Zanussi: "Dov'è finita la Polonia di Wojtyla"

Il regista polacco amico di Karol Wojtyla racconta il proprio paese a dodici anni dalla morte di Giovanni Paolo II

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Zanussi: "Dov'è finita la Polonia di Wojtyla"

«Zanussi touch», c’è il tocco di Zanussi e tutto il senso della Polonia di oggi nel suo ultimo film, «Corpo estraneo». Spiritualità e consumismo si incontrano/scontrano nel Paese che ha inventato e realizzato la conversione del socialismo reale in democrazia con un mix di passione politica, fede, amore per la libertà. I moti di Danzica, Walesa e Mazowiecky e Solidarność, e la legge marziale sono alle spalle di una Polonia profondamente cambiata. Si è anche liberata, ma anche inebriata (chi può) di consumismo, alcuni hanno scoperto il lusso delle grosse berline tedesche, e nel centro di Varsavia - attorno alla Chiesa di Santa Croce che custodisce il cuore di Chopin - brillano le vetrine dei café e delle gallerie d’arte venate di modernità. In questo set di vita vera postcomunista si agitano fermenti di ogni tipo, non solo: e gli stessi cristiani scoprono di non avere più un’unica sensibilità. Li divide la politica, il senso dell’Europa, i giudizi sui valori e i problemi etici. Solidarność e un certo spirito cattolico avevano saputo unire diverse culture in tutta Europa, temperamenti, azione politica condivisa. Il Papa polacco diede la spallata finale a una svolta che contagiò altri Paesi, sciolse la cortina di ferro, portò alla caduta del Muro.

E oggi? Oggi la Polonia è percorsa da cortei antigovernativi, e si spacca al suo interno. Scontro violentissimo contro un governo ritenuto troppo rigido e controvento rispetto ai valori di piena democrazia, asserragliato sulla difesa di principi granitici piuttosto che appassionato al dialogo e al confronto. Voilà.

Il regista Krzysztof Zanussi, grande amico di Karol Wojtyla, non è solo il Maestro quali sono stati Wajda, Kieslowśki, Polanski - la Polonia ha dato tanto al cinema - è anche professore e conferenziere acuto e tagliente.  È uomo multiforme, è stato un fisico, conosce bene la scienza con i suoi annessi filosofici, insegna in Europa, in Asia, in America. In Russia anche. Parliamo a 360 gradi e ad alzo zero. Il tema Polonia sta stretto: in una lunga conversazione, uno dei più vitali uomini di pensiero di questa Europa spaccata, parliamo dei temi che appassionano, lacerano e si riflettono su l’Occidente: tolleranza, Russia, ecumenismo, guerre, i dilemmi che le migrazioni riversano sull’Europa.

Son passati quasi tre decenni dalla rivoluzione polacca. Lo spirito di quei tempi ebbe grande forza unificatrice, unì l’Europa e il mondo. Ora in Polonia, il mondo cattolico che animò quei cambiamenti è attraversato da forti sommovimenti. Che cosa succede?

Sono passati tre decenni, la Chiesa aveva dirigenti straordinari, quando erano vivi il cardinale Wyszyński o Giovanni Paolo II. Ora invece vediamo divisioni nella Chiesa. Alcuni vescovi appaiono molto attaccati al problema della restituzione dei beni dallo Stato. E credo anche che ci sia una certa nostalgia dei tempi pre-conciliari. Un vescovo forte, un grande intellettuale, è stato l’arcivescovo di Lublino Józef Zyciński, morto alcuni anni fa, rappresentante di una Chiesa postconciliare, non liberalista ma coraggioso, di fede profonda: affrontava con coraggio i problemi della modernità, della scienza, della tecnologia. È tra la gente semplice che c’è un certo appoggio al governo attuale rispetto al quale - diciamo - non c’è nessuna prova che sia particolarmente cattolico. Sì, certo, il governo favorisce la restituzione dei beni alla Chiesa, ma ci sono molti dubbi sull’operato nel campo della scuola, e nella cultura è un disastro totale. C’era necessità di ricambio, abbiamo sofferto per una sinistra chic radicale, per forti spinte al consumismo, cui si aggiunge un certo femminismo sfrenato, di cui io sono stato un poco vittima. Sono stati anche anni di libertinismo e consumismo che hanno affascinato la classe media. All’inizio il mio film «Corpo estraneo» fu giudicato aspramente, specie dalle femministe oltranziste, oggi molti cominciano a dire che questo film non era poi così male. «Corpo Estraneo» è la storia di un amore che non si conclude con una unione, perché la protagonista Kasia decide di prendere i voti, il noviziato.

