Equilibrio di bilancio ma politiche espansive

L'economista Stefano Zamagni interviene nel dibattito sulla crisi economica e sul ruolo dei governi: «Chi sostiene l'uscita dall'euro è un incompetente oppure un demagogo»

Parole chiave: zamagni (2), euro (188), economia (65), governo (25)
Equilibrio di bilancio ma politiche espansive

«Chi sostiene l'uscita dall'euro «come un incompetente in economia oppure come un demagogo fautore di quel “tanto peggio, tanto meglio”, tipico della peggior politica. Economisti, di scuole molto diverse, sono concordi nel dire che abbandonare l'euro non ha alcun fondamento razionale. Il vero punto su cui discutere è invece un altro».

Quale, professor Zamagni?

Quindici anni fa il processo per giungere all'euro poteva venir congegnato in un altro modo. La costruzione della moneta comune doveva essere accompagnata dalla realizzazione di una comune economia, armonizzando i sistemi fiscali, i bilanci e il mercato del lavoro. Il punto è che l'integrazione monetaria è un effetto dell'unione economica e non l'inverso; altrimenti è un po' come mettere il carro davanti ai buoi. Era altresì necessario creare un unico modello di welfare e non avere, come succede oggi, tanti sistemi diversi, nei quali i cittadini dei Paesi più ricchi hanno maggiori protezioni di quelli dei Paesi più poveri. Qualcosa di irragionevole in una logica di integrazione sociale. Anche su questo aspetto è evidente l'assenza di una classe politica europea all'altezza dei padri fondatori dell'unificazione.

Cosa serve all’Europa per avviare la ripresa?

Si sa benissimo cosa fare, ossia delle politiche espansive che, senza rinunciare a un certo equilibrio di bilancio, sostengano l'economia reale. Il problema è che non lo si vuol fare: manca la volontà, non certo la consapevolezza. Ciò succede perchè l'Europa è sostanzialmente divisa in due blocchi: quello nordico, con Germania, Austria, Benelux e Paesi scandinavi, e quello mediterraneo, con la Francia a metà strada. Il blocco del Nord ha un livello di benessere maggiore e non vuole aiutare i Paesi più deboli. Le classi politiche tedesche, olandesi, finlandesi pensano che non si debbano peggiorare le condizioni di vita dei propri cittadini per sopperire ai guasti prodotti dai dirigenti degli Stati mediterranei, che hanno governato accrescendo il debito per mere ragioni di consenso elettorale. Hanno anche ragione, ma resta il fatto che attorno al 1952-‘53, Europa e Stati Uniti condonarono alla Germania il debito di guerra. Lo straordinario sviluppo tedesco iniziò da lì e oggi sarebbe quindi doveroso, ricordando il passato, avere un approccio solidale con chi si trova in difficoltà.

leggi l'intervista completa su «il nostro tempo di domenica 25 gennaio

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