Giappone: quei 26 martiri dimenticati

Il film "Silence" di Scorsese ha fatto riemergere la storia

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Giappone: quei 26 martiri dimenticati

Le persecuzioni cristiane in terra nipponica, a cavallo del 1600. Argomento, collocazione geografica e periodo storico di «Silence», il film di Martin Scorsese di cui abbiamo riferito, su queste stesse colonne, due numeri fa. Ma la stessa trama, l’identica ambientazione e la medesima epoca contrassegnano anche «I 26 martiri del Giappone», un film del 1931 diretto da Tomiyasu Ikeda. Un lungometraggio di cui si ignorava praticamente l’esistenza, ritrovato, restaurato, digitalizzato in 4K dall'Archivio nazionale cinema d'impresa-Centro sperimentale di cinematografa di Ivrea e presentato in anteprima, lunedì 6 febbraio, presso la Filmoteca vaticana.

Una storia che val la pena rievocare, quella de «I 26 martiri del Giappone». La congregazione salesiana ha infatti affidato il proprio patrimonio di film all'Archivio di Ivrea, per la conservazione e il restauro di materiali che offrono una preziosa documentazione della presenza dei salesiani in molti Paesi del mondo. Questa collaborazione ha portato al ritrovamento e all'identificazione de «I 26 martiri del Giappone» («Junkyo kesshi nihon nijuroku seijin»), sulla persecuzione e il martirio dei cristiani in epoca Tokugawa, con didascalie in italiano e una durata di 66’.

Perfetto esempio del genere jidai-geki, i drammi storici resi celebri in tutto il mondo da autori come Kurosawa e Mizoguchi, «I 26 martiri del Giappone» anticipa la ricostruzione di una vicenda storica narrata nel romanzo «Silenzio» («Chinmoku») dello scrittore Shūsaku Endō, portato al cinema una prima volta da Masahiro Shinoda nel 1971, e ora da Scorsese in «Silence». La vicenda, con ampie ellissi tipiche del cinema muto, è ambientata nel 1597, e racconta la fine dell'esperienza della prima evangelizzazione del Giappone, iniziata nel 1549 dal gesuita San Francesco Saverio. Il film inizia infatti con lo sbarco nella terra del Sol Levante del francescano spagnolo Pedro Bautista, inviato dal governatore delle Filippine, e si chiude, dopo la decisione del governo imperiale di porre fine alle conversioni e perseguitare i cattolici, con il martirio finale di sei francescani, tre gesuiti e diciassette terziari, compresi quattro bambini.

Il film venne prodotto nel 1931 dalla Nikkatsu grazie anche al sostegno finanziario di una personalità del mondo cattolico giapponese, Masaju Hirayama, il cui nipote Takaaki Hirayama diverrà vescovo di Oita. L’accuratezza della scenografia e l’impegno produttivo sono accompagnati da un’ottima capacità di direzione degli attori, tra cui spicca Ysuzu Yamada, in seguito scelta da Kurosawa per film come «La sfida del samurai», «Trono di sangue», «I bassifondi». «I 26 martiri del Giappone» venne tradotto e distribuito in Italia dalle Missioni di don Bosco nel 1935, con una partitura del compositore salesiano don Alessandro De Bonis.

Sono 450, in totale, le pellicole che la congregazione salesiana ha deciso di depositare presso l’Archivio di Ivrea. «Sono film che arrivano da ogni parte del mondo», afferma Elena Testa, archivista che si è occupata direttamente de «I 26 martiri del Giappone». «Tra i tanti, uno è ambientato a Gerusalemme, un altro è girato a Cuba. Dopo l’anteprima in Vaticano ci dedicheremo certamente a queste opere, ci paiono molto interessanti». E prosegue: «Ci sono due ‘eroi’ in questa storia: uno è don Enrico Cassanelli, dal cui intuito è partita la prima fondamentale segnalazione riguardo alla presenza, tra le centinaia di pellicole a noi consegnate, di quel misterioso film sui martiri in terra nipponica. Il secondo ‘eroe’ è Diego Pozzato, colui che, all’interno del nostro gruppo di lavoro, ha realizzato il processo di digitalizzazione del film».

Un restauro non più complesso di altri, ma con due problematiche significative: «Innanzitutto erano tre le copie de ‘I 26 martiri del Giappone’, una negativa e una positiva più, a parte, la colonna sonora. Erano tutte in discrete condizioni, al punto che pensavamo si trattasse di un lungometraggio più recente del 1931. Però non avevamo una versione completa del film. Così, abbiamo dovuto operare delle scelte sui materiali da usare per ricomporre l’intero lavoro, che era stato proiettato molte volte e, di conseguenza, presentava numerose righe, con problemi evidenti sull’emulsione. La musica, inoltre, non coincideva in più punti. Si è deciso, allora, di fare gli interventi di ricostruzione su diverse sezioni, scegliendo le migliori delle tre copie a disposizione, mettendo a sincrono la traccia musicale ed effettuando una ripulitura dai graffi e dalla sporcizia del tempo quasi fotogramma per fotogramma».

Un lavoro minuzioso, effettuato in tempi record, appena quattro settimane, con un team di cinque persone coinvolto nel progetto. Ma l’altro problema, non da poco, era capire di che film si trattasse. «Non era mai stato visto, si sapeva poco o nulla», puntualizza Elena Testa, «ma la memoria di don Cassanelli è stata provvidenzialmente risvegliata da ‘Silence’ di Scorsese. Così, io ho ricercato informazioni, ho contattato un esperto statunitense e la cineteca giapponese. Là esiste una copia del film, ma in 16 mm. Quella che abbiamo rimesso a nuovo, quindi, è l’unica copia al mondo in 35 mm».

Che ne sarà ora de «I 26 martiri del Giappone»? «Intanto volevamo mostrare il film in Vaticano proprio il 6 febbraio, data di celebrazione dei santi martiri giapponesi. Poi, certo, il film verrà collocato nelle celle del nostro Archivio. I salesiani, se vorranno, potranno riprenderlo a loro discrezione e veicolarlo come vorranno. D’altronde, si tratta di un deposito, non di una donazione. In ogni caso, noi partecipiamo frequentemente a festival, anche internazionali. Il film, dunque girerà».

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