Assemblea Missionaria: voci da Santena all'Ecuador

Testimonianze di una Chiesa in uscita 

Parole chiave: missione (38), chiesa (665), assemblea (16)
Assemblea Missionaria: voci da Santena all'Ecuador

Testimonianze festose, parole che descrivono un essere missionari che è stile di vita: in famiglia, da giovani o da nonni, qui o dall’altra parte del mondo, non importa. Così quest’anno la tradizionale assemblea missionaria di sabato 25 al Sermig si è aperta con le voci di chi vive la missione senza essere mai partito come Carlo Mosso, classe 1998 che interpreta a Santena il suo essere missionario tra i coetanei al sabato sera, o come Emanuela che è stata con il coniuge ‘famiglia fi dei donum’ tra i lebbrosi ma continua a sentirsi missionaria anche qui, a Moncalieri, o Mattia che vive la missione ogni giorno nella fraternità del Sermig o Nino che con l’Operazione Mato Grosso parla di mondialità, di missione ai piccoli delle scuole elementari. Voci e sensibilità diverse accomunate dall’idea che oggi più che mai non ci si può rinchiudere nel proprio orizzonte ristretto, e che ogni pastorale custodisce e deve alimentare giorno dopo giorno uno spirito missionario e che i progetti di missione sono importanti da sostenere ma non esauriscono la missione.

C’è una componente aggiuntiva che va riservata al sostegno economico prezioso e spesso indispensabile per tante situazioni di emergenza che affrontano i missionari nei paesi in via di Sviluppo che è quella della sensibilità, della preghiera, della consapevolezza che l’annuncio del Vangelo non ha confini, non conosce età e si può avvalere di infi nti strumenti perché tutti possono risplendere della «luce del Risorto», tutti possono trasmettere la speranza cristiana. E proprio la speranza è stato uno dei punti toccati da mons, Nosiglia che ha partecipato all’assemblea richiamando quello spirito missionario che fa si che «un missionario non può scoraggiarsi», non può adagirasi nella logica del «si è sempre fatto così», non può «non essere intraprendente, capace di rinnovarsi». Parole che l’Arcivescovo ha rivolto all’assemblea, ma che ha ripreso anche introducendo il sussidio per la Quaresima di fraternità «Risplenda la vostra luce» che nel corso della mattinata è stato presentato. Sussidio che alleghiamo a questo numero della «Voce», frutto del lavoro di numerosi Uffi ci pastorali – a testimoniare la trasversalità della missione – che riprende la Lettera pastorale «La città sul monte», le cinque vie indicate dal Convegno ecclesiale di Firenze e i tanti stimoli per una ‘Chiesa in uscita’offerti dall’Evangelii Gaudium.

Oltre alle voci di chi nella nostra diocesi si adopera per la missione, l’assemblea di sabato ha dato voce anche a padre Walter Coronel, sacerdote ecuadoregno della diocesi di Portoviejo che insieme a quella di Esmeralda sono state le più colpite dal terremoto e che ha portato la testimonianza della sofferenza del suo popolo, e delle fatiche della ricostruzione. Don Walter è il responsabile della Commissione per la ricostruzione delle chiese distrutte che il nostro Ufficio Missionario ha già sostenuto e che il direttore don Marco Prastaro ha incontrato nel gennaio scorso nel corso del viaggio per visitate i fidei donum torinesi in Guatemala. Don Walter racconta come ad un anno dal terremoto la situazione sia ancora difficile e spiega il progetto che spera possa trovare il sostegno di tante comunità anche nel nostro Paese: la ricostruzione e la restituzione dell’agibilità di 52 parrocchie della sua diocesi (di 92 esistenti prima del terremoto 27 sono interamente crollate e 25 sono pericolanti). «Per il nostro popolo», spiega don Walter, «la chiesa non è solo lo spazio per celebrare le liturgie: è luogo di incontro e di espressione della fede, non sono solo mura, ma rappresenta il cuore pulsante delle comunità.

Comunità che hanno perso tutto e che proprio nel poter avere di nuovo delle chiese possono trovare la forza per andare avanti». Mentre don Walter parla, alle sue spalle scorrono le immagini della distruzione: chiese di cui rimane solo un
cumulo di macerie, oppure soltanto un muro o il solo campanile… «Lo Stato», prosegue «non ci aiuta perchè la Chiesa è considerata un ente privato, ma la maggior parte della gente non ha più nulla. Ricostruire vuol invece dire anche offrire opportunità di lavoro e ridare così dignità agli uomini. Nelle campagne poi la situazione è ancora peggiore rispetto alle grandi città: dove già non c’era nulla ora la gente è sola e senza futuro, ma non si può vivere di assistenzialismo. Per questo ci affi diamo alla fraternità di altre diocesi: tante ci hanno aiutato, come Torino. Il giorno di Pasqua a Jama sarà nuovamente agibile la chiesa di Nostra Signora del Carmine per celebrare la Resurrezione: sarà anche questo un piccolo segno di resurrezione per tutta la comunità, possibile grazie all'aiuto di tanti».

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