Il Papa a Cracovia: Misericordia e accoglienza

Tutte le risposte del Papa ai ragazzi di Cracovia. Poi la difesa della vita, il difficile problema dei migranti e la guerra a pezzi negli incontri della prima giornata.

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Tutte le risposte del Papa ai ragazzi di Cracovia. Poi la difesa della vita, il difficile problema dei migranti e la guerra a pezzi negli incontri della prima giornata.

Dopo quella di Czestochowa (10-15 agosto 1991) questa è la seconda GMG che si tiene in Polonia, la patria di San Giovanni Paolo II, l’ideatore delle Giornate Mondiali della Gioventù e di Suor Faustina Kowalska, i due testimoni della Misericordia.

L’abbraccio con i giovani ci sarà solo domani, ma già oggi il Santo Padre ha potuto sperimentare un “anticipo” di GMG, prima con il bagno di folla durante il trasferimento in papamobile lungo le strade del centro di Cracovia e poi con il collegamento in diretta TV con i giovani italiani riuniti sulla spianata davanti al Santuario dedicato a Santa Faustina Kowalska.

Il Papa ha risposto alle domande dei giovani. La prima domanda era di una ragazza scampata per caso all’incidente ferroviario del 12 luglio scorso. Francesco ha osservato che le ferite fanno male, ma danno anche l’opportunità di andare oltre: “come sempre nella vita succede, quando noi siamo stati feriti, rimangono i lividi o le cicatrici: la vita è piena di cicatrici”. Ma la saggezza è “portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita. Ci sono delle cose che non possono andare avanti e ci sono cose che sono bellissime, ma anche succede il contrario: quanti giovani come voi non sono capaci di portare avanti la propria vita con la gioia delle cose belle e preferiscono lasciarsi cadere sotto il dominio della droga o lasciarsi vincere dalla vita! Alla fine, la partita è così: o tu vinci o ti vince la vita! Vinci tu la vita: è meglio! E quello, fallo con coraggio, anche con dolore. E quando c’è la gioia, fallo con gioia, perché la gioia ti porta avanti e ti salva da una malattia brutta: dal diventare nevrotica. Per favore no, quello no, eh!”.

La seconda ragazza, Andrea, una quindicenne straniera, ha raccontato di aver tentato il suicidio perché vittima del bullismo a scuola e sui social network. Solo in ospedale ha compreso che il vero problema non era lei, ma i ragazzi che le hanno fatto del male. Ed ora desidererebbe perdonarli. “Anche i bambini – ha risposto il Papa - sono crudeli, alle volte, e hanno quella capacità di ferirti dove più ti farà male: di ferirti il cuore, di ferirti la dignità, di ferirti anche la nazionalità”. “La crudeltà è un atteggiamento umano che è proprio alla base di tutte le guerre: di tutte. La crudeltà che non lascia crescere l’altro, la crudeltà che uccide l’altro, la crudeltà che uccide anche il buon nome di un’altra persona. Quando una persona chiacchiera contro un’altra, questo è crudele: è crudele perché distrugge la fama della persona. Ma, tu sai a me piace dire un’espressione quando parlo di questa crudeltà della lingua: le chiacchiere sono un terrorismo; è il terrorismo delle chiacchiere. La crudeltà della lingua, o quella che tu hai sentito, è come buttare una bomba che distrugge te o distrugge chiunque, e quello che la butta non si distrugge. Questo è un terrorismo, è una cosa che noi dobbiamo vincere. Come si vince, questo? Ma, tu hai scelto la strada giusta: il silenzio, la pazienza e hai finito con quella parola tanto bella: il perdono. Ma, perdonare non è facile, perché uno può dire: Sì, io perdono ma non mi dimentico. E tu sempre porterai con te questa crudeltà, questo terrorismo delle parole brutte, delle parole che feriscono e che cercano di buttarti via dalla comunità. C’è una parola in italiano che io non conoscevo. Quando sono venuto le prime volte, qui in Italia: - extracomunitari - , che si dice delle persone di altri Paesi che vengono a vivere da noi. Ma proprio questa crudeltà è quello che fa sì che tu che sei di un altro Paese diventi un extra-comunitario, ti portano via dalla comunità, non ti accolgono. Che è una cosa contro la quale dobbiamo lottare tanto. Tu sei stata coraggiosa, eh?, sei stata molto coraggiosa con questo; ma lottare contro questo terrorismo della lingua, contro questo terrorismo delle chiacchiere, degli insulti, del cacciare via la gente, sì, con insulti o dicendo loro cose che fanno loro male al cuore … Si può perdonare totalmente? E’ una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Noi, da noi stessi, non possiamo: facciamo lo sforzo, tu lo hai fatto; ma è una grazia che ti dà il Signore, il perdono, di perdonare il nemico, perdonare quello che ti ha ferito, quello che ti ha fatto del male. Quando Gesù nel Vangelo ci dice: Chi ti dà uno schiaffo su una guancia, dagli l’altra, no?, significa questo: lasciare nelle mani del Signore questa saggezza del perdono, che è una grazia. Ma noi, fare tutto del nostro per perdonare”. “Poi c’è un altro atteggiamento che va proprio contro questo terrorismo della lingua, siano le chiacchiere, gli insulti e tutto questo: è l’atteggiamento della mitezza. Stare zitto, trattare bene gli altri, non rispondere con un’altra cosa brutta … Come Gesù: Gesù era mite di cuore. La mitezza. E noi viviamo in un mondo dove a un insulto tu rispondi con un altro: è abituale, questo. Ci insultiamo l’uno con l’altro e ci manca la mitezza. Chiedere la grazia della mitezza, la mitezza di cuore. E lì è anche una grazia che apre la strada al perdono”.

 

 

L’ultimo giovane ha domandato: “Come facciamo noi giovani a vivere e a diffondere la pace in questo mondo che è così pieno di odio?”. “Tu hai detto due parole che sono chiave per capire tutto - ha risposto Papa Francesco - pace e odio. La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere, nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono e l’odio cresce: quando c’è divisione, cresce l’odio. I ponti uniscono e quando c’è il ponte, l’odio può andarsene via perché io posso sentire l’altro, parlare con l’altro. A me piace pensare e dire che noi abbiamo, nelle nostre possibilità di tutti i giorni, la capacità di fare un ponte umano. Quando tu stringi la mano a un amico, a una persona, tu fai un ponte umano. Tu fai un ponte. Invece, quando tu colpisci un altro, insulti un altro, tu costruisci un muro. L’odio cresce sempre con i muri; alle volte, succede che tu voglia fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa e dall’altra parte non te la prendono: sono le umiliazioni che nella vita noi dobbiamo subire per fare qualcosa di buono. Ma sempre fare i ponti. E tu sei venuto qui: sei stato fermato e rimandato a casa; poi hai fatto una scommessa per il ponte e per tornare un’altra volta: questo è l’atteggiamento. Sempre: c’è una difficoltà che mi impedisce qualcosa? Torno indietro e vado avanti, torno e vado avanti. Questo è quello che noi dobbiamo fare: fare dei ponti. Non lasciarsi cadere a terra, non andare così … “ma, non posso …”: no, sempre cercare il modo di fare ponti”.

Poi, rivolto a tutti i ragazzi presenti, ha chiesto di sollevare le braccia e tenersi per mano: “Ma voi state lì: con le mani, fate ponti, voi. Tutti. Eh? Prendete le mani … ecco. Io voglio vedere tanti ponti umani … Ecco, così: alzate bene le mani … E’ così. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani. Grazie”.

Le due memorie della Polonia

Atterrato all'Aeroporto internazionale di Cracovia, Francesco si è trasferito in papamobile al castello reale di Wawel, dove ha incontrato il Presidente Duda, il corpo diplomatico e le autorità politiche del paese. Nel suo discorso il Papa ha reso omaggio a San Giovanni Paolo II ed ha ricordato che il Pontefice polacco “amava parlare dell’Europa che respira con i suoi due polmoni: il sogno di un nuovo umanesimo europeo è animato dal respiro creativo e armonico di questi due polmoni e dalla comune civiltà che trova nel cristianesimo le sue radici più solide”.

