Tutte le risposte di Papa Francesco al rientro dalla Svezia

Chiudere le frontiere? Il più cattivo consigliere è la paura, e il migliore è la prudenza. Poi sacerdozio femminile, secolarizzazione, mondanità "prêt-à-porter" nella Chiesa e molto altro

Parole chiave: Papa Francesco (256), Svezia (11), sacerdozio femminile (2), secolarizzazione (4), Maduro (2), frontiere (3), luterani (11), ecumenismo (57), dialogo (74), mondanità (5), migranti (82)
Distinguere tra migranti e rifugiati. Chiudere le frontiere? Il più cattivo consigliere è la paura, e il migliore è la prudenza. Poi sacerdozio femminile, secolarizzazione, mondanità nella Chiesa e molto altro

Si è concluso il diciassettesimo Viaggio all'estero di Papa Francesco. Come consuetudine, durante il volo di rientro da Malmo, Papa Francesco ha dialogato a lungo con i giornalisti. Riportiamo la seguente trascrizione fornita dalla Radio Vaticana accompagnata dal servizio video trasmesso da TV2000:

Greg Burke:

Grazie, Santo Padre. Benvenuto un’altra volta. Lei parla molto di “camminare insieme”: questo parla delle diverse religioni; anche noi abbiamo fatto un po’ di strada insieme. Qualcuno per la prima volta: abbiamo un giornalista svedese – credo che sia passato un po’ di tempo dall’ultima volta che c’è stato un giornalista svedese a bordo. Incominciamo da loro. Elin Swedenmark, dell’agenzia svedese “TT”:

Papa Francesco:

Prima di tutto vorrei salutarvi e ringraziarvi per il lavoro che avete fatto, per il freddo che avete preso ma … siamo usciti in tempo, eh? Perché dicono che questa sera [la temperatura] scenderà di altri 5 gradi. Eh … siamo usciti in tempo … Grazie tante. Grazie per la compagnia e per il vostro lavoro.

Distinguere tra migrante e rifugiato

Elin Swedenmark: Grazie. Salve. Ieri, Santo Padre, ha parlato della rivoluzione della tenerezza. Allo stesso tempo, vediamo che sempre più persone provenienti da Paesi come la Siria o l’Iraq cercano rifugio in Paesi europei. Ma alcuni [Paesi] reagiscono con paura o addirittura ci sono persone che pensano che l’arrivo di questi rifugiati possa minacciare la cultura del Cristianesimo in Europa. Qual è il suo messaggio per la gente che teme tale sviluppo della situazione, e quale il suo messaggio alla Svezia che dopo una lunga tradizione di ricevere rifugiati adesso incomincia a chiudere le proprie frontiere?

Papa Francesco:

Prima di tutto, io come argentino e sudamericano ringrazio tanto la Svezia per questa accoglienza, perché tanti argentini, cileni, uruguayani nel tempo delle dittature militari sono stati accolti in Svezia. La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza, ma non soltanto ricevere, ma integrare, cercare subito casa, scuola, lavoro … integrare in un [nel] popolo. Mi hanno detto la statistica – forse sbaglio, non sono sicuro – ma quello che ricordo – ma posso sbagliare – quanti abitanti ha la Svezia? Nove milioni? Di questi 9 milioni – mi hanno detto – 850 mila sarebbero “nuovi svedesi”, cioè migranti o rifugiati o i loro figli. Questo è il primo. Secondo: si deve distinguere tra migrante e rifugiato, no? Il migrante dev’essere trattato con certe regole perché migrare è un diritto ma è un diritto molto regolato. Invece, essere rifugiato viene da una situazione di guerra, di angoscia, di fame, di una situazione terribile e lo status di rifugiato ha bisogno di più cura, di più lavoro. Anche in questo, la Svezia sempre ha dato un esempio nel sistemare, nel fare imparare la lingua, la cultura e anche integrare nella cultura. In questo dell’integrazione delle culture, non dobbiamo spaventarci, eh?, perché l’Europa è stata fatta con una continua integrazione di culture, tante culture, no? Credo che – questo non lo dico in modo offensivo: no, no, no!, ma come una curiosità – il fatto che oggi nell’Islanda praticamente l’islandese, la lingua islandese di oggi possa leggere i suoi classici di mille anni [fa] senza difficoltà, significa che è un Paese con poche migrazioni o poche ondate, come ha avuto [rispetto all’] l’Europa. L’Europa è fatta di migrazioni … Poi, cosa penso dei Paesi che chiudono le frontiere: credo che in teoria non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché non solo a un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare. E se un Paese ha una capacità di venti (20), diciamo così, di integrazione, ma … faccia fino a questo. Altro [Paese] di più, faccia di più. Ma sempre il cuore aperto: non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore, e alla lunga questo si paga. Qui, si paga politicamente, no? Come anche si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di quelli che si possono integrare. Perché, qual è il pericolo quando un rifugiato o un migrante – questo vale per tutti e due – non viene integrato, non è integrato? Si – mi permetto la parola, è un neologismo forse – si ghettizza, ossia entra in un ghetto. E una cultura che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura, questo è pericoloso. Io credo che il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura, e il miglior consigliere sia la prudenza. Ho parlato con un funzionario del governo svedese, in questi giorni, e mi diceva di qualche difficoltà che in questo momento – questo va per l’ultima domanda tua – qualche difficoltà perché vengono tanti che non si fa a tempo per sistemarli, trovare scuola, casa, lavoro, imparare la lingua. La prudenza deve fare questo calcolo. Ma la Svezia è … io non credo che se la Svezia sminuisce la sua capacità di accoglienza lo faccia per egoismo o perché ha perso quella capacità; se c’è qualcosa del genere è per quest’ultimo che ho detto: che oggi tanti guardano alla Svezia perché [ne] conoscono l’accoglienza, ma per sistemarli non c’è il tempo necessario per tutti. Non so se ho risposto. Grazie.