In Europa il cattolicesimo è stato per lo più una presenza di equilibrio, di rispetto delle regole democratiche. Questa fase del cattolicesimo polacco sta invece dando segni di divisione…

Ci sono molte correnti nella Chiesa polacca, siamo preoccupati anche noi. Ma molti giovani sacerdoti ci consentono di sperare. Non protestano, ma chiedono più cautela in certi atteggiamenti. I nostri seminari si sono un poco chiusi negli ultimi dieci-quindici anni, non cercano più contatto con il mondo esterno. E si nota anche una certa inclinazione per la vita monastica. Molti si preparano a vivere lì tutta la vita. Diversi giovani sacerdoti lì vogliono rimanere, dopo sei, sette anni di seminario, invece di aspirare ad andare nella vita, nella parrocchia, e nella libertà. 

Come valuta il fatto che la politica a volte pretenda di rappresentare la cattolicità?

La politica di cui parliamo sembra manifestare una certa opposizione contro l’attuale Papa. Diversi sacerdoti usano auto di lusso, e non piace tanto che il Papa viaggi su un’utilitaria; si è distanti da una certa semplicità del Papa. Il ritorno ai principi elementari evangelici dell’amore verso il prossimo, per taluni è scomodo; a volte è più comodo rimanere nelle vecchie strutture del potere, della Chiesa della disciplina, la Chiesa che condanna. Abbiamo poi una legge sull’aborto abbastanza severa, ma non in sintonia al cento per cento con il magistero della Chiesa. In molte parti del mondo l’aborto è legalmente permesso e moralmente condannabile; il fatto che sia moralmente condannabile, non vuol dire che si cerca di incarcerare il medico o la donna. Il nuovo governo voleva introdurre un dibattito in vista del divieto assoluto, qualcosa che somiglia a una sharia. C’è stata una grande opposizione. Anche molti cattolici hanno protestato.

I polacchi e la Polonia hanno saputo cambiare il Paese e il mondo senza rompere neppure un vetro. Hanno saputo unire le genti, e gli ideali di Solidarność. Eppure se dobbiamo parlare di accoglienza, con i migranti, vediamo tante riserve, come mai?

Devo dire che è un fatto legato con i media, in tutta Europa. Si confonde il gran movimento dei popoli che si avvicinano. Si vede benissimo anche in Africa, dove la situazione climatica peggiora, milioni e milioni di persone devono cercare un altro luogo per vivere. E allora parlare di accoglienza è un poco ingenuo. Bisogna trovare una soluzione, perché sennò saremo coperti da milioni, come l’impero romano che fu invaso da germanici e slavi. Sono due cose diverse. In Polonia questa migrazione è stata presentata come la prima ondata di un’invasione, come di gente che vuole conquistare il nostro continente. È stata presentata così dal nostro governo: tutto sbagliato. Domenica il cardinale Nycz di Varsavia ha pubblicato una lettera in favore dell’accoglienza, andando contro il governo.

Spiace oggi sentire parlare di «democratura» (democrazia/dittatura) in un Paese al confine con la Russia, sul margine orientale dell’Europa. Perché non possiamo non sentirci europei?

L’Europa unita da molti anni mostra un volto anticristiano. Mi sembra che i britannici siano i peggiori, non i francesi. Il laicismo britannico spesso ha un’ostilità nei confronti dell’eredità cristiana. Non è questa la nostra Europa. La nostra Europa era anche la civitas cristiana, un concetto secondo cui i cristiani non possono fare la guerra tra loro. Un esempio: la British Airways vieta qualsiasi simbolo dell’identità religiosa ai suoi lavoratori. Per noi cristiani questa è un’offesa.  

A 30 anni dalla fine della Guerra fredda, la Polonia è ancora crocevia politico; chiede più presenza Nato, in un’area, vicina al Baltico, dove la Russia compie azioni di disturbo. Mentre si riprende la Crimea e mentre forze filorusse si armano in Ucraina. Anche in altre aree del mondo ci sono tensioni, ma la Polonia continua a patire molto la Russia, c’è un passato che non passa in Polonia. La vicinanza è la causa?

