Merkel, uno scoglio saldo contro le derive populiste

La Cancelliera si ricandida per un quarto mandato alle elezioni del 2017

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Merkel, uno scoglio saldo contro le derive populiste

Gli italiani si lamentano perché il governo cambia spesso, anche se oggi meno di ieri. I tedeschi si lamentano perché si cambia poco. Angela Merkel, nata nel 1954, quando Giorgio Napolitano era già in Parlamento, dopo lunghe esitazioni, ha deciso di ripresentarsi per la quarta volta, il prossimo settembre. A meno di una sorpresa, possibile ma improbabile, dovrebbe vincere. Al termine del mandato, avrà dunque governato per sedici anni, eguagliando il primato del suo padrino Helmut Kohl. Adenauer giunse a 14 anni.  Otto von Bismarck, il Cancelliere di Ferro, governò con una breve interruzione dal 1862 al 1890, ma all’inizio era ‘solo’ primo ministro della Prussia.

In Germania si parla di Kanzlersbonus, come dire il vantaggio del Cancelliere: chi è al potere difficilmente viene mandato via dagli elettori. E la Costituzione non pone limiti ai mandati: potrebbe essere confermato vita natural durante. Molti a Berlino incominciano a chiedersi se non sia il caso di imitare gli americani: al massimo due conferme, otto anni sono sufficienti. Per strada, i sostenitori dell’AfD, Alternative für Deutschland, innalzano cartelli con scritto «Stop Merkelsdiktatur». Il suo ritiro sarebbe stato interpretato come una vittoria dei populisti?

Angela Merkel, il cui volto dimostra quanto il potere logori, ha spiegato che rimane in campo per difendere la democrazia. La signora d’Europa, appare come uno scoglio saldo, contornato da acque inquiete, e infide. I Paesi dell’Est, dalla Polonia all’Ungheria, sono trascinate da una deriva autoritaria, come l’Austria spaccata in due, in Gran Bretagna hanno vinto gli antieuropeisti anche se oggi appaiono pentiti, l’anno venturo in Francia potrebbe diventare presidente Madame Le Pen, per non dimenticare la nostra Italia. «WirtschaftsWoche», il più autorevole settimanale economico, è apparso con in copertina una macchina espresso rossa e fumante, e con il titolo in italiano «Attenzione». L’Italia può essere alla vigilia di una «crisi di Stato», non di governo, e potrebbe provocare la fine dell’euro. La Grecia è meno forte della sola Lombardia. Noi siamo un Paese fondatore dell’Ue.

Frau Merkel è l’unico leader di statura mondiale, in questa fine d’anno, che ha visto giungere alla Casa Bianca un personaggio come Trump (ma i tedeschi non si erano lasciati incantare neanche da Hillary Clinton, che è stato il peggior ministro degli Esteri Usa negli ultimi cinquant’anni). Lei non piace in casa sua ai giornalisti con la puzza sotto il naso, come quelli dello «Spiegel», che le rivolgono le solite accuse di «non avere grandi visioni». Ma il suo predecessore socialdemocratico, Helmut Schmidt, scomparso recentemente a 92 anni, ammoniva che «quando un politico ha delle visioni è il momento di chiamare la neurodeliri». Durante gli undici anni di Angela, la Germania ha raggiunto un benessere invidiabile, mai tanti occupati, mai così pochi senza lavoro, e non lasciatevi ingannare dalle cifre: aumenterebbero i poveri, ma solo perché statisticamente sale la soglia di povertà, calcolata sul 60 per cento del reddito medio. Un tedesco è povero se guadagna poco meno di 900 euro al mese, nella ricca Baviera la soglia è posta a 1.300 euro. Nessun paragone possibile con noi, senza dimenticare che il costo della vita è inferiore in Germania (incredibile ma vero), e i servizi dalla sanità ai mezzi pubblici funzionano molto meglio. Le preoccupazioni provengono dall’Europa: se la Banca Centrale, governata dal nostro Draghi, abbassa a quasi zero gli interessi, i fondi pensione non rendono, e per gli anziani il futuro si tinge di nero.