Greg Burke:

Grazie, Santo Padre. Adesso una domanda della televisione svedese: nella stessa fila, Kristina Kappelin :

Il sacerdozio femminile

Kristina Kappelin: Buongiorno. La Svezia, che ha ospitato questo importante incontro ecumenico, ha una donna a capo della propria Chiesa. Che cosa ne pensa? E’ realistico pensare a donne-preti anche nella Chiesa cattolica, nei prossimi decenni? E se non, perché? I preti cattolici hanno paura della competizione?

Papa Francesco:

Leggendo un po’ la storia di questa zona, dove siamo stati, ho visto che c’è stata una regina che è rimasta vedova tre volte … e ho detto: “Ma, questa donna è forte!”. E mi hanno detto: “Le donne svedesi sono molto forti, molto brave e per questo qualche uomo svedese cerca una donna di un’altra nazionalità”: non so se sia vero, ma … Sull’ordinazione di donne nella Chiesa cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane. Questo rimane. Sulla competizione, non so …

(domanda di Kristina Kappelin, fuori campo)

Papa Francesco:

Se leggiamo bene la dichiarazione fatta da San Giovanni Paolo II, va in quella linea. Sì. Ma le donne possono fare tante cose, meglio degli uomini. E anche nel campo dogmatico: per chiarire, forse per fare una chiarezza, non fare soltanto un riferimento a un documento: nella ecclesiologia cattolica ci sono due dimensioni, per pensarla. La dimensione petrina, che è quella degli apostoli – Pietro e il collegio apostolico, che è la pastorale dei vescovi – e la dimensione mariana, che è la dimensione femminile della Chiesa. E questo l’ho detto qui, più di una volta. Io mi domando chi è più importante nella teologia e nella mistica della Chiesa: gli apostoli o Maria, nel giorno di Pentecoste? E’ Maria! [Di] Più: la Chiesa è donna! E’ “la” Chiesa, non è “il” Chiesa. E’ la Chiesa. E la Chiesa sposa Gesù Cristo. E’ un mistero sponsale. E alla luce di questo mistero si capisce il perché di queste due dimensioni: la dimensione petrina, cioè vescovile, e la dimensione mariana, con tutto quello che sia la maternalità della Chiesa, ma in senso più profondo. Non esiste la Chiesa senza questa dimensione femminile, perché lei stessa è femminile.

Ecumenismo e Rinnovamento Carismatico

Austin Aivereigh: Tante grazie, Santo Padre. Questo autunno è stato molto ricco di incontri ecumenici con le Chiese tradizionali: l’ortodossa, l’anglicana e adesso la luterana; ma la maggior parte dei protestanti ora nel mondo sono di tradizione evangelica, pentecostale… Ho saputo che alla vigilia di Pentecoste del prossimo anno si terrà un evento al Circo Massimo per celebrare il 50.mo anniversario del Rinnovamento Carismatico. Lei ha fatto molte iniziative – forse la prima volta per un Papa – nel 2014 con i leader evangelici. Cosa è successo con queste iniziative e cosa si aspetta di ottenere dalla riunione, dall’incontro dell’anno prossimo? Tante grazie. 

Papa Francesco: 

Con queste iniziative… Io direi che ho fatto due tipi di iniziative. Una quando sono andato a Caserta alla Chiesa Carismatica, e anche nella stessa linea quando a Torino sono andato alla Chiesa Valdese. Una iniziativa di riparazione e di richiesta di perdono perché i cattolici… parte: parte della Chiesa cattolica non si è comportata cristianamente, bene, nei loro confronti. E lì era da chiedere perdono e da risanare una ferita.

L’altra iniziativa è stata quella del dialogo, e questo già a Buenos Aires. A Buenos Aires, per esempio, abbiamo fatto tre incontri al Luna Park di Buenos Aires che ha una capienza di 7.000 persone. Tre incontri di fedeli evangelici e cattolici in linea con il Rinnovamento Carismatico, ma anche aperta. E incontri che duravano tutto il giorno: predicava un pastore, un vescovo evangelico e predicava un sacerdote cattolico o un vescovo cattolico; oppure due a due, si alternavano. In due di quegli incontri, se non in tutti e tre, ma in due di sicuro, ha predicato padre Cantalamessa, che è il predicatore della Casa Pontificia.

Credo che la cosa derivi già dai pontificati precedenti, e da quando io ero a Buenos Aires, e quello ci ha fatto bene. Ed abbiamo fatto anche dei ritiri spirituali di tre giorni con pastori e sacerdoti insieme, predicati anche da pastori e da un sacerdote oppure un vescovo. E quello ha aiutato molto il dialogo, la comprensione, l’avvicinamento, il lavoro… soprattutto il lavoro con i più bisognosi. Insieme. E il rispetto, il grande rispetto. Questo in riferimento alle iniziative, che già da Buenos Aires… e questa adesso… Qua a Roma ho avuto diverse riunioni con pastori… due o tre già. Alcuni sono venuti dagli Usa e da qua, dall’Europa.

E quello che lei ha menzionato è la celebrazione che organizza l’Iccrs, la celebrazione per i 50 anni del Rinnovamento Carismatico, che è nato ecumenico, e per quello sarà una celebrazione ecumenica in questo senso, e si terrà al Circo Massimo. Io prevedo – se Dio mi dà vita – di andare a parlare lì. Mi sa che dura due giorni, però ancora non è organizzata. So che si terrà alla Vigilia di Pentecoste, e io parlerò in qualche momento. A proposito del Rinnovamento Carismatico e a proposito di Pentecostali: la parola “pentecostale”, la denominazione “pentecostale” oggi è ambigua, perché si riferisce a molte cose che non sono uguali, anzi, sono opposte. Allora, serve essere più precisi, no? Cioè, si è così tanto diffusa che è diventato un termine ambiguo. In Brasile questo è tipico, dove si è propagata abbastanza.

Il Rinnovamento Carismatico nasce – e uno dei primi oppositori che c’è stato in Argentina è il sottoscritto – perché io ero Provinciale dei Gesuiti a quell’epoca, quando è iniziato in Argentina, e io ho proibito ai Gesuiti di avere a che fare con loro. E ho detto pubblicamente che quando si faceva una celebrazione liturgica bisognava fare una cosa liturgica e non una “escuela do samba”. Quello ho detto. Ed oggi la penso al contrario, quando le cose sono ben fatte.

Anzi, a Buenos Aires, tutti gli anni una volta all’anno avevamo nella cattedrale la Messa del Movimento del Rinnovamento Carismatico, alla quale venivano tutti. Cioè, anch’io ho sperimentato un processo di riconoscimento del buono che il Rinnovamento ha dato alla Chiesa. E non bisogna dimenticare la grande figura del cardinale Suenens, che ha avuto quella visione profetica ed ecumenica.

