Costruttori di pace

Dopo la tragedia di Tunisi, una riflessione sulla possibile e necessaria convivenza in una società plurale 

Parole chiave: pace (90), guerra (63), islam (60), conflitto (5), dialogo (74), religione (21)
Costruttori di pace

La violenza terroristica ora ci è entrata in casa. La morte di Antonella Sesino e Orazio Conte è un lutto soprattutto per i loro familiari. E non bisogna fare confusioni. Tuttavia, per la loro morte anche la comunità civile di cui facciamo parte è stata colpita: perché sono morti dei torinesi, insieme ad altre persone, e perché il terrorismo da fenomeno bidimensionale, su carta o schermo tv, nei loro corpi è diventato tridimensionale, scoprendo così che non solo ipoteticamente può colpire anche noi. La reazione al lutto, a livello personale e in casi ordinari, è un processo. Alla notizia traumatica segue un’immediata risposta di attonito sgomento. In seguito possono sorgere reazioni più forti, al limite di ostilità, rabbia, violenza. La domanda umanissima di fronte al dolore, «perché?», può trasformarsi in ricerca di un colpevole da punire, di un capro espiatorio.

A maggior ragione bisogna vigilare sull’elaborazione del lutto a livello sociale. È necessario porre attenzione ai canti delle sirene dei populismi che si nutrono soprattutto della confusione e sovrapposizione di «arabi» e islamici, e di Islam e Islamismo. Confusione non senza conseguenze in chi la accoglie e non innocente in chi la propone. Da qui alla ricerca del «capro espiatorio» da punire in vece di tutti il passo è breve. In quanto cristiani, membri di una più ampia comunità civile, non possiamo dimenticare le parole fondanti di Gesù nel discorso delle Beatitudini; in questo caso particolarmente: «Beati gli operatori di pace». Il vangelo è concretezza.

Operare la pace significa conoscere l’Islam, e le differenze con islamismo, valorizzandone le ricchezze della sua tradizione spirituale. Operare la pace significa essere convinti assertori della differenza fra Islam e islamismo; significa affermare la responsabilità personale dell’agire, una delle grandi conquiste della Bibbia, a partire dal profeta Ezechiele. Operare la pace significa essere consapevoli della propria fede per poter veramente dialogare. Operare la pace significa inventare percorsi di comunione con i musulmani disponibili, e sono tanti, presenti nella nostra città. Operare la pace può divenire anche il servizio particolare della comunità cristiana alla più ampia comunità civile di cui essa fa parte. L’elaborazione del lutto più condurre a esiti disfunzionali o a reintegrazioni resilienti. Ciò avviene per i singoli, ma anche per le organizzazioni e le comunità che abbiano subito un trauma. Operare la pace è condividere e collaborare al percorso di resilienza della nostra comunità cittadina, perché il trauma possa trasformarsi in un positivo. Noi tutti apprezziamo la bellezza delle perle. Ma una perla nasce dalla sofferenza dell’ostrica che, irritata nella sua parte più sensibile da un granello di sabbia, ha trasformato quel dolore nella creazione di una cosa più bella.

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