Guatemala: gratitudine e preghiera per don Bossù

Un viaggio nella memoria e sulle orme dei Fidei donum della nostra diocesi. Sulla tomba di don Ennio una delegazione della diocesi di Torino

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Guatemala: gratitudine e preghiera per don Bossù

Là dove è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. Il cuore di don Ennio Bossú, figlio della Chiesa di Torino che ha amato e servito, è sempre stato in Guatemala. In questa terra ha speso più di trent’anni del suo ministero sacerdotale, creando un tesoro prezioso di relazioni e di opere incentrate sul Vangelo.

Un viaggio nella memoria e sulle orme dei fidei donum della nostra diocesi credo si possa definire quello che ho vissuto a fine dicembre insieme a don Marco Prastaro. Abbiamo ripercorso strade tra paesaggi stupendi, visitato luoghi e incontrato persone, custodi di una memoria riconoscente e viva e accompagnati da don Marino Gabrielli, che svolge il suo servizio pastorale nella diocesi di Jalapa.

Riflettendo su questa esperienza, profonda sia dal punto di vista spirituale sia umano, vorrei condividere con semplicità tre aspetti.

Arrivando in Guatemala, la prima cosa che mi ha colpito è la ricchezza della sua storia. Civiltà e culture antiche, attraverso le rovine dei templi e di edifici immersi nella natura, si uniscono e si intrecciano e parlano. E proprio in questo patrimonio di tradizioni, la presenza di Dio si rivela con elementi di originalità e la Parola di Dio vuole incarnarsi e trovare casa. Gran parte dell’opera di don Ennio è andata in questa direzione, con un enorme investimento di talenti ed energie per la traduzione della Bibbia nelle lingue locali. La comunità delle suore di san Giuseppe che abbiamo incontrato a Città del Guatemala ci ha testimoniato quanto amore e impegno spendesse in questa attività anche nelle ore più tarde della notte. Inoltre visitare la città di Antigua, con le sue chiese e il suo mercato brulicante di persone, è stato un ulteriore tuffo nella vita passata e presente di un paese la cui storia attuale è anche segnata da instabilità, violenza e narcotraffico.

Sentirsi accolti credo sia un’esperienza mai scontata. Nel nostro spostarci ogni giorno in un posto differente sono rimasto meravigliato dall’accoglienza calorosa e sincera ricevuta dalla gente: ricchi di umanità, hanno aperto le case e i cuori, facendoci sentire in famiglia. Una delle nostre tappe è stata la diocesi di Verapaz, dove abbiamo incontrato padre Denis e padre Roberto, parroci di San Cristóbal e di Cobán, comunità vivaci, ricche di famiglie giovani e di ragazzi. Proprio insieme a loro, in un clima di grande affetto, abbiamo celebrato l’Eucaristia, in ricordo di don Ennio, nella chiesa del Calvario a Cobán, dove è stato sepolto.

Sono convinto personalmente che questa accoglienza nasca da un atteggiamento di profonda condivisione. Da parte del popolo guatemalteco senz’altro, ma anche dei nostri missionari che nel tempo si sono succeduti in queste terre e che hanno condiviso anzitutto la vita, secondo lo stile dell’Incarnazione. Penso per esempio a don Bartolo Perlo e alla sua vita e opera a Chamelco, dove abbiamo avuto la possibilità di visitare l’immenso centro per la formazione professionale per ragazzi o a don Vitale Traina a Petaca nella grande Periferia di Città del Guatemala. Penso a don Ennio di cui un amico, Oswaldo Lem Perez, scriveva in un ricordo in occasione della sua morte: «ti considero un ladro, perché hai rubato la miseria, la tristezza e le lacrime degli indifesi, degli esclusi e discriminati».

Infine credo sia importante sottolineare un terzo e ultimo aspetto sperimentato con forza in questi giorni: la gratitudine. Tutti gli incontri che abbiamo fatto sono stati segnati da un senso profondo di gratitudine per i preti della nostra diocesi che si sono spesi senza risparmiarsi, seguendo le orme di colui che ha rivoluzionato il mondo con il suo Vangelo di pace, di giustizia e libertà.

In particolar modo la mia gratitudine, come penso quella di molti altri preti giovani, va a don Ennio, con cui ho avuto la fortuna di trascorrere parecchi anni della mia formazione di seminario. Un uomo di poche parole, con dei difetti (come tutti), ma con un grandissimo entusiasmo e passione per la vita, il Vangelo e il suo ministero.

«É arrivato il gran giorno. Da oggi non ti apparterrai più. Ricordalo». Non ti apparterrai più. Questo il messaggio che mi ha lasciato il giorno della mia ordinazione presbiterale direttamente dal Guatemala. Questa la sfida ogni giorno, alla sequela del Vangelo. 

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