che li forniscono e che rappresentano un indicatore del buon sviluppo delle nostre comunità e un architrave del nostro welfare. E’ in gioco la visione stessa di società e la sua capacità di non lasciare indietro nessuno: riprendendo un documento del Concilio Vaticano II diventa fondamentale coinvolgersi, anche protestare, saper prendere posizione – e la Cisl è impegnata in ciò – perché non sia dato per carità ciò che è dovuto per giustizia!

Appare evidente quanto oggi il rapporto con la politica sia problematico!

I servizi negli anni sono stati volutamente disorganizzati da tanti politici e governi locali e nazionali. Una parte importante, anche se naturalmente non tutta, della classe politica è attenta solo al consenso e alimenta il dissenso che, insieme al populismo, nasconde l’incapacità ad aprire il dialogo, riconoscere la dignità dei lavoratori, in vista di una buona riorganizzazione del settore. Abbiamo bisogno tutti di una classe politica pronta a servire il cambiamento, l'innovazione. Non pronta a servirsene! Pronta ad essere coraggiosa per riorganizzare e valorizzare il 99% delle lavoratrici e dei lavoratori per bene, impegnati e contenti di lavorare per gli altri. Va detto ai politici che il rigore organizzativo e dei controlli si pratica, non si demonizza. Da anni i governi ci parlano di produttività, valutazione, performance. Ma abbiamo visto solo tagli, blocchi e pagelle. Vogliamo obiettivi di lavoro declinati con le attività vere di ogni giorno, non con la filosofia impostata nei convegni. Siamo molto lontani dall’affrontare i problemi che abbiamo nelle pubbliche amministrazioni, che non hanno bisogno di azioni ad effetto ma di un forte coordinamento fra le varie parti del disegno istituzionale. Serve coordinamento e integrazione fra riforme istituzionali e riforme amministrative, fra risorse da investire e obiettivi da perseguire. Tutto ciò manca! Il nostro giovane Presidente del Consiglio risponde con il blocco del turn-over e con l’invecchiamento del personale, con la grande quantità e la bassa qualità della dirigenza, con l’età da pensione che cresce senza flessibilità e senza lasciare spazio ai giovani.

Alla luce di tutto ciò come concluderebbe?

Il governo deve trovare risorse adeguate. Per questo anche la politica locale, il Presidente della Regione, i nostri sindaci, i nostri amministratori devono fare la loro parte. Noi protestiamo per tutti i lavoratori, tutti cittadini, tutti consumatori. Vogliamo rispetto, vogliamo qualità, vogliamo spendere meno. E’ questa la nostra sfida. E per chi ha una visione della società, della persona, delle istituzioni, comune è forse tempo di ricostruire una rete di sani e solidi rapporti e di collaborazione ognuno col proprio specifico ruolo e funzione ma senza più sentirsi isolati e sufficienti a se stessi. Il mondo cattolico in particolare deve uscire da una certa afonia, da un certo ripiegamento su se stesso e dall’allontanamento dal sociale e dal politico. per dirla con Papa Francesco immischiamoci e facciamolo insieme!

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