Papa Francesco Cuba, Gianni Minà racconta

Presentato in anteprima in Italia, il 22 novembre presso i padri della Consolata di Torino, il docufilm del giornalista italiano. L'evento è stato organizzato dalla rivista Missioni Consolata, una voce fondamentale per capire il mondo globale

Parole chiave: mina (1), cuba (13), Bergoglio (61), castro (6)
foto de Il Popolo Veneto

Gianni Minà, storico giornalista, ha realizzato un fi lm-documentario, «Papa Francesco, Cuba e Fidel», girato a Cuba durante la visita di Bergoglio dal 19 al 25 settembre 2015. Il fi lm racconta tutti i momenti più importanti di quella storica visita ed è arricchito tra gli altri dalle testimonianze di Fidel Castro, il Sostituto Segretario di Stato Mons. Becciu, l’ex arcivescovo dell’Avana card. Ortega, l’ex presidente degli Usa Jimmy Carter e il teologo Frei Betto.

Il documentario, proprio nei giorni del Tff, è stato presentato presso la sala dei padri dei Missionari della Consolata. Minà, come è nata l’idea di questo film?

Ho pensato che papa Francesco potesse aiutarci a capire molte cose che sono accadute in questi anni a Cuba. Anche perché i media occidentali hanno trattato il tema in modo discutibile. Stare, seguire e registrare ogni istante della visita del Papa era un modo per capire perchè Obama è stato costretto a dire, cinquant’anni dopo, «abbiamo sbagliato». I settantamila medici cubani nel mondo hanno potuto molto di più delle nostre strategie geopolitiche internazionali. Come ai vecchi tempi del mio lavoro in Rai, ho preso una troupe e ho seguito il Papa e nel corso della visita il progetto si è allargato ed arricchito. Fidel Castro, che conosco da decenni, ha saputo che ero a L’Avana a girare questo documentario, mi ha fatto chiamare e ho raccolto anche la sua testimonianza. Novantenne e malato, Castro non ha partecipato alla visita ma ha incontrato in forma privata Bergoglio. Ho avuto l’opportunità di intervistare l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, forse l’unico prima di Obama ad impegnarsi per porre fi ne al contenzioso e all’embargo con Cuba. In particolare Carter mi ha spiegato perché con la vittoria di Ronald Reagan si pose fi ne ad ogni tentativo di riconciliazione tra i due Paesi. Alla fine la storia ha imposto questa svolta. Il comunismo è fallito, il capitalismo ancora di più e Cuba è ancora presente con le sue sofferenze, contraddizioni e speranze.

Il suo rapporto con Cuba, la conoscenza di quella terra l’ha aiutata nella produzione del docufilm?

Trent’anni fa feci un’intervista di 16 ore con Fidel Castro. Un colloquio che fece epoca e mi assicurò l’amicizia con il leader della rivoluzione cubana e mi permise una considerazione e autorevolezza nel mondo della comunicazione e dei media a livello internazionale. Sono riuscito a realizzarlo grazie ad una società di produzione canadese e il lungometraggio è in spagnolo con sottotitoli in inglese. In Italia è distribuito dalla Rai e spero di poter avere una traduzione nella nostra lingua. Francesco e Cuba, un rapporto davvero particolare per un Papa latinoamericano… Nelle immagini tra Bergoglio e Fidel si vede la sensibilità e l’amore per ogni persona. Un episodio è davvero molto emozionante. Alla fi ne del colloquio, quando il Santo Padre sta per andarsene, chiede a Fidel Castro una cosa molto dolce. «Ogni tanto recitami un Padre Nostro». Chiede ad un politico che è passato allo storia come il leader rivoluzionario, comunista, dalla fede incerta e combattuto da tutto il mondo per la sua politica autoritaria, di pregare per lui. Questo grande Papa ha aperto il cuore dell’uomo che oggi, malato e sulla sedie a rotelle, sebbene lucidissimo, ha risposto: «Lo ricorderò». Quel «ogni tanto recitami un Padre Nostro» è uno dei passaggi più toccanti di questo documentario.

Perché ha deciso di presentare, in anteprima nazionale, il suo film a Torino presso la sala dei Padri della Consolata e non al Torino Film Festival?

Perché oggi in Italia è difficile fare questo tipo di lavori, mentre all’estero è più facile, c’è una apertura e una considerazione maggiore e anche i maggiori festival sono molto tiepidi nel considerarli. L’ho fatto, dunque, anche come provocazione verso il Festival di Torino, che non ha accettato questo lavoro. Inoltre, in positivo, anche per riconoscenza alla rivista «Missioni Consolata», con la quale collaboro con una rubrica fi ssa e che considero uno strumento libero e approfondito per conoscere il mondo.

Tutti i diritti riservati

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo