Il Concilio Vaticano II è davanti a noi

Un nuovo commentario edito delle Edb con la collaborazione dell'Associazione Teologica Italiana. La presentazione a Torino lunedì 13 aprile alle 18 presso il Cinema Massimo di Via Verdi 18 con Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, don Dario Viganò, direttore del Centro televisivo Vaticano, don Paolo Tomatis, docente della Facoltà Teologica di Torino, Michele Brambilla, vice direttore de la Stampa. Il saluto di Alberto Barbera direttore del Museo del Cinema, presiede don Roberto Repole presidente dell'ATI

Parole chiave: vaticano ii (2), concilio (28), roma (29), chiesa (665), riforma (44)
Il Concilio Vaticano II è davanti a noi

«Quanto viene proposto da questo santo sinodo fa parte del tesoro di dottrina della chiesa e intende aiutare tutti gli uomini del nostro tempo (…) affinché (…) possano rispondere (…) agli appelli più pressanti della nostra epoca. Ma, volutamente, dinanzi alla immensa varietà delle situazioni e delle forme di civiltà nel mondo, questa presentazione non ha, in numerosi punti, che un carattere generale; anzi, quantunque venga presentata una dottrina già comune nella chiesa, siccome non raramente si tratta di realtà soggette a continua evoluzione, essa dovrà essere continuata e ampliata. Confidiamo che le molte cose che abbiamo esposto, basandoci sulla parola di Dio e sullo spirito del vangelo, possano portare un valido aiuto a tutti, soprattutto dopo che i cristiani, sotto la guida dei pastori, ne avranno portato a compimento l'adattamento ai singoli popoli e alle varie mentalità» (GS 91: EV 1/1636s).

Le parole con cui i padri conciliari concludono il loro insegnamento sulla Chiesa nel mondo contemporaneo rappresentano una preziosa suggestione che orienta alla successiva fase di recezione postconciliare consegnandone alcuni criteri fondamentali, che oltrepassano chiaramente la sola costituzione pastorale.

Come dopo ogni Concilio, infatti, anche dopo il Vaticano II si è aperto il processo di recezione[1]. Lungi dall'essere una mera applicazione della lettera dei documenti, esso è un processo di accoglienza viva, da  parte delle Chiese, di quanto l'evento conciliare e i suoi testi, hanno maturato e consegnato. Ciò è particolarmente vero nel caso del Vaticano II. E' noto infatti che l'ultimo Concilio  ha avuto una intenzione “pastorale” e ha avviato un necessario rinnovamento ecclesiologico ed ecclesiale, nel più vasto orizzonte di un ripensamento della stessa Rivelazione divina e, più in generale, della dottrina cristiana. Il rinnovamento ecclesiologico è stato incentrato sull'idea di popolo di Dio; apre quindi a una comprensione della recezione come fatto che coinvolge tutti i soggetti ecclesiali. La riscoperta, dopo secoli, del valore delle Chiese locali, fa poi sì che la recezione sia un processo di aggiornamento e inculturazione che rende la Chiesa effettivamente mondiale.

Ciò non toglie che punto di riferimento costante rimangano i documenti promulgati. Senza di essi ogni discorso sulla recezione sarebbe privo di senso. Ciò appare ancora più rilevante a cinquant'anni dalla conclusione del Concilio, mentre assistiamo a un cambio generazionale: non ci sono più i protagonisti (padri conciliari e periti); sta scomparendo la generazione di chi ha vissuto in prima persona il mutamento conciliare e ne ha custodito finora la memoria; sta svanendo anche la voce di quanti, accogliendo la lezione conciliare, si sono adoperati per una profonda rielaborazione teologica. Per quanti sono “nati”  dopo il concilio, i documenti costituiscono un punto di riferimento imprescindibile, una preziosa eredità ricevuta e da trasmettere, un faro anche per le future fasi di recezione. Ciò è tanto più vero per coloro che sono investiti del ministero teologico: una generazione nuova, che ha già beneficiato, nei propri itinerari formativi, del rinnovamento teologico postconciliare.

E' in questo quadro che si comprende la necessità di un lavoro di commento ai testi del Concilio. All'indomani del Vaticano II, ci fu la pubblicazione di numerosi commentari ai documenti, in molti casi redatti da coloro che furono protagonisti – in qualità di padri conciliari o di periti – della loro elaborazione[2]. Questi testi hanno accompagnato la prima fase postconciliare, contribuendo non poco alla diffusione delle novità teologiche emerse e dei processi di riforma che ne erano scaturiti. A cinquant'anni di distanza dall'evento, in un contesto di vivace dibattito sulle ermeneutiche – che ha visto come protagonisti sia il Magistero sia la teologia – si avverte la necessità di un ritorno alla lettura puntuale dei testi conciliari per offrirne un commento teologico-sistematico, che goda della novità di prospettiva che la distanza temporale ormai permette. Infatti, la pubblicazione degli Acta Synodalia, la ricostruzione della storia dell'evento conciliare e della redazione dei documenti (in particolare quanto espresso dalla pubblicazione della preziosa ricerca coordinata da G. Alberigo con la Storia del Concilio Vaticano II)[3], le Sinossi, gli innumerevoli studi monografici dedicati ai testi controversi, agli orientamenti teologici e ai dibattiti conciliari, richiedono – e allo stesso tempo permettono – una lettura critica di taglio filologico dei singoli documenti, collocati nel quadro complessivo e unitario rappresentato dal “corpus testuale-dottrinale” del Vaticano II.