L'incontro con Maduro

Eva Fernandez: Santo Padre, mi piacerebbe farLe questa domanda in italiano ma ancora non mi sento in grado. Poco tempo fa, Lei è stato con Nicolás Maduro, Presidente del Venezuela. Che sensazione Le ha dato questo incontro e quale è la Sua opinione sull’inizio dei colloqui? Molte grazie, Santo Padre.

Papa Francesco:

Sì, il Presidente del Venezuela ha chiesto un colloquio e un appuntamento perché lui veniva dal Medio Oriente, dal Qatar, dagli altri Emirati e faceva scalo tecnico a Roma. Aveva  chiesto un colloquio prima. E’ venuto nel 2013, poi aveva chiesto un altro appuntamento ma poi si è ammalato e non è potuto venire e ha chiesto questo. Quando un Presidente chiede, lo si riceve, per di più era a Roma, in scalo.  L’ho ascoltato, mezz’ora, l’appuntamento, l’ho ascoltato, io gli ho fatto qualche domanda e ho sentito il suo parere. E’ sempre buono sentire tutte le arie (opinioni?). Ho sentito il suo parere. In riferimento al secondo, il dialogo. L’unica strada per tutti i conflitti, eh? Per tutti i conflitti! O si dialoga o si sgrida (grida), ma non ce n’è un’altra. Io col cuore ce la metto tutta sul dialogo e credo che si debba andare su quella strada. Non so come finirà, non so perché è molto complesso ma la gente che è nel dialogo è gente di statura politica importante: Zapatero, che è stato due volte presidente del governo della Spagna, e quell’altro, Restrepo, hanno chiesto alla Santa Sede di essere presenti nel dialogo, ambedue le parti. E la Santa Sede ha designato il nunzio in Argentina, mons. Tscherrig, il quale credo che è lì, sul (al) tavolo del negoziato. Ma il dialogo che favorisce il negoziato è l’unica strada per uscire dai conflitti, non ce n’è un’altra… Se il Medio Oriente facesse questo, quante vite sarebbero state risparmiate!

La secolarizzazione e la mondanità prêt-à-porter nella Chiesa

Mathilde Imberty: Santità, stiamo tornando dalla Svezia, dove la secolarizzazione è molto forte, è un fenomeno che tocca l’Europa in generale. Addirittura in un Paese come la Francia si stima che nei prossimi anni una maggioranza di cittadini saranno senza religione. Secondo lei, la secolarizzazione è una fatalità? Chi sono i responsabili, i governi laici o la Chiesa che sarebbe troppo timida? Grazie.

Papa Francesco:

Fatalità, no. Io non ci credo nelle fatalità! Chi sono i responsabili… Io non saprei dire… Tu sei il responsabile. Io non so, è un processo… Ma prima di questo voglio dire una cosina. Papa Benedetto XVI parlato tanto di questo e chiaramente, no? E quando la fede diventa tiepida è perché, come lei dice, si indebolisce la Chiesa… I tempi più secolarizzati… Ma pensiamo alla Francia per esempio, i tempi della mondanizzazione della Corte, no? I tempi dove i preti erano l’abbé della corte, un funzionalismo clericale che… Ma mancava la forza dell’evangelizzazione, la forza del Vangelo, no? Sempre, che (quando) c’è la secolarizzazione possiamo dire che c’è qualcosa di debole nell’evangelizzazione, quello davvero… Ma anche c’è un altro processo, un processo culturale, un processo - credo che una volta ne ho parlato - della seconda forma di “incultura”, quando l’uomo riceve il mondo da Dio e per farlo cultura, per farlo crescere, dominarlo, a un certo punto l’uomo si sente tanto padrone di quella cultura – pensiamo al mito della Torre di Babele – è tanto padrone di quella cultura che incomincia a fare lui il creatore di un’altra cultura, ma propria, e occupa il posto di Dio creatore. E nella secolarizzazione io credo che prima o poi si arriva al peccato contro il Dio creatore. L’uomo sufficiente… Non è un problema di laicità perché ci vuole una sana laicità, che è l’autonomia delle cose, l’autonomia sana delle cose, l’autonomia sana delle scienze, del pensiero, della politica, ci vuole una sana laicità. No, un’altra cosa è un laicismo più come quello che ci ha lasciato in eredità l’illuminismo. Ma io credo che sono queste due cose: un po’ la sufficienza dell’uomo creatore di cultura ma che va oltre i limiti e si sente Dio e anche una debolezza nell’evangelizzazione, diventa tiepida e i cristiani sono tiepidi. Lì ci salva un po’ riprendere la sana autonomia nello sviluppo della cultura e delle scienze anche con la dipendenza di essere creatura, non Dio, e anche riprendere la forza dell’evangelizzazione. Oggi io credo che questa secolarizzazione è molto forte nella cultura e in certe culture. E’ anche molto forte in diverse forme di mondanità, la mondanità spirituale: quando entra nella Chiesa la mondanità spirituale è il peggio. Non sono parole mie queste che dirò adesso, sono parole del cardinale de Lubac, uno dei grandi teologi del Concilio. Dice che quando nella Chiesa entra la mondanità spirituale, questo un modo…, è il peggio che gli  può accadere, peggio ancora di quello che è accaduto nell’epoca dei Papi corrotti. E dice alcune forme di corruzione dei Papi non ricordo bene ma tante, no? La mondanità - e questo per me è pericoloso - e a rischio che questo sembri un sermone, un’omelia! - ma io dirò questo: Gesù quando prega per tutti noi nell’ultima cena chiede una cosa per tutti noi  al Padre, di non toglierci dal mondo ma difenderci dal mondo, dalla mondanità. E’ pericolosissima, è una secolarizzazione un po’ truccata, un po’ travestita, un po’ prêt-à-porter, nella vita della Chiesa. Non so se ho risposto qualcosa…

