Mettiamo il sale sulla coda delle poste

Il piano della distribuzione a giorni alterni potrebbe avere conseguenze molto negative sulla vita dei giornali territoriali, diocesani, voci di libertà e pensiero

Mettiamo il sale sulla coda delle poste

“È una pessima notizia. Ora deve intervenire il governo: la politica agisca e si prenda le sue responsabilità”. Raggiunto dal Sir a margine di una riunione dei direttori dei settimanali cattolici dell’Emilia Romagna, Francesco Zanotti, presidente della Fisc, la Federazione italiana dei settimanali cattolici che rappresenta 190 testate in tutt’Italia, radicate nei rispettivi territori, esprime la sua amarezza per il via libera dato ieri dall’Agcom (con il voto contrario del commissario Antonio Preto) al “Piano poste” che prevede la riduzione del servizio universale di recapito della corrispondenza, con la consegna a giorni alterni nei piccoli centri.  Un provvedimento che dovrebbe partire il prossimo ottobre per una “ristretta fascia di popolazione” (lo 0,6%), salvo poi estendersi al 25% degli italiani entro il febbraio 2017.

“Governo e parlamento - rimarca Zanotti - ora sono chiamati alla prova dei fatti: se credono realmente nel diritto all’informazione di tutti i cittadini devono porsi il problema di quali strumenti lo garantiscono”. Per i settimanali diocesani la consegna a giorni alterni rischia di essere l’anticamera della chiusura, e per scongiurarla nei giorni scorsi la Fisc ha pure dato il via alla campagna social #nopianoposte. “La consegna a giorni alterni - osserva Zanotti - comprometterebbe seriamente gli abbonamenti. Le nostre testate, d’altra parte, sono equiparabili ai quotidiani. Quotidiani che escono una volta alla settimana, e il giorno seguente devono essere a casa dei nostri lettori, altrimenti diventano vecchi. È questo il servizio che chiediamo alle poste, e per il quale paghiamo quanto dovuto”. 

L'appello

Il postino non suonerà più due volte. Anzi sì, ma due o tre volte a settimana. Proprio ieri l’Agcom ha autorizzato Poste italiane a recapitare la corrispondenza a giorni alterni nei “piccoli” centri, ovvero ad almeno un quarto dei cittadini italiani. In barba all’uguaglianza: chi abita nelle grandi città riceverà la posta ogni giorno, dal lunedì al venerdì; gli altri solo a giorni alterni (confidando nella buona salute dei portalettere e nell’assenza di ulteriori disservizi). In barba ai dettami dell’Unione europea, che ha ricordato come il servizio postale universale, in quanto tale, debba essere garantito a tutti i cittadini almeno cinque giorni a settimana.Un disagio per chi abita in tante parti d’Italia acuito dal fatto che, praticamente, sarà la pietra tombale per la consegna postale dei quotidiani e di tanti periodici - come i settimanali diocesani - che devono arrivare a destinazione in un giorno preciso. E qui un altro diritto viene leso: quello alla libertà d’informazione. “I nostri giornali sono assimilabili a quotidiani che escono una volta a settimana”, continua a ricordare Francesco Zanotti, presidente della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), che rappresenta 190 testate diffuse in tutt’Italia, dal Nord al Sud.Colpiti dalla crisi, tartassati dalla continua erosione dei fondi per l’editoria (che, ricorda la Fisc, non rappresentano una regalia bensì - se attribuiti correttamente a chi li merita - sono essenziali per “il pluralismo informativo”), scioccati dal brusco e improvviso rincaro delle tariffe postali di qualche anno fa, i settimanali del territorio sono stati costretti a rivedere i loro investimenti e fare i conti con bilanci sempre più in difficoltà, nonché ad anticipare la chiusura in redazione e in tipografia per far fronte al mancato recapito del sabato. E, nonostante tutto, si trovano sommersi da lettere di protesta dei lettori, giustamente indignati, per consegne postali in ritardo o a singhiozzo. Proteste, queste sì democratiche, in ogni parte d’Italia.Di più non possono proprio fare, e se il postino arriverà veramente a consegnare un giorno sì e uno no - che, concretamente, significa lunedì, mercoledì e venerdì una settimana; martedì e giovedì nella successiva - non potranno far nulla per garantire che il giornale arrivi in tempo utile a destinazione. Rischiano concretamente di perdere quei lettori, anche affezionati, che ricevevano il giornale a casa. Per questo la Fisc ha lanciato in questi giorni una campagna social, con l’hashtag #nopianoposte. Per far sentire la voce dei territori e anche quella di chi, per ragioni culturali, anagrafiche o per semplice scelta, non ritiene “superflua” l’edizione cartacea di un giornale. Certo, nell’era del web sempre più giornali sono on line. Ma carta e digitale sono complementari, l’uno rimanda all’altra. Non ci stiamo, perciò, a questo tentativo di “zittire” la stampa libera dei nostri territori ed è ora che una buona politica faccia sentire la sua voce, cominciando dal dire no a una scelta di mercato che disprezza i diritti.

Fonte: Sir
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