Non abbiamo fiducia nell’Ostpolitik, quella che fu della Germania e, secondo me, anche quella del  Vaticano. Ritengo che siano stati sbagli del passato.

Perché?

Perché prolungava e dava legittimità ai regimi repressivi. Era una voglia di stabilità, per la quale abbiamo dovuto soffrire, perché ci fosse pace e tranquillità per l’Occidente, per poter fare affari e business: non va bene.

La Germania ha cercato seriamente di superare il passato, nel dopoguerra, anche attraverso la scuola: molti giovani sono cresciuti con il complesso di colpa di essere tedeschi...

È un buon esempio, noi tutti dobbiamo confermarci il complesso di colpa come figli di Caino, e perché c’è un peccato originario. Nella dottrina cristiana non dobbiamo mai emarginare questo elemento: come esseri umani siamo deboli e pericolosi e inaffidabili. Dobbiamo esserne consapevoli. In questo momento di relativo benessere stiamo dimenticando che l’essere umano non è affidabile per niente, non può fidarsi di se stesso, ma solo di Cristo. E qui c’è una certa confusione. Debbo dire, con grande paura, che si avvicina un tempo di guerra. Sarà una grande sorpresa per tutti coloro che credono che l’uomo sia buono: questa illusione di Rousseau è inadeguata al mondo di oggi.

In Polonia si avverte tensione, una certa paura, come sempre. Eppure ai confini non c’è nessuna minaccia esterna, soprattutto mi riferisco alla Russia, il grande vicino di sempre e che sempre ha fatto paura. Perché la Polonia continua ad avere questa perenne paura, genetica, potremmo dire?

Non c’è niente di genetico: ci sono i missili a Kaliningrad puntati verso Varsavia, e quello che accade in Ucraina è una prova. Basta che ci sia un confronto tra americani e cinesi in Estremo Oriente, e la Russia potrebbe muoversi verso l’Europa. E i missili sono puntati anche verso altre capitali.

Non c’è più guerra fredda, sta forse per diventare una guerra calda…

In Ucraina, loro la sentono già, perché ci sono tanti morti…

Non si stempera mai questo dualismo storico, paure e diffidenze, Oriente e Occidente, Polonia-Russia. Anche in campo religioso, l’ecumenismo stenta a farsi largo. Le distanze restano enormi. Giovanni Paolo II cercò di andare in visita a Mosca.

Ci può essere una politica buona o meno buona verso l’Oriente. Quando il cardinale Casaroli nominava i vescovi in Cecoslovacchia, negoziava con il governo cecoslovacco. Credo che fosse una Ostpolitik sbagliata.

Che cosa pensa dei rapporti tra religione e politica? In Russia c’è un altissimo numero di battesimi e ottimi rapporti tra Chiesa ortodossa e Putin.

In Russia c’è una lunga tradizione di cesaropapismo, cioè identità tra Chiesa e Stato, in Occidente abbiamo avuto Canossa. Ma il punto principale della differenza tra Occidente e Oriente sta nella preoccupazione della salvezza. Per l’Occidente sta nel miglioramento di questo mondo, invece nel pensiero orientale più estremo, più idealista, dicono: questo mondo non importa molto. Io credo che noi cristiano occidentali abbiamo trovato un certo equilibrio: miglioriamo questo mondo per essere degni del mondo successivo, quello eterno. L’ecumenismo? Si tratta di un rapporto tra due rami del cristianesimo. Non possiamo essere identici, gli ortodossi hanno un altro atteggiamento nei confronti del mondo. E devono conservarlo; non è detto che loro non abbiano ragione; adesso sembra che noi abbiamo ragione. Noi abbiamo investito molto per migliorare questo mondo. In Occidente la vita media è di quasi venti anni più lunga che non in Russia. Se la vita è un dono del Signore, noi concludiamo che dobbiamo conservarla.

Il suo ultimo film ci parla della difficoltà in Polonia, in Europa, nell’Occidente: dal comunismo al consumismo.

L’uomo spirituale è un uomo che si auto-limita, nel mondo consumista questo dà fastidio, l’uomo spirituale non consuma tanto, si autolimita. Spiritualità è una parola odiata nel mondo consumista, dove si parla tanto di libertà: fai quello che vuoi. L’uomo spirituale consuma meno.