Tale unitarietà è comprensibile alla luce della finalità che il concilio si è dato, che i due pontefici hanno indicato ad apertura della prima e della seconda fase e che i padri conciliari hanno rimodulato durante i lavori, grazie ai dibattiti e alle stesse dinamiche del convenire conciliare.

Sarà questa la prospettiva fondamentale in cui si colloca il presente commentario: su tale approccio  metodologico ed ermeneutico si radica l'impianto che è stato assunto dai diversi autori e caratterizzerà questo lavoro, distinguendolo da altri commentari di recente pubblicazione[4]. Rispetto ad essi, la novità è data pertanto dal fatto che:

- si assumono gli scritti del Vaticano II come un unitario corpus letterario-teologico;

- si offre, di ogni singolo testo, un commento di stampo filologico, che si avvalga degli studi storico-teologici finora realizzati;

- si legge ciascun testo, tenendo conto – per quanto possibile – della recezione che esso ha all'interno di altri passi conciliari o di importanti testi magisteriali successivi.

In concreto, i primi otto volumi saranno perciò dedicati all'Introduzione e al Commento puntuale delle costituzioni, dei decreti e delle dichiarazioni[5], secondo una successione che tenga conto dello svolgersi delle sessioni conciliari e, per ogni fase, di affinità tematica. Proprio la collocazione di ogni documento nell'evento conciliare e nell'intero corpus testuale-dottrinale motiva la scelta di svolgere un commento puntuale di ogni paragrafo, che tenga presente i dibattiti avvenuti in fase redazionale, segnali punti di contatto con altri passi conciliari in cui sono presenti gli stessi temi e indichi – eventualmente – citazioni magisteriali postconciliari ermeneuticamente significative. Ciascuno di questi volumi si avvale inoltre di una Introduzione generale ai singoli documenti, che ne esamina l'impianto teologico, la formazione letteraria, i riferimenti culturali, i presupposti biblici, patristici, filosofici, ecc., insieme alle linee di recezione teologica, ponendo particolare attenzione alle implicazioni ecumeniche. La ricchezza degli studi post-conciliari è richiamata nella bibliografia generale, ma soprattutto in quella riferita ai singoli paragrafi: data l'ampiezza del materiale oggi a disposizione, i richiami sono selezionati, senza alcuna pretesa di esaustività.

Con questa impostazione si intende accogliere le principali acquisizioni che vengono dal dibattito sui criteri ermeneutici dei testi conciliari, che ha visto come protagonisti studiosi quali Ratzinger, Kasper, Congar, Theobald, O'Malley...

Il nono volume motiverà la scelta di riferirsi a un corpus testuale-dottrinale, individuando e dibattendo i principali snodi teologici emergenti da una lettura trasversale dei documenti. Il confronto tra una siffatta analisi dei testi e le traiettorie della recezione ed ermeneutica post-conciliari permetterà di cogliere, altresì, quali siano state le questioni rimaste aperte alla chiusura del corpus testuale: in particolare quelle che, ancora oggi, chiedono ulteriori elaborazioni.

Il Commentario, che beneficia dell'apporto di oltre trenta studiosi, donne e uomini, è espressione della volontà dell'Associazione Teologica Italiana di servire – come indicato dallo stesso Statuto – la memoria viva del Vaticano II.

In tal modo si intende rispondere alla richiesta di quanti – studiosi, ricercatori, studenti e docenti di discipline teologiche – desiderano uno strumento scientifico adatto all'attuale contesto culturale, ecclesiale e teologico.

 

 

[1]    Cfr. Y.M. Congar, La réception comme rèalité ecclesiologique, in Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques 56 (1972) 369-403; G. Routhier, La reception d’un concile, Cerf, Paris 1993; Chr. Theobald, La recezione del Vaticano II. I. Tornare alla sorgente, EDB, Bologna 2011.

[2]    Si pensi ad esempio al Lexikon für Theologie und Kirche, Herder, Freiburg 1966-1968; i volumi della collana Unam sanctam, Cerf, Parigi 1966-1967; il Commentario pubblicato, in lingua italiana, dalla Elle Di Ci; i commenti a singoli documenti, pubblicati a cura di G. Baraúna, G. Philips

[3]    G. Alberigo (ed.), Storia del Concilio Vaticano II (1959-1965), I-V, Il Mulino, Bologna 1995-2001.

[4]    P. Hunermann- B. J. Hilbeerath (edd.), Herders theologische Kommentar zum zweiten vatikanischen Konzil, I-V, Herder, Freiburg 2005-2006; G. Defois (ed.), L'heritage du concil, I-XIII, Desclée, Parigi 1983-1986.

[5]    La versione latina e italiana a cui ci si riferirà è quella pubblicata dalle Edizioni Dehoniane Bologna (Enchiridion Vaticanum, vol. I).  

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