Chi comanda a Bruxelles?

Unione Europea, sul caso Grecia si evidenziano le questioni di fondo su un processo di integrazione che coinvolge sempre più Stati ma con differenze sostanziali

Parole chiave: merkel (4), europa (177), euro (188), unione (59), integrazione (19), crisi (35), grecia (13)
Chi comanda a Bruxelles?

Nei giorni scorsi sono stati in molti a chiedersi: “Chi comanda nell’Unione Europea?”. Un interrogativo giustificato in particolare dal ritorno di fiamma della crisi finanziaria greca, tornata sui tavoli di Bruxelles per la ricerca di una soluzione a un rompicapo dove tutti cercavano di salvare la faccia: la Grecia di Alexis Tsipras, massimalista nelle sue pretese e dimentico delle responsabilità greche, Angela Merkel, Cancelliera tedesca e arcigna guardiana del rigore finanziario europeo e Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione europea, strattonato tra i due contendenti e chiamato al ruolo, se non di mediatore, almeno di “facilitatore” nella dura contesa in corso.

Se al tavolo ci fossero stati solo quei protagonisti e l’oggetto del contendere fosse stato solo quello del debito greco un tentativo di risposta  alla domanda su chi comanda a Bruxelles sarebbe relativamente semplice. A comandare sarebbe stata Angela Merkel, d’intesa con il suo candidato alla Presidenza della Commissione Jean-Claude Juncker, con il sostegno discreto ma efficace del Presidente della BCE,  Mario Draghi, e con il fronte relativamente compatto dei suoi 26 colleghi capi di governo, ad esclusione del nuovo arrivato Tsipras.

Il problema però si complica se la domanda su chi comanda in Europa si allarga alla politica europea in generale e a quella estera in particolare. Dopo le ultime trattative sulla questione ucraina e la fragile tregua che ne è derivata, si potrebbe pensare che a comandare si proponga il vecchio “direttorio franco-tedesco”, con la coppia Merkel-Hollande, assente la Commissione europea e l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini. Una coppia molto asimmetrica – in crisi la Francia, in grande spolvero la Germania - che occulta in parte la divisione, che sul tema e in particolare sui rapporti con la Russia di Putin, regna sovrana tra i 28 Paesi UE. Da una parte i Paesi dialoganti Francia, Germania e Italia, dall’altra i Paesi UE reduci dall’ex-Unione Sovietica, pericolosamente confinanti con la Russia, e una Gran Bretagna, come al solito sensibile alle esigenze degli Stati Uniti e alle sue pressioni sull’UE per una maggiore severità con la Russia e aperta a una più grande comprensione per i problemi della Grecia come richiesto da Obama.

Come si vede, se si allarga il perimetro dei problemi si allaga anche la lista di chi in Europa comanda,  vorrebbe comandare o vorrebbe almeno  provarci. Come ad esempio il Parlamento europeo, con il suo Presidente, Martin Schulz, attivo su entrambi i fronti, quello greco e quello ucraino. Tristemente assente – e non tanto per colpa sua – Federica Mogherini, catapultata ad un ruolo apparentemente importante ma priva di strumenti e mandati politici per inserirsi nella rosa di chi conta in Europa.

Alla Mogherini non è purtroppo in grado di venire in soccorso l’Italia, dove il governo è alle prese con tensioni crescenti nel Parlamento e dove il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, tiene un profilo basso a Bruxelles e guarda con giustificata preoccupazione a quanto sta avvenendo in Libia, dove potrebbe non essere escluso un intervento militare sotto mandato ONU, ma con un accordo da trovare insieme con l’UE, al quale lavora con molta buona volontà  la Mogherini.

Alla fine, nonostante le molte perplessità passate e le molte riserve ancora presenti, si va rafforzando il ruolo centrale della Merkel sulla politica estera dell’Unione, nonostante un ancora recente passato  che non l’aiuta e un’opinione pubblica tedesca riluttante a un maggiore impegno politico e militare fuori dalla proprie frontiere.

In una parola: tutto quello che accade in Europa e ai suoi immediati confini, dall’economia alla politica estera, rende indispensabili un governo comune e politiche condivise, prima che sia troppo tardi. Ritorna, sempre più im

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