Consiglio Europeo di fine anno o di fine Unione?

Nei giorni della drammatica recrudescenza del terrorismo in Europa. Il dilemma di un anno molto difficile per il Vecchio Continente

Parole chiave: europa (177), italia (221), unione (59)
Consiglio Europeo di fine anno o di fine Unione?

Passano i mesi, passano gli anni e di questo passo la fine della più straordinaria avventura politica del secolo scorso, quella del “miracolo” del processo di integrazione europea avviato all’inizio degli anni ’50, rischia il tramonto.

Se ci fosse stato ancora bisogno di una prova, l’ultimo Consiglio europeo dell’anno non ha mancato di fornirla: per capirlo basta dare una scorsa alle “Conclusioni”, adottate come sempre nella nebbia dell’unanimità. Chi ne avesse coraggiosa voglia può trovarne il testo sul sito del Consiglio europeo. Cosa sempre più rara, è reperibile anche in italiano e nemmeno troppo lungo, meno di una decina di pagine.

Il problema è che in una decina di pagine ci potrebbe stare un lungo elenco di decisioni importanti, tenuto conto dei molti problemi urgenti a cui l’UE deve rispondere. Purtroppo poco di tutto questo. Il documento apre con il tema “migrazione” per sostenere il discutibile accordo con la Turchia – e Angela Merkel ormai in campagna elettorale, spende parole vaghe sui flussi in provenienza dal Mediterraneo e “forme di cooperazione” nei Paesi africani con l’apertura di una linea di credito al Niger, continua a traccheggiare sulla revisione dell’Accordo di Dublino sul diritto d’asilo, limitandosi a dire che “gli Stati membri dovrebbero intensificare ulteriormente gli sforzi volti ad accelerare la ricollocazione… e i programmi di reinsediamento esistenti”, che sappiamo essere fermi al palo da mesi.

Il secondo capitolo è sul tema sensibile della “sicurezza”, interna ed esterna, per l’UE. Sulla prima è sollecitata maggiore collaborazione tra i Paesi UE in materia di anti-terrorismo; sulla seconda, è richiamata per i Paesi UE membri l’esigenza di aumentare la spesa militare ed evocata, quando necessario, di agire anche autonomamente. Seguono qui alcuni interessanti paragrafi che risentono dell’irruzione tra non molto di Trump nella politica estera e di difesa a livello nel quadro della NATO.

Il terzo capitolo passa in rassegna i temi dello sviluppo economico e sociale e dell’occupazione giovanile, con qualche apertura incoraggiante per questa ormai perdurante “emergenza”. Gli ultimi due capitoli sono dedicati al processo di riunificazione di Cipro e ai problemi internazionali.

Sul versante internazionale viene riconfermato l’impegno verso l’Ucraina, con le sanzioni alla Russia e condannato “il continuo assalto contro Aleppo da parte del regime siriano e dei suoi alleati, segnatamente la Russia e l’Iran”. Sui massacri di Aleppo “il Consiglio lancia un appello urgente al regime e alla Russia per quattro misure d’emergenza: evacuazione degli abitanti della parte orientale di Aleppo… assistenza e protezione immediate e incondizionate [per gli stessi]… effettiva protezione per l’insieme del personale medico e delle strutture sanitarie…applicazione del diritto internazionale umanitario…L’UE, in quanto primo fornitore di sostegno umanitario alla popolazione siriana, continuerà ad adoperarsi per conseguire tali obiettivi”. Segue l’impegno a operare all’ONU per l’immediata cessazione delle ostilità. Troppo poco di fronte ad una tragedia senza fine come quella della Siria, anche se oggi i Trattati non consentono all’UE di fare molto di più. Almeno il linguaggio usato è vigoroso ed evita di ricorrere ad auspici e deplorazioni.

Per la verità, troppo poco in generale per giustificare il tempo prezioso – e costoso – di 28 Capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles. Salvo che, fuori dalla riunione ufficiale, molto di quel tempo sia stato dedicato a interrogarsi sul negoziato di Brexit e a contrattare poltrone presidenziali europee, come quella del futuro presidente del Parlamento europeo e il destino dell’incolore Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, docile interlocutore di Angela Merkel. Quanto al nuovo Presidente del Parlamento europeo, successore di Martin Schultz, sarebbe bene decidessero gli europarlamentari, gli unici che detengono in Europa una legittimità diretta, grazie al voto universale dei cittadini europei. Se, dopo anni di condominio consociativo tra popolari e socialisti alla Presidenza del Parlamento, si affacciasse qualche novità in questa Europa ingessata non ci lamenteremo. Se ne riparla alla prossima puntata.

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