Il significato etico della Resistenza

Un profilo del primo partigiano d'Italia, Aldo Gastaldi, il comandante «Bisagno», militare e dopo l’8 settembre capo di una formazione garibaldina sull’appennino ligure-piemontese 

Parole chiave: resistenza (23), cattolici (72), liberazione (10), 25 aprile (6)
Il monumento di Aldo Gastaldi, "Bisagno", a Fascia (Ge)

Ci sono stati uomini e cristiani che nella temperie della storia, per esempio dopo l’8 settembre 1943, hanno fatto scelte dolorose ma necessarie: lottare per la libertà e la democrazia, per la vita e contro la cultura della morte e della violenza. A settant’anni dalla Liberazione è doveroso ricordare e fare memoria di un cristiano autentico, Aldo Gastaldi, uomo, cristiano, militare e partigiano. Un giovane, che nella sua breve esistenza, ha espresso un segno indelebile di umanità, fede cristiana e compimento di quel senso d’infinito che è dentro il cuore di ogni uomo. Non un  eroe, ma un esempio di moralità, oltre la retorica resistenziale. Aldo Gastaldi nasce a Granarolo, quartiere sito sulle alture di Genova, il 17 settembre 1921. Siamo nel primo dopoguerra, in un tempo caratterizzato dalle tensioni post belliche e la montante marea nazionalista e fascista che avrebbe travolto l’Italia, togliendole libertà, democrazia e futuro. Quinto figlio di una famiglia piccolo borghese, Paolo il papà, Maria Lunetti la mamma. L’ambiente è austero nei costumi ma denso di valori cristiani e morali vissuti con grande consapevolezza e dignità.

Il giovane Aldo è un bambino e poi ragazzo sveglio, acuto, buono. Ama lo sport, la montagna, il confronto, ha qualità di leader e di mediatore, dimostra grande autorevolezza tra i giovani compagni di scuola e negli ambienti nei quali vive. Dopo le scuole primarie frequenta l’istituto tecnico Galileo Galilei conseguendo nel 1939 il diploma di perito. Intanto a Genova, in Italia e nel mondo, montano i totalitarismi, il nazifascismo conquista l’Europa e la porta dentro la più grande tragedia del XX secolo, la Seconda guerra mondiale. Aldo Gastaldi s’iscrive all’Università, facoltà di Economia e Commercio, cerca nello stesso tempo di conseguire la maturità scientifica per poter accedere ad Ingegneria, il suo sogno di giovane con speranze e progetti per il futuro, nonostante un presente difficile e drammatico. Impiegato all'Ansaldo San Giorgio di Sestri Ponente, mentre segue i corsi di economia all'Università di Genova, nel 1941 è chiamato alle armi. Si tratta dell’arruolamento degli studenti universitari dei giovani ventenni. La vita incontra la guerra assurda e malefica che diventa sempre distruttiva, di vite, sogni e umanità.  Nel marzo 1942 Aldo Gastaldi diventa Sottotenente istruttore del Genio.

Il ragazzo non ama la guerra, ma fedele al suo paese e alla patria, dentro al dramma dell’epoca con la sua umanità e  i suoi valori, risponde al richiamo alle armi. Egli non ha un' opinione politica ideologica, di parte. E’ un ragazzo alto, fiero, fisico atletico, barba corta tra il biondo e il rosso, un coraggio spericolato e calcolato -, cattolico dalla testa ai piedi. Il suo orizzonte parte da una fede adulta, vera coerente, aperta, radicalmente evangelica».  L'annuncio dell'Armistizio lo coglie a Chiavari, dove svolge il compito di comandante di un plotone del 15° Reggimento Genio. Aldo Gastaldi non ha la minima esitazione, comprende con freddezza e lungimiranza, la svolta epocale, la chiamata al sacrificio e alla responsabilità. Dopo l’8 settembre aderisce senza esitazioni alla lotta di Liberazione contro il nazifascismo e per l’Italia libera. Gastaldi sale in Montagna e  nasconde le armi nel giardino di una canonica in accordo con il sacerdote e per manlevarlo da ogni responsabilità lo convince a sporgere regolare denuncia presso il corpo dei Carabinieri per aver sentito rumori nel giardino. Gastaldi s’impegna nella lotta con la sola forza d’animo e passione per la libertà: si uniscono a lui Giovanni Serbandini «Bini», Franco Antolini «Furlini» e Umberto Lazagna «Canevari» giovani comunisti.

A Cichero, nell'entroterra chiavarese sorge  il primo gruppo di partigiani genovesi. Sono a Gnorecco, alle falde del monte Ramaceto. Il parroco di Cichero, don Attilio Fontana, diventa il cappellano della divisone. Un mese dopo, Gastaldi è già al comando (con il nome di «Bisagno», che richiama l'omonimo torrente), della prima formazione partigiana della zona, che sarebbe poi diventata la 3a «Garibaldi». La Brigata assume il nome di «Cichero» quando, nel maggio del 1944, i nazifascisti distruggono l'eroico villaggio. Gastaldi riusciva nel frattempo a rendere sempre più forte la Brigata. Nei mesi successivi gli alpini della Monterosa battaglione Vestone, convinti di combattere per un’ingiusta causa e colpiti dal comportamento eroico ed onesto del giovane comandante partigiano si uniscono alla Divisione Cichero. - diventa vice comandante della VI Zona, che comprende parte della Liguria e i territori montani delle province limitrofe del basso Piemonte. Il comandante «Bisagno» è ispirato, com'è stato rilevato, dalla coscienza dell'alto valore morale e patriottico della lotta che conduce, e dalla sua fede religiosa, intesa e rispettosa. Il suo rigore morale, la capacità di comando e controllo dei suoi uomini, lo portano ad essere considerato un capo di qualità straordinarie, umane e spirituali. Intelligente autorevole, dotato di capacità umane, e di dialogo con le popolazioni, ha un grande ascendente verso i giovani ai quali trasmette la necessità di non usare la violenza  fine a se stessa e a rispettare la vita nelle condizioni tragiche e aberranti della guerra. La sua interiorità cristiana, la sua fede profonda e sofferta si evince dalle lettere che spedisce con regolarità alla madre. Aldo Gastaldi coltiva la pratica religiosa: accostamento ai sacramenti e alla messa anche nel periodo duro della lotta partigiana.  Nel luglio 1944 la «Cichero» diventa una divisione. E nel febbraio 1945 nel corso della famosa riunione di Fascia, la Cichero ha una scissione.  Tutto ciò non diminuisce la fama di «Bisagno». La straordinaria abilità e coerenza nel comando della formazione garibaldina da cattolico, senza se e senza ma, lo rende un leader ascoltato e rispettato.

Per lui era necessario non vi fossero interferenze politico ideologiche, bisognava lottare per la libertà di tutti. Era necessario rimanere uniti, liberare l’Italia, riportare la democrazia, dare un futuro alle generazioni future, anche sacrificando la propria vita. Gastaldi rimane, con fermezza e fierezza, estraneo ad ogni partito per tutta il periodo della Lotta partigiana e di Liberazione. Il ritorno a Genova, libera, la sfilata nella città, la libertà riconquistata fu il tempo più intenso e gioioso di un giovane di 24 anni Ma il comandante «Bisagno» non scende nelle piazze e nelle strade della città libera. Il suo cuore è altrove, il suo convincimento è che «il cambiamento non si fa, stracciando bandiere e demolendo statue, ma cambiando i cuori». Il suo itinerario umano e terreno si interrompe precocemente e misteriosamente il 21 maggio 1945: Aldo Gastaldi,  cadde o fu fatto cadere sotto le ruote di un camion, che ne stritolò il corpo, nei pressi di Desenzano mentre riportava a casa i ragazzi che avevano combattuto al suo fianco sulle montagne. Tante le ricostruzioni storiche ancora incomplete sulle quali si dovrà fare luce.  Questo è stato Aldo Gastaldi, il cristiano, il giovane,  il comandante partigiano che affermava dopo la Liberazione: «Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere un domani un cadreghino, vogliamo bene alle nostre case, vogliamo bene al nostro suolo e non volgiamo che questo sia calpestato dallo straniero, dobbiamo agire nella massima giustizia e liberi da prevenzioni»…«continuerò a gridare ogni qual volta si vogliano fare ingiustizie e griderò contro chiunque, anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazie o altro». 

Nel 1995, Elena Bono ha pubblicato (con prefazione di Paolo Emilio Taviani), un libro su questo protagonista della Resistenza dal titolo Per Aldo Gastaldi «Bisagno». Il 24 aprile 2005, i resti mortali di Aldo Gastaldi sono stati traslati dal «Campo di Trento e Trieste» al Pantheon del Cimitero monumentale di Staglieno, dove riposano i genovesi più illustri. Nel 2006 a Fascia, il più alto Comune della Liguria, in Val Trebbia, una strada è stata intitolata ad Aldo Gastaldi. Credo che la sua testimonianza debba essere allargata al contesto nazionale, se di moralità della Resistenza si può e deve parlare sarebbe onesto e giusto ripartire dall’esempio di Aldo Gastaldi. L’auspicio dopo le ricostruzioni storiche sulla Resistenza in Italia e in Liguria e gli struggenti ricordi dei compagni di Aldo, la voce biografica di Lazzaro Maria De Bernardis  nel Dizionario Storico del Movimento cattolico e le struggenti pagine di Elena Bono, è che nel prossimo futuro sia realizzata una biografia storica su un uomo, un cristiano e un giovane al quale tutti siamo debitori e riconoscenti. Perché come scrive Paolo Emilio Taviani nel suo «Pittaluga racconta», il senso più profondo dell’anima, del cuore e del pensiero di Aldo Gastaldi è dentro questa frase….. pronunciata da un partigiano al passaggio di un camion carico di feriti. Terminato il turno di guardia, approcciò in modo provocatorio Gastaldi chiedendogli: «Come fai a credere in un Dio che permette simili brutture ed orrori?– Aldo Gastaldi rispose – perché il mio Dio è il Dio degli uomini liberi. Proprio per questo ci credo». Questo era  «Bisagno, eroe dimenticato», come altri comandanti partigiani per esempio Ugo Ricci ed Edoardo Alessi ufficiali del Regio Esercito saliti in montagna dopo l'armistizio, monarchici e cattolici, morti in circostanze misteriose. Se oggi siamo  uomini liberi lo dobbiamo anche a uomini come loro.

Tutti i diritti riservati

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo