Consiglio europeo: di rinvio in rinvio

Nell'agenda del Consiglio europeo troppi i nodi da affrontare lasciati a galleggiare: dai flussi migratori, alla Brexit e alla vicenda catalana

Parole chiave: Consiglio europeo (1), Unione europea (11), Catalogna (2), Europa (177), migranti (82), Brexit (8)
Consiglio europeo: di rinvio in rinvio

Con il Trattato di Lisbona, nel 2009, era diventato un’Istituzione europea a pieno titolo e dalle Istituzioni Ue sembra aver preso il ritmo e l’arte del rinvio. E’ il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, creato per dare impulso al processo di integrazione europea, riunito la settimana scorsa a Bruxelles per il rituale Vertice d’autunno e conclusosi con  prolisse conclusioni finali alle quali si sarebbe tentati di cedere la parola, perché tutti, decifrandone il linguaggio politichese, sappiano a quale intensità viaggia questa Europa.

Era il Vertice da cui ci si aspettava qualche progresso nell’irrisolto problema dei flussi migratori e in vista della riforma del regolamento di Dublino sul sistema comune in materia di asilo, all’indomani di un primo importante via libera dato dalla Commissione libertà civili del Parlamento europeo. Un sobrio comunicato racconta che al Consiglio europeo: “I leader dell’UE hanno ribadito il loro sostegno al sistema Schengen. Hanno espresso l’intenzione di realizzare il prima possibile un “ritorno a Schengen” tenendo conto degli interessi degli Stati membri in materia di sicurezza. Si sono inoltre impegnati a proseguire le discussioni sulla riforma del sistema di Dublino in occasione del vertice in dicembre, con l’obiettivo di raggiungere un consenso nel primo semestre del 2018”. E campa cavallo e, con esso, le ondate migratorie, le barriere che gli Stati UE innalzano per fermarle e il ringraziamento di Bruxelles all’Italia e alla Grecia che “hanno salvato l’onore dell’Europa”. Sempre che di onore si possa ancora parlare per un Consiglio europeo diviso su tutto o quasi, compatto solo per resistere alle proposte della Commissione e alle richieste del Parlamento di Strasburgo.

Non che non si sia parlato d’altro nella riunione di Bruxelles, anzi. E non solo di quello scritto nero su bianco nello stanco comunicato finale sul dibattito ufficiale in sala, ma anche e forse più nei corridoi dove non ci sono problemi di trasparenza e obblighi di comunicato ufficiale.

Nella sala sono sfilati i temi dell’Europa digitale (“I leader hanno esaminato i modi in cui l’Ue può cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla digitalizzazione”), dell’avvio di una difesa comune (“Per quanto riguarda il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa, il Consiglio europeo ha auspicato il raggiungimento di un accordo in sede di Consiglio entro la fine dell’anno”… per la riforma del Regolamento di Dublino c’è tempo) e delle Relazioni esterne, con riferimento ai rischi della proliferazione nucleare nella penisola coreana, ribadendo il Consiglio europeo “il suo pieno impegno nei confronti dell’Accordo sul nucleare iraniano”, messo gravemente a rischio dagli azzardi di Trump.

Molto nella sala del Consiglio europeo si è parlato di Brexit, di un negoziato ancora insoddisfacente, con qualche timida comprensione per Teresa May, messasi nei guai da sola, col rischio di una caduta del suo governo e di nuove elezioni. Una prospettiva che non rallegra più di tanto i negoziatori Ue che temono tempi lunghi per la trattativa e le conseguenze, anche per chi rimane nell’Ue, se il negoziato non dovesse concludersi, come previsto, a fine marzo 2019.

Non vi sono tracce nel comunicato finale, ma non è un mistero che si è parlato anche di molto altro nei corridoi e nelle sale riservate ai colloqui bilaterali tra i leader. Due temi tra tutti: la vicenda catalana, nella quale l’UE non vuole essere coinvolta – come se bastasse dichiararlo – e i  mercanteggiamenti tra i leader per accaparrarsi due ghiotte Agenzie europee che, grazie a Brexit, lasceranno la Gran Bretagna: l’EBA (Agenzia bancaria), probabile preda della Germania e l’EMA (Agenzia dei medicinali), difficile preda per l’Italia, tenuto conto degli scambi in corso con l’Austria, per tenerla nell’orbita di Bruxelles, e le credenziali importanti dell’Olanda.

Dimenticavamo: nel comunicato ufficiale, anche un accenno discreto a un “programma di lavoro concreto (sic) per guidare l’azione dell’Unione fino al giugno 2019”. Si parla di una dozzina di Consigli europei all’anno. Si spera con più risultati e meno rinvii.  

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