Nel 2018 la sfida piemontese al gioco d'azzardo

Regione controcorrente - Forti limiti alle macchinette mangia soldi, ma siamo soli in Italia

Parole chiave: slot (5), azzardo (13), macchinette (1)
Nel 2018 la sfida piemontese al gioco d'azzardo

La febbre dello slot rischia di bruciarci. Nell’ultimo anno ha fuso 96 miliardi di euro. Una fortuna. Due manovre finanziarie del governo. Stanno peggio a Prato: 2.377 euro a testa. Incredibile, ma noi qui in Piemonte non scherziamo.

Basta entrare in una tabaccheria, il sabato mattina o un altro giorno non importa. Incontrate mamme con figli, madri con figli disabili, padri con «fidi» in banca lunghi un chilometro che passano i minuti a giocare: sulla ruota, sul cavallo, sul turista, sull’illusione.

Ed è così ogni giorno, con il sole o la nebbia. Due stipendi e mezzo a testa. E i peggiori sono quelli che stanno meglio: i lombardi che con oltre due miliardi sono la Regione che spende di più insieme al Lazio. Dunque Lombardia, cioè il nord ricco e fragrante e il Lazio della «Roma ladrona», dei ministeri, dei dicasteri, dell’impero delle nebbie.

Nel 2015 in Italia sono stati spesi 49 miliardi davanti agli schermi delle macchinette, la metà del gioco d’azzardo che ruota in casa nostra, che ammonta a 96 miliardi. Una enormità, una vergogna.

Alcune settimane fa il Piemonte ha varato una legge che forza la mano per limitare i danni, dettando ore, distanze, quantità. Ma il Piemonte è solo. Hanno avuto coraggio Sergio Chiamparino e i suoi perché la scelta non è facile: comprende le proteste di chi con le scommesse si paga l’affitto del bar  e le spese vive di locali che cercano di sopravvivere nella penombra della crisi, nelle periferie, nelle strade deserte; include oneste rivendicazioni di commercianti che cercano di sbarcare il lunario servendosi anche delle slot.

Ma il gioco purtroppo semina desolazione, sconfitte, debiti, cravattari e lo Stato deve intervenire. Se giornali cattolici come Avvenire e settimanali come La Voce e il Tempo sono impegnati in prima linea, una ragione c’è. Ed è forte. Anzi fortissima. «Stiamo riducendo del 35 per cento il numero delle slot – ha ricordato il sottosegretario Pier Paolo Baretta – ma bisogna lavorare per evitare quartieri a luci rosse del gioco».

«Se una sera d’inverno un viaggiatore…» scriveva Italo Calvino. Parafrasandolo noi diciamo: «Se una sera d’inverno bussate ad un quartiere di periferia a Torino come a Milano o Napoli...» Vedrete persone senza futuro puntare l’ultimo euro, donne e uomini con storie complesse giocarsi l’ultima possibilità.

La Lombardia guida la classifica di chi ha giocato di più in assoluto. Ha oltre 64 mila apparecchi ed è anche la regione in cui la spesa pro capite è più alta. Secondo il Lazio, poi il Veneto. Segue l’Emilia Romagna con quattro miliardi buttati al vento, quinta la Campania.

Ma c’è il caso di Vercelli dove la giocata pro capite alle slot è la più alta d’Italia: 24.228 euro a testa l’anno. Uno stipendio lordo. E il Piemonte è subito dopo con punte (che non definiremmo d’eccellenza) assolutamente incredibili.

Si gioca per disperazione, per egoismo, per sogno, ma si perde davvero. No, non sono questi i nostri «valori», non sono questi i nostri sogni.

È inutile urlare, è giusto protestare. Fatevi un giro una sera nelle strade di periferia, infilatevi nei locali nelle vie deserte, guardate e capirete perché non si può non intervenire, il più in fretta possibile.

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