Nel settembre del 2015, Frau Angela aprì, o meglio non chiuse, le frontiere innanzi all’esodo dei disperati. Ne giunse oltre un milione in pochi mesi e le strutture pubbliche non ressero all’urto. Poi giunse la notte delle violenze a Capodanno a Colonia (duemila giovani musulmani ubriachi aggredirono le donne), e la serie di attentati in luglio in Baviera. La popolarità della Merkel crollò da 65 punti a 42, ma lei non cambiò idea, continuando a ripetere Wir schaffen das, ce la faremo.

Una scelta morale, anche se soprattutto all’estero si è malignato, sostenendo che la Merkel volesse attirare mano d’opera per le sue industrie. In effetti in Germania mancano gli operai, ma specializzati, e sul milione di profughi appena 40 mila sono stati in grado di svolgere un lavoro qualificato. Gli altri dovranno essere mantenuti e integrati. Per bloccare i Flüchtlinge, i «fuggiaschi» come qui, più esattamente, vengono chiamati i nostri migranti, si sarebbe dovuto inviare l’esercito al confine tra Baviera e Austria. Che avrebbe detto il mondo dei tedeschi, eterni nazisti? Con un paragone troppo facile, e dunque sbagliato, viene chiamata spesso la Thatcher prussiana, ma Frau Angela, cresciuta nella scomparsa Ddr «rossa», figlia di un pastore luterano, ha una forte coscienza sociale.

I cristianosociali bavaresi, che stanno alla sua destra, sono per lei, dopo aver perfino minacciato di denunciarla alla Corte Costituzionale per aver favorito l’«invasione islamica». I socialdemocratici sono ancora incerti chi contrapporle, o Sigmar Gabriel, attuale vicecancelliere, poco amato dagli elettori, o Martin Schulz, l’ex presidente del Parlamento europeo. Se si votasse all’americana, in un duello personale, Angela batterebbe Sigmar per 65 a 25, mentre il margine è minore nei confronti di Martin, 47 a 38.

Schulz, 61 anni, deve tutto al nostro Silvio. Il giorno del destino nella sua vita, fu il 2 luglio del 2003. Fino a quel momento, in Germania pochi lo avevano mai sentito nominare. Anche in Germania, spediscono a Bruxelles i politici di cui non si sa bene che fare. Buoni e simpatici, ma confinati su un’eterna panchina. Berlusconi lo insultò, offrendogli il ruolo di kapò, il guardiano dei lager, in un suo film, e i tedeschi insorsero. Il nazismo è un tasto delicato. Ma non basta, forse, per conquistare la Cancelleria.

Un’éra difficile quella di Frau Merkel (62 anni). Nel primo mandato, la drammatica crisi mondiale della finanza, nel secondo la Grecia con lei posta sul banco dei colpevoli, come spietata paladina del rigore e della stabilità, ed ora l’Europa che sembra ripiombare nella guerra fredda, e l’esodo dei disperati che invadono l’Europa, e la sua Germania. Se fosse stata in lei, avrebbe dato le dimissioni a metà mandato, nel 2015, per godersi la vita, insieme con il marito, il professore di Fisica Joachim Sauer, che sta per andare in pensione. Ma qualcuno tradì la sua intenzione, e fu costretta a ripensarci, per non dare l’impressione di fuggire innanzi alle critiche, che le giungevano da ogni parte, all’interno, e soprattutto all’estero. Ora resta per dovere, non è più la Mutti, la mammina che rassicura, e molti tedeschi votano per lei perché non hanno alternative credibili. La signora avrà i suoi difetti, ma a Berlino non sembra che ci sia qualcuno migliore di lei. E neppure in Europa, piaccia o meno.

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