Patronati a rischio chiusura

Mobilitazione delle Acli, nella legge di stabilità previsti ulteriori tagli 

Parole chiave: patronati (1), servizi (15), acli (4), sindacato (9), previdenza (1), lavoro (167)
Patronati a rischio chiusura

Continua la protesta dei patronati. Dopo il presidio del 19 novembre e la manifestazione del 23 ai cancelli dell’Ilo di Torino, dove l’Inps regionale ha presentato il proprio bilancio sociale, il 24 novembre i patronati Acli, Inas‐Cisl, Inca-Cgil e Ital-Uil del Piemonte hanno annunciato una intensa campagna di mobilitazione.

L’obiettivo dichiarato è chiaro: spingere il Governo nazionale a rivedere la decisione di ridurre ulteriormente le risorse destinate a questi centri di assistenza che erogano servizi previdenziali e sociali ai cittadini. Secondo quanto previsto dalla legge di stabilità 2016, dovrebbero essere 28 i milioni di euro in meno, che si sommeranno ai circa 100 milioni già tagliati tra il 2011 e il 2015. «Non basta riconoscere i diritti - spiega Franco La Tona, responsabile del patronato Inca Cgil della Camera del lavoro di Torino- ma è fondamentale assicurarne l’esercizio. I patronati fanno questo: offrono assistenza gratuita ai cittadini che ogni giorno si confrontano con una burocrazia ostile e con processi di informatizzazione sempre più diffusi. Siamo intermediari per ben 92 tipologie di servizi che abbracciano tutto l’arco della vita, dalla maternità anticipata ai ratei di pensione post‐mortem fino a tutte quelle situazioni legate ai diritti nel campo del lavoro, della salute e della famiglia».

Nel 2014 sono state patrocinate in Piemonte circa 530 mila istanze nei confronti Inps, Inail e ministero degli Interni riguardanti il sostegno al reddito, l’immigrazione, la previdenziali e di assistenza giudiziaria e medico legale. Di queste solo il 23 % è stato finanziato dal fondo patronati, mentre il restante 77 % non è stato coperto nonostante ci sia ancora l’obbligo di gratuità del servizio da parte del patronato. «Gratuità e universalità dei nostri servizi sono due principi costituzionali.

Sono due criteri così importanti che per essere garantiti si è deciso di coprire il costo di questi servizi non attraverso la fiscalità generale, ma attraverso una quota che tutti i lavoratori dipendenti versano per assicurare il funzionamento del sistema. Oggi il governo Renzi interferisce pesantemente su questo sistema e sottrae risorse che 22 milioni di lavoratori dipendenti hanno versato in un fondo che assicura l’erogazione di servizi a 55 milioni di potenziali utenti. Il rischio oggettivo è che da oggi in poi tutele ed esercizio dei diritti possano essere garantiti solo dietro il pagamento delle prestazioni». Un’eventualità che forse potrebbe essere scongiurata solo incidendo in maniera drastica sui 327 dipendenti distribuiti in 191 uffici in tutto il Piemonte che assicurano 3800 ore alla settimana di apertura al pubblico. Ma anche in questo caso il costo principale lo pagherebbero i cittadini: verrebbero meno, infatti, quei servizi di prossimità e quei presidi territoriali che hanno rappresentato uno dei pilastri fondamentali su cui si è costruita la società italiana.

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