La tratta ed il volontariato

Jürgen Erbacher: Santità, qualche giorno fa ha incontrato il Santa Marta Group che si occupa della lotta contro la schiavitù moderna e il traffico umano, temi che secondo me le sono molto a cuore non solo come Papa ma già a Buenos Aires lei si  è occupato di questi temi. Perché? C’è stata un’esperienza speciale o forse anche personale? E poi come tedesco, all’inizio dell’anno della commemorazione della riforma, devo anche chiedere se lei viene in quel Paese dove ha cominciato questa riforma 500 anni fa, forse, durante quest’anno?

Papa Francesco:

Incomincio con la seconda. Il programma del viaggio del prossimo anno non è fatto. Sì, soltanto si sa, è quasi sicuro che io andrei in India e Bangladesh, ma non è stato fatto, è un’ipotesi. E la prima domanda. Sì, io da tempo, da Buenos Aires, da prete, sempre ho avuto questa inquietudine della carne di Cristo, no? Il fatto che Cristo continua a soffrire, Cristo viene crocifisso continuamente nei suoi fratelli più deboli, mi ha sempre commosso. Ho lavorato da prete, piccole cose con i poveri, ma non esclusivamente, anche lavoravo con gli universitari… Poi da vescovo a Buenos Aires abbiamo fatto anche con gruppi non cattolici e non credenti contro la schiavitù nel lavoro, soprattutto dei migranti latinoamericani che arrivavano in Argentina, che arrivano. Gli prendono il passaporto e li fanno lavorare come schiavi nelle industrie, no?, ma chiuse… ma una volta se n’è incendiata una e i bambini li avevano sul terrazzo tutti morti e anche qualcuno di lì che non è potuto fuggire… Davvero schiavi e schiavi e questo mi ha commosso. La tratta delle persone…  E anche, ho lavorato con due congregazioni di suore che lavorano con le prostitute, le donne schiave della prostituzione. Non mi piace dire “prostitute”: schiave della prostituzione. Poi, una volta l’anno tutti questi schiavi del sistema facevano una Messa a piazza Constitución che è una delle stazioni delle ferrovie - come a Termini, pensi a Termini - e lì si faceva la Messa con tutti. A questa Messa venivano tutte le organizzazioni, le suore che lavoravano e anche i gruppi di non credenti ma che lavoravamo insieme. E qui si lavora lo stesso, no? Ma qui in Italia ci sono tanti gruppi di volontariato che lavorano contro ogni forma di schiavitù sia di lavoro sia delle donne. Alcuni mesi fa ho visitato una di queste organizzazioni e la gente… qui in Italia, si lavora bene, nel volontariato. Io mai ho pensato che succeda (potesse succedere) questo, no? E’ una cosa bella che ha l’Italia, il volontariato. E questo è dovuto ai parroci. L’oratorio e il volontariato sono due cose che sono nate dallo zelo apostolico dei parroci italiani. Ma non so se ho risposto o qualcosa…

Papa Francesco

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