Burkina Faso: il popolo respinge il golpe

L’11 ottobre erano previste elezioni che avrebbero chiuso la fase transitoria. Diendéré, già braccio armato di Compaoré, ha preso in ostaggio il governo

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Burkina Faso: il popolo respinge il golpe

Giorni di incertezza e paura a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, un tempo uno dei paesi più stabili dell’Africa dell’Ovest.Mercoledì scorso i militari del Reggimento si sicurezza presidenziale (Rsp, corpo d’élite di 1.300 uomini) hanno interrotto il processo di transizione in atto, che avrebbe portato a elezioni l’11 ottobre. Occorre tornare all’ottobre dell’anno scorso quando la rivolta popolare ha deposto il presidente Blaise Compaoré, 27 anni al potere, e ben determinato a restarci. Da allora erano in piedi gli organi di transizione (presidente, governo e parlamento) per traghettare il paese verso il cambiamento.

Ma il generale Gilbert Diendéré, già braccio armato di Compaoré, ha preso in ostaggio il governo e il presidente.

La società civile, i partiti politici, i sindacati e la popolazione hanno da subito rifiutato il golpe, che tenta di scippargli la rivoluzione di ottobre. Manifestazioni di piazza si sono verificate in tutte le città, la cui repressione ha causato almeno 17 morti e 108 feriti. Per la mobilitazione importante è stato il ruolo dei social media, perché le radio private sono state oscurate e la televisione di stato presa dai putschisti. Anche la comunità internazionale ha condannato senza riserve. La mediazione della Cedeao (Comunità economica degli stati dell’Africa dell’Ovest), coadiuvata da monsignor Paul Ouedraogo (Vescovo di Bobo-Dioulasso) e altre personalità, ha elaborato una proposta di accordo, subito respinta da società civile e popolazione. Il progetto è troppo filo golpista perché prevede l’amnistia per i golpisti e la reintegrazione nel processo elettorale di personalità pro-Compaoré, che la transizione aveva invece escluso. Ma è proprio questo ultimo punto che è servito da pretesto a Diendéré per fare il colpo: «Occorre fare elezioni inclusive» ha subito detto.

A sorpresa, ma sollecitati dal popolo, diversi corpi dell’esercito repubblicano hanno lasciato le caserme dalle città di provincia per convergere verso la capitale, lunedì scorso, intimando ai golpisti del Rsp di deporre le armi. Si sono temuti scontri tra le due fazioni. «I militari non si scontreranno. Sono gente come noi, le loro famiglie vivono nei nostri quartieri. Troveranno un accordo» testimoniava un abitante di Ouagadougou. I colloqui informali continuano per oltre una giornata. Poi i militari firmano un accordo di distensione, la notte tra il 22 e il 23. Il Rsp si deve ritirare.

Intanto ad Abuja (Nigeria) i capi di stato della regione hanno lavorato al progetto di accordo. Il punto sull’amnistia sarebbe rimandato ai politici che dirigeranno il paese. La popolazione che ha manifestato contro il colpo di stato e allo stremo: «L’economia è paralizzata, non si trova più da mangiare, non circolano soldi», racconta un’abitante. «Sarà catastrofico se non si pagheranno gli stipendi di settembre».

A una settimana dal golpe il presidente Michel Kafando viene reinsediato a capo dello stato e annuncia “La transizione è tornata. Rispetteremo la volontà della popolazione”.A Ouagadougou la situazione torna lentamente alla normalità. Il traffico riprende, i negozi riaprono. Si attende la nuova data per le elezioni. Ma molti nodi resta irrisolti, in primo luogo l’esistenza stessa del Rsp e la giustizia per le vittime. Il popolo burkinabè ha dato, ancora una volta, un segnale importante a tutto il continente.

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