In questo tempo di guerre ideologiche, di confronto con l’islam, con uno sfondo di guerra in Medio Oriente, lei dice: non si può essere tolleranti con gli intolleranti.

Il problema è che la tolleranza può anche diventare indifferenza, un’ideologia di moda. È un concetto sbagliato. Se c’è amore, non c’è bisogno di tolleranza. Se io amo l’altra persona non c’è bisogno di tolleranza, ma se commette un crimine io devo oppormi. Il tollerante dice: ‘questo è la sua specificità culturale, di quella persona, io lascio correre’. Se il mio vicino picchia la moglie, ‘questa è la sua identità culturale, e non posso intervenire’.

Ho visto spesso, ad ogni momento di tensione, bandiere ed urla. Pace, siamo tutti pacifisti, ma ciò è sempre giusto? Torniamo ai temi del confronto.

Dobbiamo sempre parlare del costo della pace. La pace è qualcosa che costa molto. Se il costo è eccessivo, se il costo è la sofferenza degli altri, io non posso tollerare che il mio vicino torturi o uccida innocenti. Significherebbe che io sono coinvolto in quel crimine.

Parliamo di fisica ora, dell’universo, lei è stato un fisico. Anche in quel campo è tempo di imponenti cambiamenti, di rivoluzioni scientifiche. Da una personale esperienza vedo che molti scienziati sono agnostici e altri vagamente o apertamente aperti alla fede. Ho riscontrato una certa apertura al mistero…

Non dobbiamo confondere la confessionalità con l’essenza della fede. Il mistero è l’essenza della fede. La fede popolare senza mistero è un fatto culturale e non spirituale. Questo è importante nel campo della fisica teorica. Il pensiero dell’epoca di Newton non è più attuale, è un capitolo chiuso. Con Newton si è chiuso l’illuminismo. Tutto il pensiero basato sul concetto, con il determinismo, è retrogrado, mentre il mistero è molto più attuale. Le scienze umanistiche, invece, sono tutte deterministiche. La psicologia spiega che posso essere un delinquente perché ho avuto un cattivo padre. Anche la storia spiega tutto, dimenticando la dimensione del mistero. Invece la fisica - da Einstein e Schroedinger e tutti gli altri - ha deciso che nel mondo moderno il determinismo è inadeguato, che c’è mistero, e che non si possono sapere certe cose. Questo apre la prospettiva religiosa. Einstein parlava sempre del mistero. Evocava una prospettiva metafisica; non era confessionale, è tutt’altra cosa.

Molti ritengono Einstein ateo, non è proprio così.

È un personaggio iconico e abusato nel mondo moderno. L’anno scorso abbiamo avuto la prova che le onde gravitazionali esistono, tutto è diverso. Einstein l’aveva previsto, dicendo che sarebbe stato un qualcosa di completamente astratto. E ora, invece, vediamo che esistono.

Posso chiederle della sua fede? La fede non è mai al cento per cento. Lei è un uomo di pensiero, non di certezze.

C’è sempre un dubbio, sempre un pericolo. Sappiamo dalla filosofia dei greci che una cosa può essere e può non essere, e pensiamo ancora che essere è meglio di non essere. Ma c’è sempre la paura, il terrore, che forse non c’è Dio.

Lei come affronta questo dilemma?

Io verifico ogni giorno, e rimango con la speranza e la richiesta. Ma è una richiesta, non è che una richiesta.

Con i suoi film?

Anche con i miei film.

E che cosa dice il Faust che sta preparando?

Il mio Faust è solo un’adesione al mito universale. Il mio Faust moderno non crede che l’anima esista. Ma la rivelazione, la cattiva notizia per Faust, è che la morte non è la fine.

Questa Europa è in grande crisi. Perché?

Tradisce i propri ideali. Nella Prima e Seconda guerra mondiale c’è la prova che tra i cristiani ci può essere la guerra. Le idee di Schumann e De Gasperi sono state tradite con concetti della sinistra, con l’abbandono della trascendenza: questo è lo sbaglio principale dopo il Sessantotto. Ma ora continuo a lavorare al Faust, lavorerò altri cinque o sei mesi. Andrò ora in Argentina, poi a Houston, a Mosca, in Mongolia… a insegnare. Come nel Medioevo, sono un maestro itinerante.

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