Perù, infanzia negata una vera emergenza

Intervista con Padre Amadeo Mendoza, vicario generale della Diocesi di Lurin, a Torino con gli amici della Gioc

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Perù, infanzia negata una vera emergenza

«Sento spesso dire ’Sembra che prima di arrivare a Roma il cardinale Bergoglio sia passato per il Perù’, perché le cose che dice sull’impegno per i poveri, l’attenzione all’ambiente e come le dice, raccolgono davvero un modo di pensare che nel nostro Paese è forte».

Inizia a presentare così a «La Voce e Il Tempo» la realtà della Chiesa e della società peruviana, padre Amadeo Raymi Mendoza, di passaggio in Italia, ospite di amici a Torino. Padre Mendoza è parroco della cattedrale di Lurin e vicario generale della diocesi di Lurin, suffraganea della diocesi di Lima.

Voi siete una diocesi giovane, nata vent’anni fa, con numeri importanti, di popolazione, di povertà, come coniugate l’impegno evangelico e la vicinanza agli ultimi?

La nostra diocesi conta 2 milioni di battezzati, alla periferia sud di Lima, zona povera, in un contesto sociale che riflette quello che sta vivendo tutto il Paese in cui le condizioni economiche stanno migliorando ma non per tutti: c’è una fascia di popolazione che riesce ad arricchirsi e un’altra che continua a trovarsi in difficoltà. Abbiamo un modo di dire che recita ‘quando piove, l’acqua bagna tutti’ e invece dal punto di vista economico così non è, i frutti di un positivo sviluppo economico del Paese ci sono ma toccano una minima parte della popolazione. Siamo il secondo Paese per diffusione della tubercolosi e la scolarizzazione è bassa, le scuole mancano di tutto. Io ho una scuola parrocchiale e quando ho sostituito i banchi, la vicina scuola statale me li ha chiesti per utilizzarli…

Scuole povere in un Paese segnato dalla piaga del lavoro minorile…

Il lavoro minorile è un tema complesso. La Chiesa si fa portavoce di tutte le iniziative per contrastarlo e poterlo ridurre, ma spesso siamo costretti a riconoscere che in certe famiglie non sarebbe garantita la sopravvivenza se i bambini non lavorassero. Nella scuola serale della nostra parrocchia molti sono bambini e vengono la sera perché di giorno lavorano… Ci impegniamo per educare i genitori, difendiamo la dignità dei bambini, ma ci rendiamo conto che prima bisogna sovvertire i meccanismi che riducono in povertà le famiglie, che non garantiscono lavoro degno per tutti, che continuano a costringere le persone a emigrare…

Peruviani popolo di migranti: in Italia sono 110 mila, la comunità sudamericana più numerosa, circa 25 mila a Torino, come valuta il fenomeno?

Anche se come dicevo le condizioni sono migliori rispetto al passato l’emigrazione oggi è ancora vista come una possibilità da molti giovani - soprattutto coloro che riescono a studiare ma poi non trovano un lavoro che corrisponde alle qualifiche e ai risultati ottenuti - e sono tante le famiglie che sopravvivono grazie a quanto i connazionali emigrati rimandano in patria. Oggi emigrano non solo i più poveri ma in un contesto di globalizzazione anche quanti constatano come all’estero le condizioni siano migliori. Avevamo un bravo oculista nel nostro centro di salute parrocchiale, ha avuto un’offerta di lavoro in Canada e ha accettato… Guardando ai nostri migranti, molti scelgono l’Europa perché sanno di poter mantenere la propria identità, le proprie tradizioni religiose come la festa del Señor de los Milagros che ogni anno vede i peruviani sfilare in migliaia di città in tutto il mondo, testimonianza di un amore per la propria terra che il popolo peruviano sente profondamente e desidera mantenere, ma per molti è ancora difficile tornare.

Formazione, promozione sociale, attenzione agli ultimi sono i volti di una Chiesa che ha tradizioni forti ma che è comunque segnata dalla secolarizzazione…

Per due milioni di cristiani, oggi in diocesi abbiamo 80 sacerdoti, un rapporto che indica quanto sia importante la formazione e la missionarietà. Non possiamo chiuderci nelle parrocchie, dobbiamo formare i laici - erano oltre 500 in questi giorni i partecipanti alla Settimana teologica organizzata dalla diocesi - e spingerci insieme nei vari ambiti di vita. Questa è la sfida: avere adulti, laici formati, credenti che con la loro presenza rinnovano la Chiesa e con essa tutta la società.

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