27 gennaio: per non dimenticare, mai

Nel Giorno della Memoria, silenzio e riflessione

Parole chiave: deportazione (3), giorno della memoria (1), auschwitz (5)
27 gennaio: per non dimenticare, mai

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo oche lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un si o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via,coricandovi, alzandovi. Ripetetele ai vostri figli.  O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi) 

"Se non sapremo offrire al mondo impoverito dal dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo - e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione - allora non basterà. Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portare chiarezza oltre i recinti di filo spinato… Allora forse, sulla base di una ricerca comune e onesta di chiarezza su questi avvenimenti oscuri, la vita tratta fuori dai suoi cardini potrà di nuovo spostarsi in avanti, di un piccolo passo timido". (Etty Hillesum)

“Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa” (Auschwitz-Birkenau, 28 maggio 2006).

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