Quando Torino era la città della moda

Memoria di un primato che rende orgogliosa l'intera comunità. Un recente incontro a Torino presso l'Archivio di Stato 

Parole chiave: moda (1), produzione (5), industria (13), torino (730), arte (26)
Quando Torino era la città della moda

Ogni tanto la nostra città si ricorda delle eccellenze che ha generato e che poi, più o meno colpevolmente, ha perso: “Perché la moda è nata a Torino, e poi Milano ci ha portato via il Samia (il salone della moda), come tutti quelli della mia generazione ben si ricordano” come ha detto il sindaco Fassino al convegno: “Torino, città della moda”, svoltosi all’ Archivio di Stato, venerdì 21 novembre.

L’occasione era la conclusione della catalogazione di oltre 15.000 pezzi di uno straordinario archivio industriale, conferito –appunto- nell’Archivio di Stato di Torino.  Quello del Gft (il Gruppo Finanziario Tessile), un colosso industriale torinese (con antiche radici biellesi che risalgono agli anni ’70 del XIX sec. in storici  lanifici), è una testimonianza di costume, intraprendenza industriale e maestranze “atipiche” che non ha avuto più eguali in Italia.

“Tra le due guerre mondiali, Gft fatturava più della Fiat”, come ha orgogliosamente ricordato Carlo Rivetti, “testimone ed erede” dell’ antica tradizione della famiglia Rivetti, figlio di Silvio (uno dei tre “golden boys”, i cosiddetti “ tre fratellli), che  fece dell’azienda di corso Emilia, per molti anni,  il leader mondiale dell’abito confezionato.

Se qualcuno ha detto: “Vestivamo alla marinara”, alcune generazioni di persone hanno potuto dire: “Vestivamo alla Marus”.

Marus, Facis, Cori (..nè strega, né madonna,… solo donna, come recitava una rivoluzionaria campagna pubblicitaria a cavallo degli anni ‘70/’80, curata da una grande agenzia pubblicitaria torinese, anche questa ormai solo più storia) … erano alcuni dei marchi che appartenevano a quel gruppo che poi, a partire dal 1971, fece uscire i grandi stilisti dalla nicchia dorata dei salotti, per portarli alla produzione in serie del “pret a porter”. Chissà se Ungaro, Valentino, Armani, Chiara Boni, Dior,… sarebbero così universalmente conosciuti e celebrati senza il Gft?

Stiamo parlando arabo? Purtroppo forse sì, perché questo magnifico giocattolo, che arrivò ad avere oltre 8.000 addetti solo in Italia, 35 società, 18 stabilimenti, di cui 5 all’estero,…. a fine anni ’90 iniziò a rompersi (o iniziarono a romperlo,.. ma questa sarebbe una lunga  vicenda da raccontare…), quasi nessuno lo ricorda più.

Lo ricordano ancora, certamente, gli ex-dipendenti, ora radunati nell’ “Associazione Gruppo Anziani Silvio Rivetti, ex dipendenti Gft, onlus”, singolare ed encomiabile organismo sopravvissuto autonomamente alla fine della casa madre, con oltre 1000 iscritti e quasi 3000 contatti.

Lo hanno particolarmente ricordato nel convegno “Spirito di Gruppo”, mercoledì 26 novembre alla Biblioteca civica “Natalia Ginzburg”, a San Salvario, ripercorrendo le pagine del loro libro “Spirito di Gruppo” (naturalmente) che raccoglie (oltre ad alcuni saggi) le testimonianze di oltre 50 ex dipendenti che hanno raccontato, dal basso, la storia di un’esperienza lavorativa particolarissima a Torino, ma non solo, sia per tipo di produzione (stoffa e non lamiera); maestranze, prevalentemente femminili, con problematiche/risorse impensabili per altre tipologie  industriali; relazioni sindacali franche, ma sempre molto corrette,… con qualche influenza di radice salesiana,…

Passaggio2

“Gft, storie di moda e di costume, ma soprattutto di persone” come ricorda il sottotitolo del libro[1]: la testimonianza che lo “Spirito di Gruppo”, quando è motore di successo, nasce spontaneamente dal basso per diffondersi e radicarsi nella collettività. Ciò accade raramente, ma quando accade è Storia”.  Torino, anche con questi convegni, ogni tanto, rammenta la sua storia migliore.

 

[1] AA.VV: “Spirito di Gruppo”, Sottosopra Torino, 2008, pagg. 350, € 15,00

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