L'Unione oltre la politica monetaria e lo sviluppo, serve un piano sicurezza

Una settimana molto importante per l'Unione Europa che inizia un nuovo semestre e si misura sui temi della politica internazionale

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L'Unione oltre la politica monetaria e lo sviluppo, serve un piano sicurezza

Le sanguinose incursioni del terrorismo islamico in Europa, prima in Francia e pochi giorni dopo in Belgio, hanno scosso dalla loro sonnolenza le Istituzioni comunitarie, ad oggi ancora ferme alle dichiarazioni, anche se è probabile che almeno i servizi di "intelligence" dei Paesi UE abbiano intensificato il loro coordinamento .
In attesa di un Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, previsto il 12 febbraio, convocato per affrontare il problema della sicurezza, ci si può aspettare che la macchina comunitaria sfrutti nel frattempo i pochi margini di manovra che le consentono i Trattati per adottare prime misure urgenti. Sarebbe anche logico aspettarsi che Federica Mogherini, Alto Rapprentante per la politica estera e della sicurezza esca dalla tana, molto di più di quanto abbia fatto fino ad oggi, e colga l'occasione per forzare i Trattati sulla scia delle attese e delle paure dei cittadini europei, sempre più consapevoli che ingessata com'è questa Unione serve a poco.

Intanto l'Ue è confrontata ad alcune scadenze importanti, a cominciare dall'appuntamento del 22 gennaio quando la Banca centrale europea (BCE) ha all’ordine del giorno un massiccio acquisto di titoli di Stato, per dare una scossa all’economia europea, contrastare la deflazione in corso e tentare di rilanciare i consumi, Bundesbank permettendo.

Si tratta di una scadenza che, almeno in parte, spiega l'inattesa decisione svizzera di modificare il rapporto di cambio del franco con un euro, posizionato oggi 1 a 1, per ora con la valuta elvetica, forse domani con lo stesso dollaro. Anche se nessuno crede che, a termine, la politica monetaria possa sostituire la politica economica e ancor meno la politica "tout court".

La decisione della Bce sarà resa difficile anche dalla vigilia delle elezioni greche, in programma tre giorni dopo, il 25 gennaio. Se i sondaggi non saranno smentiti, risultato possibile viste le pressioni da ogni parte sull'elettorato greco, l'UE dovrà affrontare una richiesta di svolta radicale nella sua politica economica e finanziaria, ossessionata in questi anni dal rigore imposto dalla Germania e dai Paesi nordici. Per la Grecia – ma anche per l’UE – si tratterebbe di una svolta radicale, ma accompagnata da una proposta politica ragionevole che aiuterebbe a fare decollare crescita e occupazione non solo in Grecia ma anche nel resto dell'UE, senza mettere in pericolo l'euro, semmai solo contrastando le tentazioni egemoniche tedesche.

Non è chiaro l'atteggiamento del governo italiano in proposito, assorbito in questi giorni da complicati giochi per il Quirinale. La battaglia condotta durante il semestre di presidenza italiana UE, con qualche risultato, sul tema della flessibilità dovrebbe far guardare con simpatia alle rivendicazioni greche, anche se è comprensibile che l'Italia non voglia essere troppo assimilata alla Grecia proprio adesso che deve affrontare gli esami di riparazione per i suoi ancora precari conti pubblici.
E’ tuttavia in queste congiunture che gli statisti di razza dimostrano le loro reali qualità politiche, non solo tattiche ma strategiche. Si dice che è quando il gioco si fa duro che i duri si mettono a giocare.
Anche per l'Italia e i suoi governanti è venuta l'ora di scendere in campo: la partita ormai è cominciata.

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