La guerra mondiale e la pace (1914-2014), un lungo percorso

Il 4 novembre, l’Italia celebra la fine della Prima Guerra Mondiale, di cui quest’anno ricorre il centenario che fu considerato da molti il compimento dell’Unità nazionale. La difficile conquista della pace in un secolo di guerre.

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Sul fronte

«Mentre quasi tutta l’Europa è trascinata nei vortici di una funestissima guerra…». Si calcola che negli ultimi 3.300 anni (33 secoli), 3.100 anni (31 secoli) siano stati di guerra e solo 200 anni (2 secoli) di pace, intesa come assenza di guerre combattute, mentre oltre 8.000 trattati hanno cercato invano di assicurare la pace. Anche il XX è stato un secolo di guerre, intervallato da periodi più o meno lunghi di tregua. La guerra boera in Sud Africa (1899-1902) vinta dagli inglesi. La prima guerra sino-giapponese (1894-1895) si conclude con la vittoria giapponese: con la pace di Shimonoseki (1905) la Cina cede Taiwan, Maciuria orientale e Corea. Nella  guerra russo-giappo­nese (1904-1905) con la battaglia navale di Tsushima il Giappone distrugge la flotta russa del Baltico e nella pace di Portsmouth (1905) è riconosciuto come grande potenza. Poi la guerra italo-turca (1911-1912) e le guerre nei Balcani (1908-1913). La politica nazionalistica e imperialistica perseguita da Gran Bretagna, Francia e Germania, che si erano spartite l’Africa, prepara la prima guerra mondiale (1914-18).

La conquista e la difesa dei mercati, il capitalismo monopolistico, la convinzione che chi prevale sui mari ha il dominio del mondo sono tutti elementi che inducono le grandi potenze ad ammassare enormi quantità di ar­mi e a rafforzare le marine militari. Cento anni fa l’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco, compiuto dallo studente bosniaco Gavrilo Princip il 26 giugno 1914, è la scintilla che scatena l’incendio. Bruciano gli Imperi centrali (Austria-Ungheria, Germania, Impero ottomano, Bulgaria, Azerbaigjan) schieranti contro gli Alleati: Serbia, Russia, Francia, Gran Bretagna, Italia, Belgio, Montenegro, Giappone, Portogallo, Romania, Grecia e, dal 1917, Stati Uniti a fianco degli Alleati. Oltre 70 milioni di uomini sono mobilitati. Milioni di fanti e di inermi cittadini sono sacrificati in una guerra atroce: i trattati di pace, tra cui Versailles, nel 1919 pongono condizioni durissime alla perdente Germania e sono le premesse della seconda guerra mondiale. L’evoluzione della dottrina sulla guerra, contrapposta alla cultura della pace, induce la Chiesa a farsi voce profetica. Pio IX (1846-1878) insiste a spiegare le ragioni della pace, promuovere la cultura della pace, presentare gli orrori della guerra, educare i gio­vani a non ripetere gli errori del passato. Per questo favorisce la nascita di alcune riviste: «La Civiltà Cattolica» in Italia nel 1850, «Études» in Francia nel 1856, «The Month» in Inghilterra nel 1864, «Stimmen der Zeit» in Ger­mania nel 1865, «Studien» in Olanda nel 1868, «The Irish.Monthly» in Ir­landa nel 1873, «Zeitschrift fur katholische Theologie» in Austria nel 1877.

La riflessione sulla pace avvicina cattolici e protestanti, che promuovono insieme una scuola a Roma per lo studio del Diritto internazionale e la formazione di arbitri indipendenti per la soluzione dei conflitti. I pensatori cattolici riflettono su un ordine internazionale per rimediare ai danni provocati dalle guerre. Uno dei maggiori studiosi è il gesui­ta torinese Luigi Taparelli d'Azeglio, fratello dello statista Massimo, tra i fondatori de «La Civiltà Cattolica»: i suoi studi sono il punto di riferi­mento per il pensiero dei Papi da Pio IX a Giovanni XXIII.

Leone XIII (1878-1903) inizia a sistematizzare una proposta di «pace positiva», che non si fonda sull'assenza di guerra ma che includa la vo­lontà di formare le coscienze. Questa strategia accresce la credibilità della Chiesa: nel 1885 Leone XIII è scelto da Spagna e Germania come mediatore nella disputa sulle Isole Cardine nel Pacifi­co; nel 1899 lo zar Nicola II di Russia e la regina Guglielmina di Olanda si appoggiano al Papa per con­vocare una conferenza su disarmo e pace: a l’Aja nel maggio 1899 si riuniscono 26 Stati europei e il Papa è riconosciuto da alcuni come garante in forza della sua «paternità universale». Durante la prima (1914-1918) e la seconda (1939-1945) guerra mondiale quattro Papi  (Pio X 1903-1914, Benedetto XV 1914-1922, Pio XI 1922-1939, Pio XII 1939-1958) condannano ripetutamente ogni guerra e riaffermano il valore della pace rile­vando l'urgenza di un'autorità internazionale riconosciuta dagli Stati. Pio X, nella lettera  «Poloniae populum» (3 dicembre 1905) analizza le condizioni della Chiesa cattolica in Polonia sottomessa all’Impero russo; elenca i suoi mali: terrorismo, nazionalismo, massacri di ebrei, scoraggiamento; indica i suoi doveri: fedeltà al Cattolicesimo, rispetto dell’autorità civile, impegno a formare buoni cittadini, a far cessare gli scioperi, a intervenire nella questione operaia, a educare la gioventù e a formare il clero.

Nella lettera «Libenter» (11 giugno 1911) al delegato apostolico negli Stati Uniti d’America mons. Diomede Falconio, il Papa invita alla difesa della pace e alla limitazione degli armamenti: «Compito nobilissimo è promuovere la concordia degli animi, frenare le tendenze bellicose, tenere lontano i pericoli della guerra, rimuovere le sollecitazioni di quella che si suol chiamare “la pace armata”». Il «guerrone», come lo definisce Pio X, inizia il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia in seguito all’assassinio di Sarajevo.

Papa Sarto promulga il 2 agosto «Dum Europa fere omnis», esortazione a tutti i cattolici per la pace: «Mentre quasi tutta l'Europa è trascinata nei vortici di una funestissima guerra, ai cui pericoli, alle cui stragi e alle cui conseguenze nessuno può pensare senza sentirsi opprimere dal dolore e dallo spa­vento, non possiamo non preoccuparci e non sentirci stra­ziare l'animo dal più acerbo dolore per la salute e la vita di tanti cittadini e di tanti popoli, che ci stanno sommamente a cuore. In così gravi angustie sentiamo che la carità di padre e l'apostolico ministero richiede di far innalzare gli animi a colui da cui solo “può venire l'aiuto”, a Cristo “principe della pace e mediatore potentissimo degli uomini presso Dio”. Esortiamo a ricorrere fiduciosi al suo trono di grazie e di misericordie». Il tramonto di Pio X è tragico: è talmente angosciato da non avere la forza di reagire ai malanni che lo stanno minando. Il 20 agosto 1914, dopo aver invano scongiurato il flagello, muore amareggiato.

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