Aumenta il «voucher-lavoro»: è finita l’era del posto fisso?
Quali prospettive per il mondo del lavoro in Italia e in Piemonte per il 2017

La pubblicazione dei dati Istat sull’andamento del mercato del lavoro in Piemonte nel terzo trimestre 2016 ha creato un’ondata di ottimismo sulla capacità della nostra regione di ripartire lasciandosi alle spalle 6-7 anni di recessione Negli stessi giorni l’Istat ha reso noto altri dati che riguardano l’economia piemontese che gettano ombre sulle prospettive di crescita della nostra area tenuto conto di quanto resta da fare per allinearci ai livelli di benessere delle regioni con le quali ci confrontiamo Una lettura incrociata di questi dati può aiutarci a capire dove stiamo andando.
Dopo anni di attesa il mercato del lavoro piemontese mostra segni di vitalità. Cresce l’occupazione portandosi a livelli non troppo distanti dal picco raggiunto nel 2008 Bisogna creare altri 50 mila posti di lavoro per colmare il gap. Oggi il settore più performante è quello dei servizi mentre l’occupazione ristagna nell’industria e continua a diminuire nell’edilizia: un comparto in preda ad una crisi che non sembra aver fine. Da altre fonti apprendiamo che la «qualità» e la «dignità» dell’impiego non sembra cambiata, anzi: diminuiscono le assunzioni a tempo indeterminato (nuove e confermate) mentre cresce l’occupazione a chiamata pagata con voucher.
In due anni il ricorso a questo tipo di impiego è raddoppiato. La cifra erogata è prossima agli 10 milioni di euro.
Aumentano le opportunità di lavoro anche per giovani e ciò comporta una significativa riduzione del tasso di disoccupazione sceso all’8,5%. Un risultato importante che media tuttavia situazioni diverse.
A Cuneo il tasso di disoccupazione è attorno al 5%; a Torino è ancora superiore al 10%; quello giovanile fa fatica a scendere sotto il 40%. Il protrarsi delle situazioni di forte disagio contribuisce ad accrescere la quota dei giovani transitati o che stanno transitando in una situazione di povertà ed dei coetanei che vanno all’estero a cercare un lavoro che qui non c’è o non c’è abbastanza per tutti quelli che ne hanno bisogno.
Il miglioramento del quadro occupazionale è dovuto a diversi fattori: hanno pesato gli incentivi del job act, la ripresa interna e internazionale e le politiche attive della Regione Piemonte.
Per valutare a pieno la bontà dei risultati raggiunti e il cammino che resta da fare per tornare ad una situazione di «normalità» è utile un confronto con le performance delle regioni a noi vicine, con una struttura economica molto simile alla nostra.
Una ventina di anni fa il Piemonte poteva vantare un Oil per abitante che la poneva al terzo posto fra le regioni italiane. Nel 2015 è sceso al dodicesimo posto, superato da tutte le regioni del Centro.
La situazione non migliora se si prende in considerazione la graduatoria delle province italiane per livello di valore aggiunto pro capite. In questa graduatoria Torino figura al 24° posto con un livello di poco superiore alla media nazionale. In entrambi i casi i divari da coprire non sono elevati, ma la «caduta» deve far riflettere e non poco.
In Piemonte l’occupazione è cresciuta dello 0,9% meno della media nazionale (+1,4%) della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna. In queste regioni il tasso di disoccupazione è inferiore di circa 2-3 punti a quello piemontese.
Preoccupa anche il recente andamento dell’export che, negli anni della crisi, ha sempre consentito alla nostra economia di non sprofondare. Nei primi 9 mesi del 2016 si è registrata un’inversione di tendenza. le vendite all’estero sono infatti diminuite del 4,9% rispetto all’analogo periodo del 2015.
Dalla lettura incrociata di questi dati si possono trarre numerose indicazioni. La più importante, a mio avviso è l’invito ad andare avanti, a non abbassare la guardia dal momento che c’è ancora tanto da fare per ridare al Piemonte il ruolo che le compete fra le regioni più sviluppate del Paese.
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