Africa e Sviluppo

Un recente incontro promosso dal Centro Italiano per la pace in medio oriente e Centro Piemontese Studi Africani 

Parole chiave: africa (39), cooperazione (7), torino (730), sviluppo (16)
Convegno a Torino

Lo chiamano Codevelopment (Co-sviluppo) ed è stato il tema centrale di un convegno promosso da CIPMO - Centro Italiano per la Pace in medio oriente e Centro Piemontese Studi Africani su Migrazioni, Accoglienza, Inclusione, Co-Sviluppo. Il ruolo delle Diaspore MedAfricane che si è svolto a Torino lo scorso 13 ottobre. L’idea portante del Co-sviluppo consiste nel costruire progetti di sviluppo non solo con i tradizionali partner associativi, ma anche con le associazioni della diaspora migratoria. Si tratta della creazione di legami (linkage) tra migrazione e sviluppo che cercano di integrare l'immigrazione e lo sviluppo in un modo che determini che i flussi migratori siano a beneficio sia del Paese di origine che del Paese di destinazione. La tesi dei promotori è chiara: i migranti sono una risorsa che può avere ricadute doppiamente positive sia nel Paese di arrivo che in quello di partenza, per farlo servono iniziative che valorizzino in primis le Associazioni diasporiche. I migranti anziché essere visti come doppiamente assenti: dal luogo di origine e in quello di arrivo sono identificati come soggetti capaci di realizzare una doppia presenza perché conoscono il contesto di origine e allo stesso modo sono acculturati ai metodi e ai modi di pensare dei Paesi di arrivo. Tutto oro? Stando ai risultati dei progetti fin qui avviati i risultati sono interessanti. Grazie a questo approccio sono nate esperienze di turismo responsabile in Senegal, trekking in Uganda, sostegno all’agricoltura in Senegal e Burkina Faso, solo il Comune di Milano ha finanziato 60 progetti che avevano come capofila associazioni della diaspora, ma cosa c’è di diverso rispetto ad un progetto di cooperazione?

Primo c’è una valorizzazione delle rimesse che i migranti inviano (5 miliardi l’anno dall’Italia contro gli 1,3 miliardi della cooperazione). Infatti, in assenza di progetti che le canalizzano, le rimesse vengono utilizzate solo per l’acquisto di beni di consumo o per strutture che non favoriscono opportunità d’impiego per i giovani dei villaggi.

Secondo c’è una competenza importante che viene acquisita ed è quella dei migranti. Terzo c’è una forte capacità di comprendere i problemi e dove poter trovare le soluzioni. Quarto, si favorisce il trasferimento di competenze dai migranti agli abitanti; quinto i migranti sono anche investitori e questo da maggiori garanzie perché non sono soldi altri, ma i tuoi che perdi se tutto va male; sesto si evitano errori, modi di agire incosapevolmente etnocentrici. Ad esempio spiega Modou Gueye dell’Associazione Sunugual di Milano: “se si da ad un bambino una pillola per il mal di testa, il giorno dopo tutto il villaggio ha mal di testa e va dal toubab [uomo bianco] a chiedere la pillola. Se porti dei giocattoli al villaggio, i bambini, che hanno l’abitudine di costruirli da soli, si abituano a questo e si annoiano”, “oppure non salutare e informare il capo villaggio”. Ci sono anche dei rischi: primo che i migranti favoriscano, nel progetto locale, solo loro parenti e amici, secondo che i migranti prevarichino le istituzioni pubbliche locali sentendosi degli “occidentali”. Il primo passo è secondo Modou Gueye “motivare le persone” e per farlo bisogna essere credibili.

Tra i progetti più interessanti c’è Fondazioni for Africa Burkina Faso, promosso da 28 Fondazioni di origine bancaria con il coinvolgimento di 27 associazioni burkinabè presenti in Italia. Sul progetto sono stati investiti 4,57 milioni di euro, ma, spiega Ilari Caramia di Compagnia di San Paolo “stiamo mobilitando ulteriori risorse grazie al cosiddetto matching fund, ovvero l’attivazione di partenariati con enti pubblici che pongano in essere iniziative sinergiche agli obiettivi del progetto stesso: la sfida è operare in termini di Sistema Italia. Per questo abbiamo scelto il Burkina Faso in collaborazione con il Ministero degli affari esteri perché presentava alcune caratteristiche che permettavano proprio di fare sistema: oltre 300 enti italiani attivi nel Paese, oltre 40 associazioni di migranti burkinabè presenti in Italia, possibilità di coinvolgere sia grandi enti che piccole associazioni. Per noi è un collegamento con il mondo ci aiuta ad elevare lo sguardo, di andare oltre i problemi dei nostri territori”.  Il valore aggiunto delle associazioni migranti è secondo Marzia Sica di Compagnia di San Paolo la credibilità che danno al progetto, “ma soprattutto quello che abbiamo visto in Senegal è il fatto che le associazioni dei migranti restano anche dopo la fine del progetto: le ONG se ne vanno, i “migranti” restano proprio in ragione dei legami, della credibilià e delle relazioni avviate”. Tutti fattori indipendenti dalla presenza o meno di fondi.

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