Sono due le memorie di una nazione: “una positiva che guarda al bene, l’altra negativa, che è fissata sul male”. Il Papa ha osservato che la Polonia ha saputo far prevalere la memoria buona “celebrando, ad esempio, i 50 anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale”. Così la Polonia è un esempio di “come si può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva”.

A questo punto Francesco ha spostato il discorso sull’accoglienza dei migranti, argomento che in passato ha trovato il governo polacco su posizioni piuttosto rigide. Il Papa ha osservato che il complesso fenomeno migratorio richiede “saggezza” e “misericordia” per “superare le paure e realizzare il maggior bene”. Bisogna “individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono tornare”. Ma “al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede”. Vanno anche sollecitate “collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria”.

La tutela della vita, senza se e senza ma

Infine Francesco ha richiamato i valori della famiglia e della vita, che “va sempre accolta e tutelata” entrambe le cose insieme: “accolta e tutelata - ha precisato - dal concepimento alla morte naturale, e tutti siamo chiamati a rispettarla e ad averne cura. D’altra parte, allo Stato, alla Chiesa e alla società compete di accompagnare e aiutare concretamente chiunque si trovi in situazioni di grave difficoltà, affinché un figlio non venga mai sentito come un peso ma come un dono, e le persone più fragili e povere non siano abbandonate”.

L’intervista sul volo

Di solito è durante il viaggio di ritorno che il Papa concede le interviste ai giornalisti, ma il dolore per il brutale assassinio di padre Jacques Hamel, l'anziano sacerdote dell'arcidiocesi di Rouen, in Normandia, ha spinto Francesco a prendere il microfono e rilasciare una dichiarazione non preparata. Il Santo Padre parlando a braccio ha detto: “La parola che si ripete tanto è sicurezza, ma la vera parola è guerra. Il mondo è in guerra, guerra a pezzi. C’è stata quella del 1914, con i suoi metodi, poi quella del 1939-45 e adesso questa. Non è tanto organica - ha commentato - ma organizzata sì. Ma è guerra!”.

Poi ha aggiunto: “Per chiarire: quando parlo di guerra parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione. La guerra per interessi, per i soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli. Ma non di religione, tutte le religioni vogliono la pace, la guerra la vogliono gli altri! Capito?!”.

Il telegramma del Presidente Mattarella

Il Presidente della Repubblica ha inviato al Santo Padre un messaggio in cui ha espresso la sua vicinanza per il drammatico evento “che ha tragicamente colpito la Chiesa Cattolica in Francia” e l’attesa per il messaggio “di speranza e fiducia” che il Papa farà pervenire alla GMG: “Il rinnovato slancio con cui la sua guida pastorale - si legge nel testo - nell'anno del Giubileo della Misericordia, saprà ispirare mente e cuore dei tanti partecipanti costituirà, ne sono certo, uno straordinario segnale di incoraggiamento ai giovani di tutto il mondo, affinché coniughino nelle rispettive realtà i valori di solidarietà e di pace, opponendosi ad ogni manifestazione di intolleranza, sopraffazione e violenza”.

I bambini ammalati di cancro

In mattinata, prima di partire per la Polonia il Papa si è recato a pregare sulla tomba di San Giovanni Paolo II insieme ad un gruppo di bambini e ragazzi della Peter Pan, associazione che si occupa di accogliere e sostenere le famiglie dei bambini in cura nei reparti oncologici dell’Ospedale Bambin Gesù.

Il saluto ai rifugiati

Rientrato a Santa Marta il Papa ha poi incontrato un gruppo di quindici giovani rifugiati, nove ragazzi e sei ragazze, di diverse nazionalità, giunti da poco in Italia e ancora privi di documenti che permettano di recarsi all’estero. I giovani, seguiti dall’Elemosineria Apostolica, hanno augurato al Papa buon viaggio e una felice esperienza alla GMG, alla quale loro non potranno partecipare.

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